Missioni Consolata - Novembre 2021

I primi passi Lo stratega Francesco Babbini, nato nel 1932 a Montepetra di Sogliano Rubicone (Fc), divenne missionario della Consolata nel 1960. Lavorò sei anni in Italia e otto in Spagna nel settore dell’animazione mis- sionaria e vocazionale. Nel 1974 venne destinato come capogruppo in Venezuela. Vulcanico nelle idee e realizzazioni, fu il vero artefice dello svi- luppo dell’Imc nel paese. In pochi anni organizzò il lavoro apostolico dei missionari estendendo la presenza dell’Istituto in tre diocesi. Diede inizio alla missione tra gli indi- geni guajíros, aprì il seminario per giovani vene- zuelani, collaborò all’organizzazione delle Pom del Venezuela e viaggiò molto facendo cono- scere la Consolata in numerose diocesi. Nel 1980, concluso il suo mandato di capo- gruppo, andò a lavorare in Guajíra tra gli indigeni. Lì diede il meglio di sé come apostolo della carità verso tutti, specialmente i più poveri. Lo sostene- vano la sua grande fede, l’amore alla Chiesa e la convinzione che servire il prossimo era amare Gesù in persona. Nel 1982 venne richiamato in Italia per l’anima- zione missionaria, e fu molto attivo in Puglia. Il 19 marzo 1984, morì per infarto cardiaco. Aveva 52 anni. La missione di Guarero, in Guajíra, ha dedicato al suo nome l’oratorio parrocchiale e la strada che porta alla chiesa. S.F. Il primo e lo stratega G iovanni Vespertini, classe 1916, origina- rio di Vedelago (Tv), diventò missiona- rio nel 1942. Nel ’44 fu arruolato come cappellano militare. Alla fine della guerra fu dato per morto e si celebrarono messe in suffragio, ma un giorno riapparve vivo e ve- geto. Alto, magro, pelle bruciata dal sole, intelli- gente e risoluto, dal 1948 al 1958 fu missionario in Mozambico e, successivamente, in Colombia. Alla fine del 1970 andò in Venezuela dove si in- sediò come parroco di La Quebrada, un pae- sotto sulle Ande della diocesi di Trujillo. Vi rimase per 14 anni. Fu sempre esigente con i suoi cristiani perché li voleva tutti d’un pezzo e non ammetteva com- promessi. Nello stesso tempo era spassoso nelle relazioni personali ottenendo una partecipazione «bulgara» alla vita della chiesa. Padre Giovanni non conosceva la paura e non esitò mai di fronte al lavoro che gli veniva richiesto per il bene della gente, e questa lo seguiva volentieri apprez- zando la sua coerenza e il suo amore fatto di gesti concreti, soprattutto verso i poveri. Tornato in Italia per una breve vacanza, morì d’improv- viso il 17 marzo 1984. I missionari lo conside- rano l’iniziatore della loro presenza in Venezuela. A La Quebrada aveva pre- parato la sua tomba che rimase vuota. A distanza di anni i suoi cristiani hanno richiesto il ritorno dei suoi resti mortali, segno che quel missiona- rio è rimasto nel loro cuore. novembre 2021 23

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