Missioni Consolata - Aprile 2015

22 MC APRILE 2015 scono Gesù; la missione e i suoi profeti riorientano la nostra azione; la città e le sue risorse in- terpellano la nostra animazione; il perdono ricevuto e la benevo- lenza divina ci aiutano a trovare il volto amabile del mondo. Da qui possiamo eventualmente ripen- sare la nostra responsabilità per la missione ed evangelizzazione. Ogni giorno che passa mi con- vinco sempre di più che il nostro mondo ecclesiale e missionario con i suoi schemi sta finendo. O forse è già finito. È vero: alcune nostre proposte non passano o non sono mai passate, e forse sa- rebbe opportuno rifarle; ma forse hanno fallito anche perché sono esattamente sulla lunghezza d’onda (tipo l’ossessione per l’i- dentità, la collocazione, il ruolo, lo specifico…) di quelle realtà che ci tengono ai margini. Occorre ri- schiare strade nuove. All’inizio sarà inevitabile sbagliare e anche trovarsi un po’ confusi, ma quale sorpresa poi cominciare a intra- vedere ciò che davvero appare nuovo. Credo che il convegno ab- bia tentato di mettere le pre- messe per fare spazio e incorag- giato la creatività nel cercare e in- ventare strade nuove nella mis- sione. G) Ninive è la novità di Dio Il convegno ha suscitato in noi al- meno l’interesse per Ninive. La- sciando allora che la città ci cambi con le sue domande e inquietu- dini, disagi e ferite. Se posso es- sere anche più esplicito: dob- biamo decentrarci perché ci deve stare a cuore Ninive (anche se non ne vogliamo proprio sapere)! Perché i cambiamenti delle no- stre comunità, dei gruppi, asso- ciazioni e istituti, avverranno solo dopo aver raccontato quali segni di grazia vediamo in Ninive e sul territorio e che cosa o chi in- fiamma il nostro cuore di nuova comprensione dell’evangelo e di rinnovata responsabilità missio- naria. Perché se di segni non ne vediamo e di fiamme in cuore non ne abbiamo, avremmo dav- vero un grande problema. A quel punto neppure la migliore delle riforme strutturali ci servirebbe granché. Perché Dio ci sta parlando nella «novità» di Ninive. E la novità ci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicu- rezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio. Forse non come Giona, ma spesso anche noi Dio lo se- guiamo, lo accogliamo, ma fino a un certo punto; ci è difficile ab- bandonarci a Lui con piena fidu- cia, lasciando che sia lo Spirito verso e meglio della nostra ani- mazione. Per non correre il ri- schio di parlarci addosso. Per una volta dimentichiamoci un po’ di noi e chiediamoci che cosa ci dona la città (Ninive, la periferia) e di che cosa ha bisogno. Saremo allora capaci di vedere tracce e odorare profumi di Vangelo in- torno a noi e anche lontano da noi, ma certo fuori di noi. Poi ve- dremo cosa possiamo fare e cosa cambiare. Se siamo autoreferen- ziali, non si esce davvero. Se in- vece ci confrontiamo con qual- cosa di veramente altro, allora forse cominciamo a cambiare. F) Evangelizzati dai poveri «I poveri sono i compagni di viag- gio di una Chiesa in uscita, perché sono i primi che essa incontra. I poveri sono anche i vostri evan- gelizzatori, perché vi indicano quelle periferie dove il Vangelo deve essere ancora proclamato e vissuto» (dal messaggio di Papa Francesco ai partecipanti al con- vegno, 22/11/14). Per stare al convegno e alle sue relazioni: Ninive e Dio convertono Giona; i poveri e lo Spirito istrui- ITALIA © AfMC/ Chiara Giovetti

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