Missioni Consolata - Dicembre 2022

Poste Italiane S.p.A. - Spediz. in abb. postale "Regime R.O.C." - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NO/TORINO

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AI LETTORI Ai lettori MC R di Gigi Anataloni, direttore MC EDI ORIALE MC di Gigi Anataloni, direttore MC A Gesù Bambino Caro Gesù Bambino, quando sei nato c’era la «pax romana». Che fosse pace lo dicevano i dominatori del tempo e i loro lacchè, ovviamente. In realtà la maggioranza delle persone viveva sotto una servitù diffusa, drogata da «panem et circenses». Se nascessi oggi, troveresti invece la «pax atomica», «garantita» da oltre 13mila testate nucleari. Una vera follia, visto che se ne esplodessero anche solo 600, ogni forma di vita sarebbe estinta per sempre su tutta la terra. Nessuno, per ora, sembra davvero intenzionato a lanciare la prima. E speriamo non lo sia mai. Intanto, però, tutte le altre guerre «normali» continuano e prosperano. In questo 2022 se ne contano ben 59 in giro per il mondo. Sono in aumento e fanno la felicità dei mercanti di armi che hanno visto le spese militari mondiali superare i due bilioni di dollari e hanno buone speranze che crescano ancora. C’è poi anche il mercato gemello, quello delle «armi piccole» nelle mani dei privati, che inonda, ad esempio, il Messico, fiorisce negli Stati Uniti al ritmo di stragi di civili, e avvelena le relazioni etniche nell’Africa subsahariana. Risultato? Oltre cento milioni di profughi nel mondo «a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani o eventi che compromettono gravemente l’ordine pubblico», come informa il report del giugno di quest’anno dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati. Tra essi ci sono milioni di ucraini, siriani, venezuelani, etiopi, sudanesi e poi afghani, birmani, somali, eritrei, nigeriani, congolesi, maliani... una lista senza fine. A questi devi aggiungere i profughi e migranti a causa dei cambiamenti climatici (almeno venti milioni ogni anno). Caro Gesù, i tuoi genitori sono potuti scappare abbastanza facilmente in Egitto, dove sono rimasti fino a quando il tuo persecutore è morto. Fossero fuggiti oggi da uno dei tanti Erodi del mondo, probabilmente sarebbero, con te in braccio, su un camion che percorre le piste nascoste del deserto, oppure su uno dei barconi che cerca di attraversare il Mediterraneo, per essere, se va bene, raccolto da una delle navi delle Ong che poi rimangono al largo senza accesso a un porto sicuro per motivazioni pretestuose (navi pirata), propagandistiche (favoriscono l’invasione) e disumane (donne e bambini ignorati). E saresti tra i fortunati, visto il gran numero di barconi che, invece, affondano nel «mare nostro» con tutti i loro occupanti, o quelli che sono respinti verso il «porto sicuro» della Libia, dove i trafficanti non hanno scrupoli a pestare, uccidere, ricattare, violentare, torturare, con l’Europa che finanzia e tace. Vorrei dirti tante altre cose, ma una in particolare mi preme. Voglio ringraziarti perché ogni anno ci dai l’opportunità di celebrare la tua nascita e ricaricare così la nostra voglia di vita, di speranza, di giustizia, di pace. Se consideri anche solo questi ultimi tre anni, tra Covid, cambiamenti climatici e guerra, davvero la tentazione di mollare tutto è stata grande. E invece vieni tu presentandoti a noi nella fragilità di un bambino che ha bisogno di tutto. Non parli, non minacci, non incuti timore. Eppure, con i tuoi occhi arrivi dritto al cuore. Quando ci avviciniamo a te e, soprattutto, ci lasciamo guardare da te attraverso gli occhi, i volti, le storie di chi oggi è vittima di guerra, violenza, intolleranza e fanatismo, sfruttamento e tratta, non possiamo più barare con noi stessi. Il tuo sguardo ci scruta nell’intimo più profondo, là dove gli occhi della gente che ci sta attorno non arrivano. È un balsamo contro lo scoraggiamento e la rassegnazione, perché tu continui a dirci che non ti sei stufato di noi, che credi in noi, nell’umanità più vera che sta nel profondo di ogni uomo. Grazie, perché tu credi in noi più di noi stessi e più di quanto noi crediamo in te. 3 dicembre 2022 MC

* * * * * 08 CHIESA NEL MONDO a cura di Sergio Frassetto 29 E LA CHIAMANO ECONOMIA I costi degli eserciti di Francesco Gesualdi 32 CAMMINO DI LIBERTÀ Uno sguardo dall’alto di Angelo Fracchia 56 I PERDENTI special San Lazzaro Devasahayam di Giuseppe Ronco 60 NOSTRAMADRE TERRA Non c’è domani senza biodiversità di Rosanna Novara Topino 64 COOPERANDO La crisi dell’acqua ora è globale di Chiara Giovetti 78 LIBRARSI Donne e libertà senza frontiere di Sante Altizio 80 INDICE Tutta MC 2022 a cura di Gigi Anataloni In copertina: «Un bicchiere d’acqua a questi piccoli». Baixo Cotingo, Roraima, Brasile (foto: J.C. Bafutanga). https://www.rivistamissioniconsolata.it Gli articoli pubblicati sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente l’opinione dell’editore. - I dati personali forniti dagli abbonati sono usati solo per le finalità della rivista. Il responsabile del loro trattamento è l’amministratore, cui gli interessati possono rivolgersi per richiederne la verifica o la cancellazione (D. LGS. 196/2003). 12 | Dicembre 2022 | anno 124 Il numero è stato chiuso in redazione l’11 novembre 2022 e consegnato alle poste di Torino prima del 30 novembre 2022. 03 AI LETTORI A Gesù Bambino di Gigi Anataloni 05 NOI E VOI Lettori e Missionari in dialogo STATI UNITI ALASKA, L’ULTIMA FRONTIERA un reportage di Paolo Moiola MC A ossier 4 dicembre 2022 MC MC R 10 CINA Xi Jinping piglia tutto di Lorenzo Lamperti 15 BRASILE Un mondo senza carceri di Marco Bello 20 MONTENEGRO L’Altopiano della discordia di Daniela Del Bene 25 RUSSIA Mosca soffre (ma non piange) di Piergiorgio Pescali 51 UCRAINA Chi gioca alla guerra, chi crede nella pace di Luca Lorusso 68 AMICO «I giovani avranno visioni» inserto a cura di Luca Lorusso MC I SOMMARIO 35 * 51 * * * *

A cura del Direttore MC R Noi e voi LETTORI E MISSIONARI IN DIALOGO I I I I I I Sereolipi (all’estremo Nord Est della diocesi). Per padre Pedenzini lasciare South Horr è stata una prova difficilissima e ne ha sofferto molto, per il gran bene che ha voluto a tutta quella gente. Ma l’obbedienza e lo spirito di servizio hanno prevalso, e quindi si è aperto un altro capitolo, per lui ed anche per noi, che lo abbiamo seguito. Alla fine del 2008 il nostro missionario ha cominciato rimboccandosi subito le maniche per dare vita a quel nuovo progetto di chiesa e comunità. Il primo anno ha condiviso tutto con i suoi collaboratori, trasformando l’ampia sacrestia dietro la vecchia chiesa, tuttora esistente, in cucina, sala da pranzo e dormitorio. Nel 2009 siamo arrivati per la prima volta a Sereolipi e nella misura in cui abbiamo potuto, abbiamo contribuito a realizzare la nuova missione e altre strutture. Sono seguiti altri 13 anni condivisi con quest’uomo meraviglioso che, dopo aver asciugato qualche lacrima, diceva: «Dobbiamo andare avanti, perché siamo qui per loro: sono nostri fratelli che hanno diritto ad una vita dignitosa». Quante volte si sentiva bussare alla porta, peraltro sempre aperta, e, sentendo bisbigliare timidamente, si intuiva la richiesta di soddisfare una necessità che sarebbe altrimenti rimasta inascoltata. Posso assicurare che ogni volta il grande cuore di padre Egidio si apriva e, con il suo passo recentemente barcollante, andava in camera e soddisfaceva la richiesta salutando con una benedizione. Identico atteggiamento lo aveva quando rilevava ingiustizie, torti o scorrettezze. Mai si è girato dall’altra parte o ha fatto finta di non sentire o non vedere. Tutti ricordiamo la sua voce tonante che denunciava pubblicamente qualsiasi malaffare. Non possiamo dimenticare le sante messe celebrate nelle out station, nel cuore delle comunità «ACE OLLENG’ LPATERI» EGIDIO In questo triste e difficile momento, avendo ricevuto la notizia della sua malattia e morte improvvisa, vorremmo salutare e ringraziare un grande missionario della Consolata, carissimo amico. Uomo determinato, con voce grossa, cuore grande e lacrime facili. Quest’uomo si chiama padre (lpateri in samburu) Egidio Pedenzini. A me, Edi, ma non solo a me, ha cambiato la vita, dal momento in cui ho iniziato a condividere con lui le gioie e le preoccupazioni tra i suoi tanto amati pastori Samburu, coi quali ha camminato per decenni, donando loro fiducia e speranza, fino ad immedesimarsi totalmente con loro. La prima volta che sono arrivato in Kenya era il 6 gennaio 1982, ad Archer’s Post, in occasione della benedizione dell’ampliamento della chiesa. Per due anni ho seguito le sue attività ad Archer’s Post, poi, proprio come i nomadi, l’ho seguito a Wamba, dove ho conosciuto tanta gente: suore meravigliose e dottori venuti in ospedale da varie parti del mondo, per dare il loro contributo medico e non solo. Dopo Wamba, padre Egidio è stato destinato a South Horr, dove è rimasto tantissimi anni. In questa missione ai piedi del Monte Njro, ho condiviso con lui ben 17 intensi anni. Là, l’8 febbraio 1998, lui ha celebrato - alla sua maniera e soprattutto alla maniera dei Samburu - il matrimonio di me e Liliana (detta Lilly). Un giorno assolutamente indimenticabile per noi, in cui, fra l’altro, la tantissima gente presente ci ha regalato emozioni indescrivibili, con testimonianze di affetto e gioia autentica, con i canti e le danze dei moran (guerrieri), e la toccante benedizione finale degli anziani a conclusione della celebrazione durata ben quattro ore. Sapete tutti che le cerimonie del caro padre Egidio non avevano tempo, ed anche in questa occasione ne ha dato dimostrazione fra un sorriso ed una lacrima. La lunga e intensa permanenza a Souh Horr, dove sovente gli faceva visita l’allora vescovo di Marsabit mons. Ambrogio Ravasi, è finita quando l’amico mons. Virgilio Pante (vescovo di Maralal dal 2002 al 2022) ha pensato bene di affidargli la costruzione e la nascita della nuova missione di 5 dicembre 2022 MC

Noi e Voi 6 dicembre 2022 MC Pagina precedente: giugno 2009, vita quotidiana di padre Egidio con i suoi collaboratori nella sacrestia magazzino della vecchia chiesa di Sereolipi. | Questa pagina (dall’alto): con un’anziana samburu; di fronte al pozzo a energia eolica in costruzione a Sereolipi; i bambini di una delle classi della scuola primaria fiorita grazie all’acqua; e foto emblematica del problema cronico dell’acqua in quella regione. Scuola, acqua, salute e conoscenza e rispetto della cultura locale non sono corollari dell’evangelizzazione, ma sua parte essenziale. * © Edi Martinelli (qui sopra) e AfMC/Gigi Anataloni

Le nostre email: redazione@rivistamissioniconsolata.it / mcredazioneweb@gmail.com R R MC ranno sempre per il bene che hai fatto e dato loro. Ace olleng’ lpateri Egidio, grazie di tutto cuore per quello che sei stato e sarai sempre per noi. Lesere, ciao. Edi e Lilly Martinelli 17/11/2022 Ecco qui di seguito una breve biografia di padre Egidio Pedenzini che ho conosciuto bene nei miei anni di Kenya e sono andato a visitare a Sereolipi proprio poco prima di rientrare in Italia. È anche il mio modo di dirgli grazie per una simpatica gentilezza che aveva per me: il dono, di tanto in tanto, di un vasetto di polvere di peperoncino rosso (pilipili) che lui stesso coltivava e che andava a ruba qui a Torino tra i confratelli nostalgici di Africa. «Nato l’8 giugno 1939 a Mezzacorona (Tn), entra tra i Missionari della Consolata e fa la prima professione a fine noviziato in Certosa di Pesio (Cn) il 2 ottobre 1961. Studia teologia a Torino e riceve l’ordinazione sacerdotale a Mori (Tn) il 17 dicembre 1966. Dopo un anno passato a Londra per l’inglese, nel 1968 arriva in Kenya ed è inviato nella diocesi di Marsabit dove si inserisce come aiutante prima ad Archer’s Post, poi a South Horr e Baragoi, per tornare in seguito ad Archer’s come parroco. Dal 1974 al 1978 va negli Stati Uniti per studi, da dove ritorna in Kenya diventando il responsabile diocesano dell’educazione nel Samburu dal ’79 all’81, quando è nominato di nuovo parroco di Archer’s Post, fino all’87. Da lì è trasferito a Wamba e nel 1990 va a South Horr di cui diventa parroco fino al 2008, quando il vescovo, mons. Virgilio Pante, gli chiede, a quasi settant’anni, di andare a iniziare da zero la nuova missione di Sereolipi». In tutti questi anni lui è il punto di riferimento, l’enciclopedia, per tutti i missionari per la conoscenza e l’approfondimento della cultura samburu. Là riceve l’ultima irresistibile chiamata, e dopo una brevissima malattia, va nei giardini del cielo, dove acqua, latte e miele scorrono in abbondanza. 7 dicembre 2022 MC samburu, ove sapeva esprimere il meglio di sé con le parole, l’atteggiamento, i gesti e l’inseparabile bastone da anziano che sempre portava con sé in quelle occasioni. Abbiamo percorso tanti chilometri insieme su quelle strade e piste polverose, a volte cantando le nostre canzoni popolari o ascoltando i canti delle donne Samburu sedute nella parte posteriore della Land Rover prima, e poi della Toyota. Non è mai stato un grande autista, ma la Provvidenza e il rosario appeso allo specchietto retrovisore ci hanno sempre accompagnati a casa. Ora concludo questo racconto parziale di quanto abbiamo condiviso. Caro Egidio, il mezzo che ti porta in questo ultimo viaggio è guidato da Dio e ti farà arrivare, seduto in prima fila, in quel luogo privilegiato riservato alle persone che hanno donato tutta la propria vita e se stessi ai bisognosi. Samburu, Turkana, Rendille, Pokot e tutti gli abitanti della savana e dei monti del Nord del Kenya ti sono grati e ti ricordePERCHÉ RICORDATE SOLO ALCUNI? Buongiorno, sono un vostro assiduo lettore, ho vissuto per quattro anni a Dar Es Salaam dove ho conosciuto, tra gli altri, padre Mario Biestra. Siamo diventati amici e ci siamo frequentati anche dopo il mio e suo rientro in Italia. Purtroppo padre Mario ci ha lasciati qualche tempo fa (+12/05/2021). Leggo regolarmente la rivista e ho notato che c’è sempre un ricordo per i padri che vengono a mancare. Purtroppo non tutti i numeri della rivista vengono recapitati regolarmente, qualche volta le poste italiane smarriscono qualche numero. Ma, per quanto abbia cercato attentamente, non ho trovato nessun accenno a padre Mario. Mi è sfuggito? Era in un numero della rivista che non ho ricevuto? Grazie Giuseppe De Cecco 20/10/2022 Qui sopra un ricordo di padre Mario, in una foto che gli ho scatto nel dicembre 1988 sotto il cielo delle saline vicino alla missione di Sanza in Tanzania. Caro Sig. Giuseppe, grazie per il suo ricordo di padre Mario Biestra. Non ne abbiamo parlato nei numeri precedenti e la sua lettera ci permette di farlo. Il ricordo dei nostri confratelli dipende proprio dai lettori che ci scrivono, come lei. Ci piacerebbe ricordarli tutti di nostra iniziativa, ma, se lo facessimo, dovremmo occupare buona parte della rivista ogni mese. Nel solo 2022, ad esempio, sono già 14 i missionari tornati alla casa del Padre, 26 nel 2021 e ben 30 nel 2020. «Padre Mario Biestra nasce a Torino il 1° luglio 1932, nel 1944 comincia il cammino con i Missionari della Consolata e viene ordinato sacerdote nel 1959. Dopo alcuni anni di servizio in Italia, nel 1965 parte per il Tanzania dove rimane fino al 2003, con un intervallo in Italia dal ‘76 all’86. Rientrato in Italia nel 2004, va in cielo il 21/05/2021».

za per assicurarsi a tutti i costi il predominio sugli altri. Invece accade che altri fattori, più avvincenti, prevalgano nelle esistenze di tanti giovani. Lo spettacolo della fede, della speranza e della carità, incontrato nella quotidianità delle loro vite familiari e comunitarie, attrae i loro cuori su cammini di letizia e gratuità. Non mancano, anche nel contesto ecclesiale africano, le luci e le ombre, le situazioni difficili o di contrasto, ma non mancano neanche comunità cristiane dove a queste sfide si risponde con la fede, vissuta con fervore, con gioia, senza complessi, senza vergognarsi. (Fides) VIETNAM PREVENZIONE Aiutare i giovani ad acquisire le conoscenze necessarie sugli effetti dannosi del consumo di droghe e accompagnarli nella prevenzione delle tossicodipendenze: con questo intento la Chiesa cattolica in Vietnam collabora con l’Istituto di ricerca vietnamita per la prevenzione della droga, organizzando seminari dedicati agli adolescenti, cattolici e non. Ad Hanoi, nella parrocchia di Thach di Bich, un recente seminario ha coinvolto oltre duecento giovani in discussioni e laboratori di gruppo, mentre studiosi, biologi e psicologi hanno spiegato come identificare i vari tipi di sostanze stupefacenti e come affrontare le situazioni correlate al consumo di droghe e alle dipendenze. Tale impegno comune viene generalmente apprezzato: il quotidiano statale vietnamita «Bao Binh Thuan» ha pubblicato un articolo intitolato: «L’uomo che aggiusta le vite dei giovani», parlando dell’opera meritoria di padre Anthony Le Minh Tuan, sacerdote della parrocchia di Thanh Xuan, nella diocesi di Phan Thiet, che aiuta i giovani a uscire dalla tossicodipendenza. Il quotidiano ha possono contribuire a un’Asia migliore? Tra gli eventi speciali della conferenza c’è stato il «Talk show con l’Asia» in cui credenti residenti in ogni parte del continente hanno partecipato a una videoconferenza. È stata inoltre presentata la vita e l’attività pastorale di quattordici parrocchie scelte in diverse nazioni asiatiche, con una visita virtuale, attraverso la quale i vescovi hanno incontrato online i fedeli di quelle specifiche comunità locali. (Fides) AFRICA CRESCONO I CATTOLICI Le statistiche della Chiesa cattolica, pubblicate in occasione della Giornata missionaria mondiale, evidenziano che l’Africa è il continente che registra il maggior numero di variazioni positive rispetto all’anno precedente. In Africa i cattolici sono aumentati di 5,29 milioni, raggiungendo i 256,84 milioni (su una popolazione di 1,216 miliardi). Un continente di prima evangelizzazione, esprime quindi la vitalità della Chiesa in contesti che sembrerebbero in pieno contrasto con la fioritura delle parole del Vangelo: guerre, emigrazione, fame, corruzione, tratta di esseri umani, terrorismo, sequestri, violenze… Nella logica umana queste situazioni dovrebbero facilmente portare, soprattutto i giovani, a indurire i cuori, a rispondere con la forza e la violenTHAILANDIA LA CHIESA IN ASIA Scoprire e conoscere le realtà emergenti nel continente asiatico, i fenomeni che caratterizzano la società, la cultura, l’economia, per accordare l’azione pastorale e comprendere le vie per l’annuncio del Vangelo in quelle realtà: con questo spirito i vescovi dell’Asia, riuniti a Bangkok dal 12 al 30 ottobre per l’assemblea della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) - con la celebrazione giubilare dei cinquanta anni della sua fondazione - si sono dedicati all’ascolto dei diversi contesti e allo studio di fenomeni e tendenze trasversali che si ritrovano in nazioni asiatiche molto diverse tra loro per storia e cultura. Ciascuno dei ventinove paesi membri ha presentato un’esposizione sulla situazione attuale nel proprio paese, le sfide politiche, sociali, economiche, religiose che la Chiesa cattolica è chiamata ad affrontare in quel contesto. Di seguito, la conferenza ha cercato di rispondere ad alcune questioni chiave: come può la Chiesa in Asia continuare a essere «buona novella» alla luce delle realtà emergenti? In che modo la Fabc può servire e sostenere i vescovi e le loro Conferenze episcopali in Asia? In che modo le comunità cattoliche nel continente a cura di Sergio Frassetto MC R la chiesa nel mondo Bangkok (Thailandia): cardinali, vescovi, preti e laici partecipanti all’assemblea delle Conferenze episcopali dell’Asia (foto Fides). * 8 dicembre 2022 MC

scritto: «Promuovendo lo spirito di fede in Dio e l’amore per la nazione, conducendoli sulla via della buona vita e della pratica religiosa, padre Le Minh Tuan promuove tra i giovani uno stile di vita sano e costruttivo, aiutandoli a curarsi e rifarsi una vita». (Fides) AUSTRALIA ECOLOGIA Si chiama «Laudato si’» il progetto messo in campo dall’arcidiocesi di Brisbane per affrontare le conseguenze disastrose del cambiamento climatico. Un piano di sette anni volto a ridurre gli investimenti nei combustibili fossili, adottare stili di vita sostenibili, promuovere l’educazione all’ecologia e rafforzare i rapporti con gli aborigeni e gli isolani dello Stretto di Torres Matthew Saganski. In concreto, l’arcidiocesi svilupperà un piano per il trasporto pubblico volto a ridurre il consumo di combustibile fossile; incentiverà l’utilizzo di mezzi ecologici, delle biciclette e dello spostamento a piedi da parte di dipendenti e cattolici; cercherà di ridurre al minimo l’inquinamento da anidride carbonica provocato dai viaggi aerei. Il progetto dovrà coinvolgere tutta la popolazione e, in particolare, gli indigeni. C’è la convinzione, infatti, che i cattolici debbano comprendere più chiaramente la cultura e la spiritualità delle cosiddette «Prime nazioni», il loro rapporto con il territorio, l’impatto ecologico, sociale e culturale dovuto alla perdita dei terreni a vantaggio dell’urbanizzazione o della coltivazione intensiva per guarire il territorio e i suoi abitanti da tante ferite e abusi. L’idea di fondo è che senza guarigione, senza riconciliazione, senza riconoscimento reciproco, senza consapevolezza dei danni provocati, non possa esserci futuro nemmeno per il pianeta. (Vatican news) INDIA ACCANTO AGLI OPPRESSI «Essere profeti in una Chiesa spesso deturpata dal ritualismo, restare saldi nella fede, ancorati a Cristo Gesù, in mezzo alle tribolazioni che derivano dalla scelta di stare al fianco dei poveri e degli oppressi»: è l’intento espresso dai membri di istituti e congregazioni religiose, maschili e femminili, provenienti da sedici stati indiani, riunitisi dal 22 al 25 settembre a Hyderabad (nello stato indiano di Telangana) per il «Forum dei religiosi per la giustizia e la pace». La dichiarazione finale del forum esprime la preoccupazione dei religiosi per il deterioramento della situazione della nazione dove i poveri diventano ogni giorno più poveri, gli Adivasi (tribali) vengono derubati delle loro terre, ai Dalit e agli altri gruppi subalterni viene ancora negata la dignità, l’uguaglianza e la giustizia. Le minoranze religiose (in particolare musulmani e cristiani) sono prese di mira con incitamento all’odio e alla persecuzione. Come discepoli radicati in Gesù, i religiosi indiani dichiarano: «Continueremo a impegnarci per costruire comunità più inclusive, trascendendo le divisioni religiose, di casta, di genere, etniche e ogni forma di settarismo» e rimarcano il coinvolgimento nella vita dei poveri, degli emarginati, degli esclusi, degli sfruttati e dei vulnerabili. «Questo ci consentirà di rispondere efficacemente e profeticamente ai segni dei tempi per una società più giusta e pacifica». (Fides) R MC * * Colombia: Valladito In Colombia, un gran numero di famiglie è costretto a lasciare la propria terra e a migrare verso le città. Lì non hanno altra scelta se non quella di occupare terreni in luoghi inadatti all’abitazione. Costruiscono le loro baracche alla bell’e meglio, senza sapere quanto tempo rimarranno lì prima di essere rimosse dalle forze dell’ordine. Mentre cercano altri spazi dove sistemarsi, vanno per le strade e le piazze e si impegnano in una economia informale che è una semplice espressione di lotta per la sopravvivenza in contesti scandalosamente diseguali che scartano i più poveri e miserabili. Quando manca una presenza pubblica, emerge l’autodeterminazione dei leader e gruppi che organizzano la convivenza. È quello che avviene in tre insediamenti nella periferia della città di Cali. Camminando per vicoli scoscesi, calpestando fango o terreno polveroso, si raggiunge l’insediamento di Valladito dove c’è Joana, una leader locale che, con il sostegno della pastorale sociale e afro dell’arcidiocesi di Cali, consegna beni di prima necessità alle madri. C’è anche la «mensa dei poveri», un vero miracolo di condivisione e solidarietà: una cucina comunitaria nella quale alcune signore preparano il cibo con gli ingredienti forniti dalla diocesi, con i quali si sostengono soprattutto le donne e i bambini di Valladito e Mojica. In questo contesto si sviluppa l’impegno della pastorale afro dei missionari della Consolata nella città di Cali e, in modo analogo, anche in quella di Buenaventura, sulla costa del Pacifico, a meno di due ore da questa. Nella zona, gli insediamenti disordinati e abusivi continuano a crescere con l’arrivo di sempre nuove famiglie e l’insufficiente o cattiva alimentazione, la mancanza di alloggi decenti e di servizi igienici di base, rendono i bambini, gli anziani e le donne più vulnerabili e soggetti alle malattie. La presenza dei missionari della Consolata vuol essere una risposta concreta ed evangelica a questa realtà di periferie urbane ed esistenziali. (Imc) Cali (Colombia): missionari e collaboratori della pastorale afro di Cali in visita all’insediamento di Valladito. * 9 dicembre 2022 MC

CINA MC A Novità e conferme dal XX Congresso del Partito comunista cinese XI JINPING PIGLIA TUTTO cipale porta d’accesso della Cina continentale al mondo. Yan’an nel 2022, destinazione finale della «lunga marcia» di Mao Zedong e base del partito comunista cinese dal 1935 al 1948, prima che la guerra civile contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek volgesse a favore dei comunisti. Per avere un indizio sulla diredi LORENZO LAMPERTI (DA TAIPEI) A ottobre si è celebrato il ventesimo Congresso del Pcc che ha consacrato Xi Jinping alla guida del partito e del paese per un terzo mandato. È la prima volta dai tempi di Mao. Sicurezza e sviluppo sul lungo termine sono le priorità. E Xi fa modificare lo statuto del partito inserendo i «suoi» principi. zione del terzo mandato di Xi Jinping bisogna partire da quello che è successo subito dopo il XX Congresso del partito, cioè dalla città scelta per la sua prima visita ufficiale. Un netto cambio rispetto alle scelte operate dopo il XVIII e il XIX Congresso. Il trionfo di Xi va ben al di là della sua scontata conferma: il presiCiascuna delle città scelte da Xi Jinping per la prima visita dopo aver ricevuto ognuno dei suoi tre mandati, ha un significato simbolico. Shenzen nel 2012, emblema del miracolo economico cinese. Shanghai nel 2017, luogo di fondazione del Partito comunista cinese ma anche prin10 dicembre 2022 MC © Koki Kataoka / Yomiuri / AFP

non solo dal Comitato permanente di sette membri, ma persino dal Politburo (tradizionalmente 25 membri, ora inusualmente 24, si dice, per un’esclusione dell’ultimo momento). Attenzione però a pensare che il cambio di passo sia stato qualcosa di improvviso. Il processo di consolidamento del potere di Xi è avvenuto passo dopo passo, non è frutto di una rivoluzione inattesa. Prima le promesse di riforme economiche e il lancio della Belt and road initiative nel 2013 (la nuova via della seta, ndr), poi la rimozione del vincolo dei due mandati nel 2018. Infine, l’ingresso ufficiale nel terzo atto della «nuova era» di Xi senza che nemmeno si intraveda all’orizzonte un possibile erede. Il 23 ottobre, quando ha calcato di nuovo il tappeto rosso della Grande sala del popolo in testa alla fila dei sette membri del Comitato permanente, il segretario generale non ha solo ufficializzato il suo terzo mandato, ma ha anche allungato le mani (incognite e imprevisti permettendo) sul quarto. XI, ATTO TERZO Ma come sarà il terzo mandato di Xi? Partiamo dall’economia. «Mi aspettavo qualche messaggio un po’ più favorevole alla crescita, ma credo che la preoccupazione di Xi sia soprattutto a lungo termine. Egli punta a una crescita di qualità superiore per la Cina, senza preoccuparsi troppo della traiettoria di crescita a breve termine. Questo è un po’ deludente, perché ci sono molte sfide legate alla crescita nell’immediato», dice Victor Shih Ho Miu Lam, moderatore della San Diego University e autore di diversi libri sul sistema economico e politico cinesi. Una di queste è certamente la strategia «zero Covid». In molti speravano che dopo il congresso le restrizioni si rilassassero. In un’inusuale protesta pochi giorni prima dell’appuntamento politico, a Pechino sono apparsi anche degli striscioni che criticavano direttamente il leader. Altre scritte sono apparse in diverse città cinesi. Ma Xi si è intestato il successo della gestione sanitaria che, nella narrativa di Pechino, rappresenta un segnale della supedente ha ottenuto una squadra a sua immagine e somiglianza, nonché emendamenti allo statuto del partito che elevano ulteriormente il suo status. Questo ha peraltro messo fine a una serie di prassi e regole non scritte che avevano sempre sorretto il funzionamento delle nomine e della selezione delle cariche apicali. Rendendo manifesto che Xi non solo controlla il partito: Xi ormai è il partito. HU JINTAO L’immagine che resterà nella mente di tutti come avvio del terzo mandato di Xi è quella di Hu Jintao, il predecessore, che viene scortato fuori dall’aula durante l’ultima sessione del Congresso. Un episodio controverso sul quale non sapremo mai tutta la verità. Forse esagerato parlare di purga per la dinamica e le circostanze, certamente, però, è riduttivo ascrivere tutto a un semplice «problema di salute», visto che l’anziano leader (il quale pare soffra di una forma di demenza senile) non sembrava d’accordo a lasciare il suo posto. Ma la vera «epurazione» è arrivata lontano dalle telecamere, ed è stata quella di Hu Chunhua. Per lungo tempo considerato un astro nascente della politica cinese, membro della Lega della gioventù comunista, feudo proprio di Hu Jintao, è stato escluso dicembre 2022 MC 11 In basso: conclusione del XX Congresso del Pcc nella Grande sala del popolo, Pechino, il 23/10/22. Qui: Xi Jinping, confermato alla guida del partito e del paese per un insolito terzo mandato, in chiusura del congresso, 23/10/22. * A MC Sicurezza | Economia | Partito unico | Taiwan " «Tutto rientra sotto il mantra della sicurezza, la parola più utilizzata da Xi dopo partito, popolo, nazione». © Koki Kataoka / Yomiuri / AFP

Qui: una famiglia segue in diretta il discorso conclusivo di Xi Jinping, nella città di Huaibei, provincia di Anhui. * riorità del suo modello rispetto a quello occidentale, nonché la prova del rispetto dei «diritti umani». Con caratteristiche cinesi, ovviamente. Il mancato ripensamento delle politiche sul Covid è reso evidente anche dalla scelta di Li Qiang come prossimo premier. Capo del partito a Shanghai, è colui che ha gestito il disastroso lockdown dei mesi scorsi. Evento che sembrava averlo tagliato fuori dalla corsa per un ruolo di primo piano, nonostante la dimestichezza in campo amministrativo e la familiarità con i tanti investitori internazionali che popolano Shanghai, e che hanno vissuto, però, con sgomento la recente fase dei restringimenti. «All’interno del partito, Li non è mai stato squalificato, perché ha solo applicato l’approccio alla pandemia voluto da Xi. Di certo, la sua promozione è basata anche e soprattutto sulla lealtà e lo stretto rapporto che ha con Xi», dice Shih. Tutto rientra nel mantra della «sicurezza», la parola più utilizzata da Xi nella sua relazione politica dopo le classiche «partito», «popolo» e «nazione». Un’ossessione dovuta al fatto che la Cina si sente sotto attacco sul fronte economico. Le ultime mosse di Joe Biden sui semiconduttori, infatti, hanno portato Xi a chiedere un’accelerazione sul fronte dell’autosufficienza tecnologica. Ma ha anche portato a una pioggia di promozioni per una nuova classe di «tecnocrati» con espe- * CINA rienza e formazione tecnologica e scientifica, in particolare nel settore dell’aerospazio. Un cambio di passo rispetto al passato. Se finora la gestione delle nomine era garantita da una serie di legami e rapporti costruiti all’interno di diverse fazioni, ora l’unica fazione rimasta è quella di Xi, e i nuovi «tecnocrati» sono figure con maggiori competenze, ma minori intrecci relazionali. Con una Cina sotto attacco, il partito sente il bisogno di avere ulteriore controllo sociale, a partire dal fronte interno. «Sviluppo e sicurezza per Xi sono la stessa 12 dicembre 2022 MC © Wake Up Films Proprio nelle ore in cui a Pechino si consumava l’ultimo capitolo del XX Congresso del Partito comunista cinese, nella Città del Vaticano veniva annunciato il rinnovo dell’accordo sulla nomina dei vescovi. Si tratta della seconda conferma del primo accordo biennale firmato nel settembre 2018. Sarà in vigore dunque fino al 2024. La Santa sede ha spiegato che «si impegna a continuare un dialogo rispettoso e costruttivo con la parte cinese per una produttiva attuazione dell’accordo e un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali, al fine di promuovere la missione della Chiesa cattolica e il bene del popolo cinese». I termini dell’accordo non sono mai stati resi pubblici, creando qualche dubbio tra i critici. Anche perché le segnalazioni di rimozione di croci e chiusure di luoghi di culto sono proseguite negli ultimi anni. Nelle scorse settimane è iniziato il processo a carico di Joseph Zen, l’ex cardinale di Hong Kong che è entrato nel mirino delle autorità ai sensi della legge di sicurezza nazionale e che è sempre stato molto critico sulla distensione dei rapporti tra Vaticano e Pechino. Il partito comunista cerca d’altronde di «sinizzare» le fedi religiose e farle entrare in armonia con le famose «caratteristiche cinesi», di cui l’unico possibile custode è il partito stesso. Il cardinale Pietro Parolin ha spiegato che «Papa Francesco, con determinazione e paziente lungimiranza, ha deciso di proseguire su questa strada non nell’illusione di trovare la perfezione nelle regole umane, ma nella concreta speranza di poter assicurare alle comunità cattoliche cinesi, anche in un contesto così complesso, la guida di pastori degni e adatti al compito loro affidato». Lo scorso luglio, anche il pontefice ha difeso l’accordo: «La diplomazia è l’arte del possibile e del fare le cose perché il possibile diventi realtà», ha detto papa Bergoglio. Ricordando il dialogo mantenuto dal Vaticano con i governi comunisti dell’Europa orientale durante la guerra fredda. D’altronde il Vaticano ha sempre sottolineato l’obiettivo pastorale di un accordo teso a tutelare i fedeli cinesi che sono pochi in proporzione a un paese da circa un miliardo e mezzo di abitanti, ma parecchi come numeri assoluti (si stimano in 16 milioni). E di fronte al rischio di una nuova guerra fredda, o di una terza guerra mondiale frammentata, come paventato già da tempo da papa Francesco, la Santa sede ritiene di dover tenere aperto un canale di dialogo con un paese così grande e così influente come la Repubblica popolare cinese, nonostante intrattenga anche rapporti diplomatici ufficiali con la Repubblica di Cina, cioè Taiwan. Lorenzo Lamperti Firmato il rinnovo dell’accordo con il Vaticano L’arte del possibile La Santa sede rinnova l’accordo con Pechino sulla nomina dei vescovi, facendo un passo avanti nei rapporti bilaterali con il gigante asiatico. Papa Francesco ha a cuore i cattolici cinesi, una minoranza importante.

La stessa necessità di controllo esiste anche sul fronte esterno. «Xi continua a vedere complotti occidentali che cercano di minare la Cina. Per questo al congresso si è concentrato molto sui concetti di lotta e di sicurezza». Se fino a poco tempo fa i leader cinesi parlavano soprattutto di «opportunità strategiche», ora Xi parla di «pericoli» e «acque tempestose» da navigare con ambizione e mano ferma che, evidentemente, possono essere garantire solo un «timoniere» senza distrazioni interne e con una squadra compatta e pronta a combattere senza mettere in discussione la rotta intrapresa. OLTRE LO STRETTO Dopo aver risolto la questione di Hong Kong e portato, come detto da Xi, l’ex colonia britannica dal «caos» alla «stabilità», il mirino si sposta al di là dello stretto (di Taiwan, ndr). L’inedito cosa. C’è bisogno di sviluppo ma anche di molta sicurezza, soprattutto controllata dal partito. Per Xi, anche se la Cina diventasse incredibilmente ricca non avrebbe senso se non fosse controllata dal partito», sostiene Shih. Ed ecco allora la presenza più massiccia dello stato nell’economia, con il settore privato e, in particolare, quello tecnologico «rettificati» per seguire le necessità strategiche della politica e geopolitica cinese. I PRINCIPI DI XI L’inserimento nello statuto del partito di altri due principi utilizzati da Xi negli ultimi anni rinforza il messaggio: con la «prosperità comune» si chiarisce che la ricchezza va redistribuita e che il partito eviterà eccessivi accentramenti di potere e ricchezze private; con la «doppia circolazione», invece, si ribadisce che il focus deve essere quello di stimolare i consumi interni e ridurre la dipendenza dalle esportazioni, e dunque dall’esterno. È un sistema dove l’unico a mantenere il controllo è il partito, e dunque Xi. Ciò significa che, nero su bianco, Xi è il nucleo del partito. Criticarlo ora significa mettersi automaticamente fuori dal partito. inserimento, nello statuto, dell’opposizione alla «indipendenza di Taiwan» svela che la questione di Taipei sarà una delle priorità del terzo mandato di Xi. Anche sullo stretto, la Cina si percepisce o si racconta come sotto attacco di «interferenze esterne», in particolare quelle americane. Il messaggio arrivato dal Congresso è chiaro: Pechino non arretra sul tema della «riunificazione», che considera legato a doppio filo con quello più vasto del «ringiovanimento nazionale» e della realizzazione di una società «socialista, forte e armoniosa» entro il centenario della Repubblica popolare nel 2049. «Xi ha voluto segnalare che il tema di Taiwan avrà una priorità maggiore nei prossimi cinque anni e che ritiene urgente fare dei progressi sul percorso di unificazione», spiega Wen Ti-sung, analista dell’Australian national university. In che modo Xi intende fare progressi? «Probabilmente attraverso l’integrazione economica e il lavoro del fronte unito, piuttosto che tramite l’uso della forza», sostiene Wen. «Xi sta segnalando la minaccia di una crescente internazionalizzazione della questione di Taiwan, che è una delle sempre sfuggenti linee rosse della Repubblica popolare. A MC 13 dicembre 2022 MC «Xi continua a vedere complotti occidentali che cercano di minare la Cina». " © Stringer /AFP

In termini militari, Pechino raddoppierà gli sforzi e la presenza sullo stretto per negare agli attori stranieri la capacità militare di intervenire in una eventuale contingenza sul posto. Cercherà di limitare la libertà d’azione dell’esercito taiwanese, istituzionalizzando la presenza al di là della linea mediana in modo da intaccare il suo morale, sperando di far capitolare le resistenze», aggiunge. L’emendamento allo statuto potrebbe rappresentare la base per una nuova misura normativa che allarghi lo spettro dell’attuale legge anti secessione per provare a recidere i rapporti tra mondo imprenditoriale taiwanese e partito di governo in vista delle elezioni presidenziali del 2024, che saranno in sostanza presentate come una scelta tra pace (col più dialogante Kuomintang) o guerra (col Partito progressista democratico che dovrebbe candidare William Lai, figura ben più radicale dell’attuale presidente Tsai Ing-wen). Nel frattempo, procede spedito l’ammodernamento dell’esercito, e a capo della Commissione militare centrale, presieduta sempre da Xi, sono stati posti generali con grande esperienza «taiwanese». A partire da He Weidong, che ha guidato le esercitazioni militari senza precedenti che hanno fatto seguito alla visita di Nancy Pelosi a Taipei nell’agosto scorso. SISTEMI DI DETERRENZA Forse la Cina non vuole la guerra, o non la vuole ancora. Ma di certo si sta preparando a combatterla qualora fosse necessario. O qualora sentisse che il tempo non è più dalla sua parte come ha sempre pensato. Non a caso il XX Congresso apre anche a un rafforzamento dell’arsenale nucleare. Xi ha infatti preannunciato «un forte sistema di deterrenza strategica». Secondo il Pentagono, la Cina potrebbe avere circa 700 testate nucleari trasportabili nel 2027 e almeno mille nel 2030. La dottrina cinese impone di non utilizzare per primi le armi nucleari, ma Pechino vuole rafforzare la sua deterrenza mentre la rivalità con Washington sembra ormai su un piano inclinato. «In fin dei conti - avverte Shih -, la decisione di utilizzare un’opzione militare su Taiwan dipende da una sola persona, Xi Jinping, e la decisione di una sola persona, come stiamo vedendo nel caso della Russia, può essere altamente imprevedibile». Ecco, al di là delle incognite sul fronte economico, è proprio questa la chiave per capire che cosa potrà succedere nel terzo mandato di Xi. In passato il partito ha sempre ritenuto che il tempo giocasse a suo favore. Se ora cambiasse definitivamente prospettiva, convinto da un’America che ha ormai chiarito definitivamente che considera la Cina il primo rivale strategico nel lungo termine, potrebbe diventare impaziente. E la già tanta confusione sotto il cielo, parafrasando Mao Zedong, potrebbe stavolta non portare a una situazione eccellente. Lorenzo Lamperti * CINA 14 dicembre 2022 MC Archivio MC • Taiwan. Vento europeo sullo stretto, Lorenzo Lamperti, luglio 2022. • Cina, Xinjiang. Autonomia made in Pechino (dossier), Piergiorgio Pescali, gennaio 2021. © Xinhua news agency /AFP Qui: delegate lasciano la Grande sala del popolo, dopo la sessione conclusiva del XX Congresso del Pcc, Pechino 22 ottobre scorso. *

15 dicembre 2022 MC UN MONDO SENZA CARCERI BRASILE MC A (1968) e di Puebla (1979). «È un ente unico al mondo. Da noi non esiste la figura del cappellano delle carceri. Si tratta di una pastorale vera e propria, portata avanti da una équipe». Così ci racconta padre Gianfranco, che incontriamo di passaggio a Torino. Lui «alle carceri» è arrivato un po’ per caso. Ci racconta: «Lavoravo a Roraima, nel Nord del Brasile, ed ero in missione a Catrimani, in foresta amazzonica, con gli Yanomami. Monsignor Roche Paloschi, all’epoca vescovo di Roraima, chiese ai missionari della Consolata qualcuno che andasse a occuparsi di diritti umani, di migranti e di pastorale sociale in seno alla diocesi. Tra le tante pastorali sociali, c’era quella carceraria, ma non stava passando un buon momento. Così chiesero a me, e dalla selva andai a Boa Vista, la capitale. Subito si stabilì un’ottima sintonia con il vescovo. Un giorno, riPadre Gianfranco Graziola, missionario della Consolata, trentino, da trent’anni in Brasile, fa parte del Coordinamento nazionale della pastorale carceraria (Cnpc). Si tratta di un organo della Chiesa brasiliana che ha appena compiuto cinquant’anni, come pure il Consiglio indigenista missionario (Cimi). Entrambe le strutture sono nate sulla scia delle conferenze dell’episcopato latinoamericano di Medellin La prigione non ha mai risolto i problemi sociali. Diventa una forma di controllo della società stessa e della povertà. La Chiesa cerca di dare risposte con la pastorale carceraria. In Brasile c’è un esempio unico al mondo di lavoro di squadra. di MARCO BELLO Dentro la pastorale carceraria, con padre Gianfranco Graziola © Alexandre Gondim /Agenzia de Estado/ AFP

16 dicembre 2022 MC cordo, un gruppo di donne carcerate durante un evento fece dei cori, e poi mi disse: “Una volta c’era la pastorale carceraria”. «C’è ancora!», risposi con risolutezza, e da allora siamo ripartiti». UN APPROCCIO UNICO La pastorale carceraria in Brasile lavora su tre livelli: il coordinamento nazionale, i coordinamenti statali (è un paese federale di 26 stati più la capitale Brasilia) e quelli a livello delle diocesi. È portata avanti dagli agenti di pastorale: preti, suore, vescovi e anche laici, uomini e donne, di tutte le età. Visitano le carceri in tutto il paese settimanalmente, due volte al mese, oppure ogni mese. Il coordinamento nazionale si trova a São Paulo, perché è lo stato con la maggiore popolazione carceraria del Brasile, 22mila detenuti solo nell’arcidiocesi della metropoli. Esso si occupa anche dell’approccio politico, dell’intervento in caso di denunce, e di pressione su chi governa (lobbying), oltre che delle visite pastorali. Padre Gianfranco allarga la vi- * BRASILE suale a livello continentale: «A livello di America Latina, di Celam (Consiglio episcopale latinoamericano e caraibico), il nostro slogan è “Un mondo senza carceri”. Ci sono state varie riunioni tra tutte le conferenze episcopali, e c’è questo sogno. Noi non crediamo che il carcere sia la soluzione ai problemi del nostro mondo, al contrario. Infatti, il carcere è fonte di tortura, è una sua espressione moderna, perché un carcerato o una carcerata, secondo la Costituzione brasiliana, dovrebbe perdere il diritto di muoversi liberamente e i diritti politici solo una volta avvenuta la condanna definitiva, ma questo non accade. Si verifica una serie di violazioni di diritti: tortura (nel senso classico), sovraffollamento, cattiva alimentazione, scarsa cura della salute, pessime condizioni di vita. Lo stato ci risponde dicendo: allora costruiamo nuovei carceri. Noi sosteniamo, però, che quantie più prigioni si costruiscono, tanto più aumenta il numero della popolazione detenuta. Per fare un esempio, nei due anni di pandemia, siamo passati da 800mila carcerati a 930mila (in Italia siamo a circa 52mila, nda), di cui circa 50mila sono donne. Queste normalmente hanno a che fare con il traffico di stupefacenti, sono chiamate mule (corrieri, nda)». IL PESO DELLA DROGA Padre Gianfranco specifica che il riempimento delle carceri è direttamente legato alla legislazione sulla droga: «La grande questione che proponiamo è di non considerare la droga una questione di polizia, ma di salute. In Brasile, se ti trovano con un grammo di droga, anche la più leggera, vai in carcere. Perché stanno seguendo l’approc- Pagina precedente: rivolta nel carcere di Curado, Recife, Pernambuco (2015). | Qui: rivolta di detenuti sedata nel carcere di Alcacuz, Rio Grande do Norte (2017). | A destra: padre Gianfranco Graziola in visita al carcere di Nariraì, Mato Grosso do Sul. * «Il carcere è un’espressione moderna della tortura». " © Andressa Anholete /AFP

L’associazione ha alcuni finanziatori internazionali, come la tedesca Misereor, e altri nazionali. Anche se il missionario non nasconde che trovare finanziamenti è diventato sempre più difficile. «Le altre conferenze episcopali in America Latina non hanno questa organizzazione. Qualcuna ha il cappellano, stipendiato dallo stato. Noi abbiamo scelto di non dipendere dallo stato». La pastorale carceraria prevede poi gli agenti di pastorale, tutti volontari. Secondo una ricerca recente, sono circa 5mila. GIUSTIZIA E ALTRI TEMI «Uno dei grandi temi su cui lavoriamo, con forte connotazione politica, è quello della giustizia riparativa, o restaurativa, come diciamo in Brasile (cfr. MC dicembre 2013). Lavoriamo in rete con Espere (la scuola di pace di padre Lionel Narváez Goméz in Colombia, cfr. MC agosto 2018), sulle pratiche di giustizia riparativa. Ma utilizziamo anche la filosofia clinica, che tratta la questione dell’identità e dell’unicità. Un filosofo bracio di guerra totale agli stupefacenti. È uno degli elementi importanti che oggi alimenta la popolazione carceraria». Poi la cocaina circola nelle feste di privati a un certo livello, e non c’è il problema morale di consumarla. Inoltre, negli incontri delle élite la polizia non entra. Il missionario ci ricorda che l’incarceramento in Brasile ha un colore e uno status sociale: finiscono in prigione i neri, i poveri delle periferie, e i giovani. C’è un’alta percentuale di questi ultimi, quasi il 50% ha tra i 18 e i 29 anni. Sotto i 18 è previsto un sistema diverso, chiamato socioeducativo, che non dipende dal sistema penitenziario, ma è simile al carcere minorile. L’ORGANIZZAZIONE Chiediamo a padre Gianfranco come è organizzata la pastorale carceraria. «Abbiamo una coordinatrice, la suora tedesca Petra Silvia Pfaller, un vice coordinatore, padre Almir Ramos, di Santa Catarina, e una coordinatrice della questione delle donne in carcere, Rosilda Ribiero Rodrigues Salamão, perché a livello femminile il carcere ha prerogative particolari. Ad esempio, dal 2014 a oggi, abbiamo avuto un aumento del 700% di incarceramento femminile». Padre Graziola racconta poi che c’è un nucleo di dipendenti che lavorano nella gestione economica, nell’amministrazione dei progetti e nel settore giuridico, ad esempio per le denunce di tortura, e, infine, sulla comunicazione. «Per la tortura, si lavora non tanto su casi singoli, ma sulla politica. In tempo di pandemia le denunce di tortura sono raddoppiate. Sul nostro sito si può fare denuncia anonima e non anonima. Il settore giuridico, in coordinamento con ogni stato, interpella i giudici, il difensore civico, chiedendo loro di intervenire. Ma non sempre si muovono, a volte danno risposte evasive». La struttura prevede poi una serie di coordinamenti, con il coinvolgimento di periti. Padre Gianfranco è nella sezione teologica, dopo essere stato il vice coordinatore nazionale. Lui fa anche parte della presidenza dell’associazione che gestisce i progetti per finanziare la struttura. Carceri | Tortura | Militarizzazione | Pastorale carceraria A MC 17 dicembre 2022 MC © Af Coordenadora pastoral carceraria

siliano, Lucio Packter, fa un lavoro sulla storia della persona e la sua unicità. Per esempio, in merito alla convinzione: “sono nato delinquente e resto tale”, noi diciamo di no. E ancora lavoriamo sul linguaggio nonviolento. Sono tutti temi sui quali abbiamo lavorato molto in questo ultimo periodo e, data la pandemia, abbiamo anche dato un’attenzione particolare alle persone stesse che operano nella pastorale. Si tratta di avere cura di chi opera, di chi si prende cura». L’AGENDA Padre Gianfranco si entusiasma quando spiega l’approccio della pastorale con le famiglie dei carcerati. «È molto cresciuto il lavoro che facciamo con i parenti dei detenuti. Appoggiamo le famiglie, cercando di dare loro più margine di manovra per difendere i congiunti (impoderamento, in brasiliano, ndr). Le accompagniamo in un processo che porti a “un mondo senza carceri”. Per questo abbiamo creato un’agenda per il “desencaceramento” in dieci punti, che è stata sottoscritta da cinquanta entità impegnate nel settore (vedi box). È nata nel 2013 dal fatto che visitavamo il carcere, vedevamo, denunciavamo, ma non succedeva nulla. Da lì si è originata una riflessione e poi questo decalogo. Oggi è una rete molto grande che va avanti in un lavoro di squadra. E sono i parenti che portano avanti questa agenda. Noi stiamo nella retroguardia. All’inizio ci davano dei pazzi, ma da questa agenda è nato un meccanismo, riconosciuto dallo stato, di lotta alla tortura. Si tratta del Comitato nazionale e statale: ci sono periti indipendenti a livello nazionale che sistematicamente visitano le carceri e verificano se ci sono casi di tortura. È pagato dallo stato federale, è un ente governativo, ma è stato proposto da noi. Nel comitato c’è un rappresentate delle famiglie. Questo strumento si è affermato dopo l’eccidio del 2019 a Manaus (morirono 55 detenuti, nda)». Uno dei punti concerne la droga, e propone non solo la depenalizzazione, ma la decriminalizzazione. Questo non vede tutti d’accordo neppure all’interno della chiesa brasiliana, perché c’è una questione morale. 18 BRASILE * dicembre 2022 MC I penitenziari privati sono disumani, molto tecnologici e senza contatti. " Il decalogo, scritto inizialmente nel novembre 2013 da movimenti e organizzazioni sociali, allo scopo di promuovere la modifica del sistema carcerario, era centrato sull’esigenza di un programma per la riduzione concreta e rapida della popolazione detenuta. Nel 2016, tale agenda è stata attualizzata e ha ricevuto ulteriore appoggio da collettivi, organizzazioni e pastorali sociali. Nel primo incontro nazionale per il «desencarceramento» (traducibile come riduzione del peso delle carceri nella società), realizzato a São Paulo l’8 ottobre 2016, gli enti che assumevano l’agenda erano 30, mentre al secondo incontro, l’anno successivo, è stata sottoscritta da oltre 40. Di seguito la sintesi del decalogo. Per approfondire si veda sul sito carceraria.org.br le versioni in portoghese, inglese e tedesco. 1. Sospensione di qualsiasi costruzione di nuove carceri o struttura detentiva. 2. Esigenza di riduzione massiccia della popolazione carceraria e della violenza prodotta nelle prigioni. 3. Modifiche legislative per limitare al massimo la prigione preventiva. 4. Contro la criminalizzazione dell’uso e del commercio di droga. 5. Riduzione massima del sistema penale e recupero della autonomia comunitaria per la risoluzione nonviolenta dei conflitti. 6. Aumentare le garanzie della Legge di esecuzione penale (Lep). 7. Apertura del carcere e creazione di meccanismi di controllo popolare (sempre in ambito della Lep). 8. Proibizione della privatizzazione del sistema carcerario. 9. Prevenzione e lotta alla tortura. 10. Smilitarizzazione della polizia e della società. Ma.Bel. ________________ La versione integrale è disponibile sul sito: carceraria.org.br/agenda-nacional-pelo-desencarceramento. Le richieste dei movimenti della società civile e della Chiesa Agenda nazionale per il «descarceramento»

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