Missioni Consolata - Novembre 2021

ssier 28 novembre 2021 MC alla vita quotidiana delle persone, rinunciavano al ruolo di maestri. Questo permetteva agli indi- geni di essere soggetti della loro scoperta di Dio e della loro fede, con la loro identità e secondo i paradigmi della loro cultura. Nell’accompagnare il cammino storico dei Wayú, illuminandoli con l’annuncio della buona notizia, la missione diventava pellegrinaggio spirituale verso il Regno. Si trattava di «camminare as- sieme» accompagnando un popolo in atteggia- mento di ascolto, di accoglienza e dialogo. Molti segni, negli anni, hanno indicato che i Gua- jiros camminano verso la propria realizzazione storica. L’impegno e la testimonianza di un pic- colo gruppo di cristiani, uniti alla diffusione di tante comunità ecclesiali, nate dal lavoro dei mis- sionari, sono realtà tangibili. Si tratta di «comu- nità del Vangelo» nelle quali crescono rapporti umani di solidarietà e impegno per la trasforma- zione della realtà alla luce della parola di Dio. S.F. L ’ anima religiosa dei Guajíros si esprime in- nanzitutto in relazione ai defunti che co- stituiscono una presenza importante e, a volte, dominante nella vita delle famiglie. Far celebrare messe per i defunti, rispettare i voti fatti a san Benito da Palermo (un santo nero la cui devozione è stata diffusa dai Cappuccini), battezzare i bambini, guardare la processione che passa, sono alcuni dei modi tramite i quali molta gente esprime la propria fede in Dio. In questo contesto, dal 1976 al 1998, l’opera di evangelizzazione dei missionari della Consolata si è concretizzata, innanzitutto, nell’amicizia e nella vicinanza alla quotidianità delle persone. La testimonianza è diventata annuncio, e l’an- nuncio ha favorito l’acquisizione di valori fonda- mentali come la famiglia, il perdono, il senso della comunità, e la coscienza che Dio è «padre dei viventi». Questo lavoro è avvenuto innanzi- tutto mediante la catechesi nelle decine di scuole del territorio visitate ogni settimana. Nella Guajíra non si può immaginare una cate- chesi «preconfezionata», estranea alla cultura e alle modalità della narrazione, del racconto, del- l’immagine, del gesto. Così i missionari, rimettendo i panni degli studenti, hanno imparato che, invece di parlare di Dio, è più comprensibile per gli indigeni il nome di Maleiwa, il demiurgo mitico che salvò la terra dall’invasione delle acque e modellò gli uomini con il fango. Il demonio è meglio conosciuto come Wanülü, lo spirito del male, che provoca malattie e morte in chi lo incontra, o Yolujá, lo spirito dei morti, altret- tanto pericoloso. E per spiegare agli alunni la somiglianza del- l’uomo con Dio, anziché ricorrere alla filosofia, è più efficace usare uno specchio: la faccia che ve- dono riflessa assomiglia a quella di Dio. Tra il sabato e la domenica, i Missionari della Consolata raggiungevano quasi tutte le cappelle e offrivano alle comunità la celebrazione eucari- stica in un tour de force che, alla fine, lasciava esausti. A volte si celebrava la messa, spesso soltanto la liturgia della Parola. L’importante era valorizzare il momento comunitario in modo che diventasse tempo di salvezza per i partecipanti. I missionari, per comunicare la vicinanza di Dio Un’evangelizzazione inculturata L’opera missionaria nella Guajíra è una sorta di pellegrinaggio nel quale i missionari «camminano assieme» alla gente, accompagnando il popolo in atteggiamento di ascolto, accoglienza e dialogo. Nel rispetto della coscienza dei Guajíros e delle loro tradizioni culturali.

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