Missioni Consolata - Aprile 2015

Per i fedeli indù tutti i fiumi indiani sono avvolti da un alone di sacra- lità: la loro corrente, simbolo del flusso della vita, si rinnova dalla sorgente sino all’oceano, dove in- contra le altre acque, perdendosi in esse. Una metafora ben de- scritta dal poeta e mistico indiano Tulsīdās con queste parole: «Quando confluisce nell’acqua dell’oceano, l’acqua del fiume s’acquieta, come l’anima quando trova il Signore». L’esistenza della corrente del fiume è transitoria, proprio come la vita degli esseri umani, ma è bagnandosi alla sor- gente dei fiumi che l’essere umano trova la sua sorgente spiri- tuale. L’importanza in India dei corsi d’acqua è anche testimo- niata dal fatto che, spesso, un luogo di pellegrinaggio viene defi- nito tīrtha , ovvero «guado» o an- cora tīrtha-yātrā , «guado sacro». Il fiume più venerato è il Gange, che incarna l’energia divina ed è esso stesso divinità, onorato da milioni di indiani, in quanto fonte di vita, non soltanto punto di tran- sito da una città a un’altra, ma an- che canale di interconnessione fra la terra e i cieli. È così importante che gli indiani hanno composto un’ode, il Gangastothra-sata-na- mavali , dove vi sono ben 108 nomi attribuiti al fiume Gange (come dell’esistenza di un devoto, a co- minciare dalle abluzioni del mat- tino sino alle pūjā (offerte di fiori, frutta, foglie, riso, dolci e acqua) alle divinità. Soprattutto nei luoghi considerati sacri, come Varanasi (Benares) e Haridwar, si tocca con mano proprio questa profonda spiritualità, in particolare, se ci si avvicina al Gange. L’acqua metafora della vita Nell’antico testo induista Tait- tirīya-Saṃhitā si legge: «L’acqua è la più grande nutrice ed è quindi come una madre». I fiumi in India sono considerati le dimore degli dei. L’acqua è simbolo di vita, oltre che di purificazione e di guarigione per molti popoli (si pensi, per esempio, all’acqua benedetta della sorgente della Grotta di Lourdes che alimenta le fontane, il cammino dell’acqua e il bacino de- stinato alle piscine). Nel subconti- nente indiano la centralità dell’e- lemento acqua assume risvolti sin- golari ed è oggetto di una devo- zione che probabilmente non ha eguali altrove. viene raccontato dall’ecologista Vandana Shiva nel libro Le guerre dell’acqua ). Nei luoghi sacri lambiti dal Gange si vedono, in particolari momenti della giornata, uomini e donne di ogni età intenti nelle abluzioni. In riva al fiume, sui larghi scalini (chiamati ghāṭ ) di pietra, grazie ai quali si discende nelle acque, si os- serva il fermento devozionale: sfi- late di fedeli compiono il rito della pūjā , con offerte di coloratissimi fiori profumati e lumini accesi. Ba- gnarsi nelle acque del Gange, se- condo gli induisti, permette di ri- muovere tutte le impurità dell’a- nima, generate da azioni non vir- tuose. Immergersi in esso significa essere accolti dalla divinità. Un atto compiuto per rigenerarsi, eli- minando dal proprio karma qual- siasi forma di negatività. Quando la realtà si confonde col mito La devozione che gli induisti nu- trono verso i fiumi si percepisce soprattutto in occasione del Kumbha-melā . Si tratta di un evento che si svolge, secondo pre- cisi cicli astronomici, in quattro di- verse località indiane: Haridwar, Nashik, Ujjain e Allahabad (chia- mata anche Prayag, parola che si- gnifica «confluenza dei due INDIA 54 MC APRILE 2015 # Sotto : folla di fedeli (e venditori) lungo la riva del Gange, ad Haridwar. Pagina seguente : un manifesto elettorale del primo ministro Narendra Modi (Bjp).

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