Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014

continuo lavoro congiunto tra Italia e Africa. Il fatto di voler poi rientrare nella terra africana, non era contemplato e compreso dai funzionari lo- cali. A quel punto, rassegnata a partorire sola e a partire per l’Africa con un neonato, ricontattai l’ambasciata italiana per chiedere il riconosci- mento della bimba da parte del padre». Finalmente insieme con Wendkuni «Dopo mille peripezie e ostacoli, una voce amica dall’ambasciata mi annunciò che, vista la situa- zione, avrebbero concesso finalmente il passa- porto a Didier. Ma la trepidazione non era ancora terminata. Didier non raggiunse l’Italia ma ri- mase bloccato in Belgio dove venne sottoposto a ulteriori accertamenti. Appena riuscì a chia- marmi, dopo un atterraggio nel cuore della notte a Milano, iniziarono le prime contrazioni e, sette ore dopo, a Torino, nacque Ilesdor. È stata l’avventura più incredibile della mia vita. Ilesdor è un nome inventato. Opera del padre, il giorno in cui gli comunicai di essere incinta: signi- fica “lui è d’oro” ( Il est d’or ) anche se in realtà avrebbe dovuto essere elle , ma suonava meglio il . E proprio per la sua voglia di venire al mondo e le circostanze così particolari in cui ha fatto capo- lino nel mio utero si chiama anche: Wendkuni , dono di Dio in moorè». Condividere la vita, tra pregiudizi e differenze culturali... «Nel cosiddetto occidente, non si sono abbattuti su di noi i pregiudizi sociali. Abbiamo trovato ovunque accoglienza e simpatia, curiosità e af- fetto. Li abbiamo però vissuti negli ostacoli buro- cratici, nella lontananza forzata, nella nostra for- sennata ricerca per “ritrovarci” e vivere insieme. In tutto questo cammino di avvicinamento ho sen- tito forte, da parte delle autorità, il preconcetto di un occidente “formato eden” e “dell’uomo nero” che tenta di fuggire dalla sua povera e arretrata terra. La nostra è una storia nata nell’avventura e che oggi si ritrova a condividere il quotidiano. Come per tutte le coppie, le differenze possono creare delle difficoltà. Nel nostro caso vale la dico- tomia: a lui l’aspetto relazionale, a me quello orga- nizzativo. In fondo al cuore sento che sono picco- lezze superabili e che l’autenticità è la caratteri- stica portante della nostra unione». Un futuro di madre e professionista in Africa «Essere madre in Africa mi allarga il cuore, per- ché l’Africa è “mamma Africa”. Le immagini si so- vrappongono ed è come se la natura avesse real- mente connotati di femminile, accogliente ed ac- cudente, questa terra. Ovviamente i servizi per l’infanzia di cui lamentiamo la penuria in Italia, lì non esistono proprio ma ci sono le persone che rendono (quasi) superflui questi servizi. Una serie di zie e di nonne locali (vere e acquisite) potrà aiu- tarmi con la piccola mentre cercherò di realizzare un progetto multidisciplinare di arteterapia con altri professionisti e sarò il braccio destro di Di- dier nella costruzione della sua futura fattoria. Fortificata dalla nostra relazione e dall’amore per Ilesdor so che combatterò con una grande forza interiore per poter tradurre in realizzazioni tutti quei desideri celati nei nostri cuori». Gabriella Mancini © Gigi Anataloni

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