Missioni Consolata - Novembre 2021

di assumere la responsabilità pastorale anche delle tre parrocchie di Barlovento (oggi nella dio- cesi di Guarenas-Guatire). «Avete una parrocchia buona - ha detto - ed è giusto che ne prendiate altre più bisognose, perché povere e senza prete». Fin dall’inizio dell’Istituto, i missionari della Con- solata si erano dedicati all’Africa e, stando in America, il campo più appropriato cui dedicarsi sembrava quello degli indigeni. Inoltre il numero di missionari, piuttosto ridotto, non sembrava poter assicurare una presenza duratura in queste nuove aperture. Ciò nonostante in Venezuela hanno deciso di rispondere positivamente alla proposta del vescovo, anche grazie alle esorta- zioni del superiore generale di allora, padre Giu- seppe Inverardi: «Los Castores e La Puerta sono due parrocchie che hanno permesso il nostro consolidamento e sviluppo in Venezuela, anche attraverso l’aiuto finanziario. Tuttavia, per fedeltà a noi stessi e alle nostre finalità, credo che non possiamo perpetuare la nostra presenza in que- ste parrocchie. [...] Da anni si parla di questa apertura tra gli afroamericani della zona di Bar- lovento. Non può rimanere, tuttavia, una sem- plice prospettiva. È un discorso da concludere il prossimo anno [...]». Presa la decisione, è stato necessario valutare quale delle parrocchie nelle quali eravamo pre- senti avremmo lasciato. La scelta, alla fine, non è caduta su Los Castores o La Puerta, bensì su Zorca, una parrocchia nella regione del Táchira, a 800 km a Sud Ovest, ai confini con la Colombia. Il superiore della delegazione, padre Nelson La- chance, ha scritto ai suoi confratelli per l’occa- sione: «Il 2 settembre 1985, dopo 10 anni di infaticabile attività pastorale, i padri lasciano Zorca, dopo aver ricevuto da tutta la parrocchia ssier Fino al 1854: la schiavitù L a tratta degli schiavi in Venezuela fu un fe- nomeno relativamente contenuto rispetto a altre nazioni come Cuba, Brasile, Colom- bia e Perù. La colonia spagnola del Venezuela era una delle poche che non possedeva metalli preziosi o altri prodotti che avrebbero permesso una prosperità economica immediata, così gli appetiti degli schiavisti furono attirati da altre regioni. I documenti dell’epoca indicano che, alla fine del XVIII secolo, il Venezuela aveva «a malapena» 60mila schiavi, una piccola cifra ri- spetto ai 450mila neri e mulatti liberi residenti allora nel paese. Sfumato il mito dell’«El Dorado», i coloni si dedi- carono all’agricoltura, e lo fecero sfruttando dapprima la manodopera indigena, e poi quella africana. Quest’ultima fu utilizzata nelle pianta- gioni costiere di zucchero, cacao, tabacco e caffè. Il cacao, soprattutto, coltivato nella regione di Barlovento, fu all’origine di un processo relati- vamente rapido di accumulo di capitale e di ric- chezza da parte dei coloni. Lo schiavo era un investimento economico utile alla produzione di una determinata merce da collocare sul mercato internazionale. I diritti del padrone, codificati, recitavano: «I padroni hanno diritto di frustare i loro schiavi, di incate- narli o metterli ai ceppi, ma non di ferirli o di ucciderli. Se la punizione è stata eccessiva al punto di diventare scandalosa, il padrone può essere obbligato a vendere lo schiavo maltrat- tato a una persona meno crudele. E deve ven- derlo al prezzo di acquisto». Il lavoro forzato e le sofferenze indicibili della schiavitù portarono molti uomini e donne alla ribellione e alla fuga. Nel 1721 le autorità calco- lavano che fossero circa 20mila i fuggitivi chia- mati «Cimarrones», nella zona di Caracas. I nomi Cumbo, Cumbito, Maroma, Quilombo, Ro- chelas, Palenque, ricordano ancora oggi quelle ribellioni e i luoghi nei quali avvennero. Durante tutto il tempo della colonia, la Chiesa battezzò e catechizzò gli schiavi. Secondo molti, questo atteggiamento favorì l’istituzione della schiavitù. Secondo altri fu un’opera di misericor- dia per alleviare le loro sofferenze e aiutarli at- traverso la famigliarità e la solidarietà che nascevano dal professare la stessa fede nel- l’unico Dio. Rovesciato il regime coloniale spagnolo, nel 1811 la Giunta suprema di Caracas abolì la tratta degli schiavi, ma non la schiavitù che fu abolita del tutto solo nel 1854. S.F. 36 novembre 2021 MC

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