Missioni Consolata - Aprile 2015

APRILE 2015 MC 25 dra di pallavolo. Mi ripeto che devo cercare di vivere giorno per giorno, perché altrimenti vengo inghiottito dal tempo stesso. Al centro stamattina mi sono do- vuto ancora confrontare (a volte con il groppo in gola) con i bam- bini denutriti. Spesso dietro la malnutrizione si cela un discorso molto più ampio di problemi a li- vello familiare, come quello delle ragazze madri che non sanno ge- stire i figli, o devono ancora an- dare a scuola, o quello dei figli nati da violenze. C’è un bambino, tra i più gravi, che lotta tra la vita e la morte, ri- coperto di piaghe. Anche se man- gia, queste non guariscono. La madre ha una faccia talmente rassegnata che potrebbe pren- dere da un momento all’altro e andarsene. Oggi sono andato anche in car- cere. Bè, non che mi abbiano ar- restato… per adesso. Ogni due settimane viene portato un pa- sto, un pezzo di sapone e la cele- brazione della messa. La prigione è un capannone che non ha fine- stre, ma solo qualche feritoia per la luce. Dentro questo unico spa- zio ci sono circa cinquanta per- sone con una quindicina di letti in legno, stretti come delle cuc- cette, e sparpagliati per la stanza che è anche sala da pranzo, gabi- netto e quant’altro. In questi giorni ho letto il «Diario» di Etty Hillesum, ebrea deportata nei campi di concentramento, bè, quando sono entrato nella pri- gione mi è sembrato di essere fi- nito in un lager. Dopo la messa abbiamo distribuito il pasto. Non nascondo di essermi messo vicino alla porta, pronto a scappare in caso di necessità! 24 settembre Mentre sono perso nei miei pen- sieri sulla lontananza da casa, ar- rivo al centro e vengo investito da un dolore a cui non sono prepa- rato: sono grida di disperazione. Vedo la mamma del bimbo con le piaghe inginocchiata fuori dalla cameretta. Grida diverse parole. Ne riconosco una: Nzambe (Dio). Non ero pronto alla vita di questo posto, figuriamoci alla morte. È impossibile trattenere la com- mozione: vedo il padre sul letto del figlio, in lacrime, mentre la madre raccoglie le poche cose che ha con sé (qualche scodella, tazza e lenzuolino). La preghiera insieme davanti al corpicino del bimbo. Vedo il padre che gli soc- chiude le palpebre e gli mette sul viso un piccolo panno bianco, e poi esce dal cancello con il corpo del figlio avvolto in un panno e fissato al petto. Per tornare a casa, con quel figlio come in grembo, devono fare 25 Km a piedi. Non immagino la lunga agonia del viaggio di ritorno. Ho potuto «solo» pregare, non sapevo fare altro. Questa è stata una mattina di pioggia a Gajen, pioggia dal cielo e dagli occhi. Eppure in questo strano equilibrio in cui vita e morte danzano follemente, un’ora dopo, tutto era tornato normale: di nuovo al lavoro per preparare il cibo ad altri bambini. Mi sono confrontato con un mi- stero troppo grande e non so se mai lo comprenderò. MC ARTICOLI # A sinistra : Tommaso in un incontro «giocoso» con donne intente alla pu- lizia dei tuberi di manioca. Pagine seguenti : al Gajen i bambini condividono un pasto di pezzi di canna da zucchero e un piatto di fo- glie di manioca cotte nell’olio di palma. a giocare, e abbiamo fatto una partita tiratissima, a dei ritmi da matti. Modestamente si sono complimentati con me, ma ora sono a pezzi. Mi hanno chiesto di tornare anche domani. Se non imparo in fretta a dire no, non so- pravvivo più di un mese. La cosa che mi ha colpito di più oggi sono stati i bambini malnu- triti. Dovete sapere che la denu- trizione si manifesta con un’ec- cessiva magrezza, oppure con pance e piedi gonfi e capelli sbia- diti. Ma ciò che mi fa più impres- sione sono quegli occhi grandi, spenti e profondamente vuoti. Questi bambini, che sarebbero per eccellenza l’esuberanza e la vitalità, appaiono come prosciu- gati, e si trascinano in giro come se anche la vita pesasse su di loro. Quello sguardo che non rea- gisce a sorrisi, pernacchie, scherzi e smorfie, è difficile da mandare giù. Credo che mi dovrò «abi- tuare», ma non credo che l’abitu- dine toglierà il senso di angoscia e impotenza, e quella domanda: come può succedere questo men- tre c’è tanta ricchezza e spreco nel nostro mondo? 23 settembre Il mio servizio di questi mesi lo svolgerò la mattina al centro nu- trizionale di Gajen. Per la comu- nità invece curerò l’orto. Poi, per lo «svago», farò parte della squa-

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