Missioni Consolata - Marzo 2022

porre le basi per la futura vita esterna della persona. Inoltre, sono spesso lavori di poche ore settimanali, con salari del tutto inadeguati a qualsiasi percorso di emancipazione. Se guardiamo ai corsi di formazione professionale, nel secondo semestre del 2020, solo 1.279 detenuti - di cui 507 stranieri - in tutta Italia hanno avuto la possibilità di iscrivervisi. I corsi attivati in maggior numero hanno riguardato la cucina e la ristorazione (35), seguiti dai corsi di giardinaggio e agricoltura (18). Il grosso delle attività di sostegno o delle attività culturali, ricreative e sportive è affidato al volontariato e non all’istituzione. Al 31 dicembre 2020 erano quasi 10mila i volontari autorizzati a fare ingresso negli istituti di pena italiani. Di questi, oltre 4mila si occupavano del supporto alla persona o alle famiglie, con colloqui di sostegno, consegna di pacchi ai meno abbienti, contatti con i parenti. Circa 1.500 erano impegnati in attività religiose. Se infatti il cappellano cattolico è una figura istituzionale in ogni carcere, previsto nell’organico e stipendiato dal ministero della Giustizia, i ministri di culto delle altre religioni sono più o meno equiparati agli altri volontari. * ITALIA 54 marzo 2022 MC Qui: due immagini (sotto) dal carcere di Secondigliano, Napoli. | Carcere di Sollicciano, Firenze (qui a sinistra). A destra: il logo di Antigone e la copertina del rapporto 2021 sulle carceri italiane. | Il carcere di Genova Marassi. * * Katia Ancona / Next New Media e Antigone / flickr.com Chi non conosce il mondo carcerario da vicino non può comprendere pienamente di quale grande rivoluzione si sia trattato. Al termine della prima ondata di Covid, l’utilizzo delle videochiamate come strumento di comunicazione non è venuto meno. Anzi, si è esteso ad altri ambiti, come, ad esempio - seppur con grandi differenze da un carcere all’altro -, la didattica a distanza. Ci auguriamo che sempre più si possa utilizzare l’accesso al web e le nuove tecnologie per tutte le attività - quali ad esempio l’informazione - che potrebbero avvicinare la vita in carcere a quella del mondo esterno. VITA DENTRO E VITA FUORI Tra i massimi insegnamenti del Consiglio d’Europa ce n’è uno che invita a fare diventare la vita interna alle carceri il più possibile simile a quella nel mondo libero. Questo per avvicinare le persone detenute al contesto nel quale torneranno una volta terminato il tempo di detenzione. Che senso può avere, infatti, recidere i contatti e gli stili di vita che la persona aveva fuori dal carcere? Quando li dovrà riannodare al termine della pena, sarà tutto più tortuoso e faticoso. La reintegrazione sociale, che dovrebbe essere il fine costituzionale della pena, non sarebbe raggiunta con maggiore facilità e pienezza se la vita carceraria fosse improntata a questi criteri? Eppure in molti ambiti della vita penitenziaria si può osservare un grande scollamento dalla vita ordinaria. Il carcere non riesce a proporre alle persone detenute quelle opportunità che possono indirizzare la loro vita verso un duraturo percorso non deviante. Se guardiamo, ad esempio, all’ambito lavorativo, notiamo che al 31 dicembre 2020 i detenuti impegnati in qualche mestiere erano solo 17.937, ovvero il 33,6% del totale. Di questi, la stragrande maggioranza (15.746 persone) lavorava alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, spesso (14.023 persone) per la manutenzione, la pulizia e altre piccole necessità relative alla vita d’istituto. Si tratta di lavori poco qualificati, che difficilmente riescono a " La pandemia ha spinto le istituzioni di molti paesi del mondo a una riflessione sul modello di detenzione e sul suo rinnovamento. Katia Ancona / Next New Media e Antigone / flickr.com Next New Media e Antigone / flickr.com

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