Missioni Consolata - Luglio 2015

46 MC LUGLIO 2015 gano i minatori. I diamanti vengono poi venduti ai commercianti all’ingrosso, in particolar modo i li- banesi. Questi, a loro volta, li immettono nel cir- cuito internazionale, vendendoli ai centri di taglio principali (Olanda, Belgio, Thailandia, Israele, Paesi del Golfo, ecc.). Molto spesso chi dovrebbe verificare le condizioni di lavoro e di sfruttamento dei giacimenti viene corrotto. Così i funzionari governativi chiudono gli occhi di fronte all’uso e allo sfruttamento dei bambini. Una parte di questo sistema alimenta anche il contrabbando. Alcuni minatori sottrag- gono i diamanti ai loro capi e li rivendono all’e- stero. È un’impresa rischiosa perché se vengono scoperti sono percossi e, talvolta, rischiano la vita. La guerra non c’è più, ma i diamanti rimangono insanguinati. I l Kimberley process è un sistema di certificazione volto a garantire che i profitti ricavati dai diamanti non fi- nanzino guerre civili. Questo sistema nasce da un cam- mino al quale partecipano numerosi stati, multinazionali e organizzazioni della società civile. Il primo passo è del maggio 2000 quando a Kimberley (Sudafrica) viene orga- nizzata una conferenza per discutere del problematico rapporto tra la produzione di diamanti e le guerre civili nel Sud del Mondo. Nel dicembre dello stesso anno, le Nazioni Unite danno il loro benestare alla creazione di un protocollo che certifi- chi la provenienza dei diamanti affinché questi non va- dano a finanziare conflitti civili. Dopo lunghe trattative per un’intesa tra stati, multinazionali e società civile viene firmato un documento il 4 novembre 2002. Que- sto dà il via a un sistema di certificazione di diamanti grezzi. La regolamentazione è assai complessa ma, in sostanza, affinché i diamanti possano avere la certificazione Kim- berley devono rispettare tre requisiti: 1. i proventi non devono finanziare gruppi ribelli che intendono rove- sciare un governo legittimo; 2. che i diamanti non siano importati o esportati da un paese che non riconosce la certificazione Kimberley; 3. ogni diamante deve essere accompagnato da un certificato che provi la sua prove- nienza. O ggi il Kimberley process ha 49 membri che rappre- sentano il 99,8% della produzione mondiale di dia- manti grezzi. Ne fanno parte anche il World Dia- mond Council , che rappresenta l’industria internazionale dei diamanti, e alcune organizzazioni umanitarie. Negli anni questa certificazione è stata revocata a Re- pubblica Democratica del Congo (2004), Costa d’Avorio (2005) e Repubblica Centrafricana (2013), tutti paesi toc- cati da guerre civili. Il Venezuela se n’è invece distaccato autonomamente a partire dal 2008. Esperti nel settore stimano che i diamanti insanguinati ora rappresentano meno del 1% del commercio interna- zionale di questa pietra preziosa. E rappresenta un grosso traguardo se si confrontano le stime, fino al 15%, del 1990. I l Kimberley process è però stato da più parti criticato. Secondo il quotidiano britannico «The Guardian», sono due i limiti del Kimberley Process. In primo luogo, la certificazione si concentra esclusivamente su estra- zione e distribuzione di diamanti, il che significa che que- stioni più ampie quali lo sfruttamento dei lavoratori, la salute e la sicurezza delle condizioni di lavoro, l’impiego di lavoro minorile e l’equa retribuzione non vengono af- frontate. In secondo luogo, un certificato del Kimberley process non si applica a pietre singole, ma a lotti di dia- manti grezzi che vengono poi spediti in tutto il mondo. La tracciabilità dei singoli diamanti è quindi impossibile. Critiche sono arrivate anche da alcune Ong che riten- gono la certificazione dei diamanti zimbabweani non corretta e non attinente allo spirito di Kimberley, soprat- tutto perché non si sa come verranno impiegati i fondi ri- cavati dalla vendita di quelle pietre preziose. En. Ca. Il Kimberley process DIAMANTI TRACCIATI? © IRIN/ Tommy Trenchard Qui accanto: cercatori di diamanti nei pressi di Koidu, in Sierra Leone. A destra : Rwanda, separazione del tungsteno dalla pietra. Stati, multinazionali e società civile hanno firmato un accordo per certificare l’origine dei diamanti. Affinché sia certo che i proventi non finanzino guerre. Ma molti paesi produttori sono fuori dal processo. E le condizioni di lavoro dei minatori non sono contemplate.

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