Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

40 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 OSSIER G iulia, sei anni, è uno scricciolo dai ca- pelli ispidi e indomabili. Alice una far- falla inafferrabile. Per fortuna abbiamo tanti animali in giardino e lei si perde a cercarli come la sua omonima nel paese delle meraviglie. E mentre la più piccola, felice di aver finalmente trovato qualcuno da chiamare mamma, non mi molla un attimo, nep- pure quando vado in bagno, Alice si ambienta a modo suo nella nuova casa e nella nuova famiglia, sparendo alla vista. Arrivano da noi a luglio, il giorno dell’anniversario del nostro matrimonio: strana coincidenza! Hanno alle spalle quattro anni di comunità, due tentativi di rientro a casa, falliti. Si portano dentro un indicibile desiderio di mamma, di famiglia, di normalità. Il primo giorno è tutto un chiamare: «Mamma, mamma». Le blocco: «No bimbe, voi avete una mamma. Se volete chiamarmi, va bene Lucia op- pure mamma Lucia». Ma non funziona: «Troppo lungo, cosa penseranno gli altri bambini se ti chiamiamo solo Lucia?». Dieci secondi ed è già un vociare forte cosicché tutti pos- sano sentire che ora la mamma l’hanno anche loro. Quella vera, in realtà, c’è ma... non c’è. Quando la incontrano, sarebbe meglio non ci fosse. Ogni volta la delusione è grande! Se non c’è, però, manca troppo e bisogna andarla a incontrare, vedere co- m’è, sperare che sia migliore. Ogni volta, ogni quin- dici giorni. Il resto del tempo lo trascorriamo a ri- cucire brandelli di speranze tradite, di disincanto. Ma hanno solo 6 e 8 anni. E così trascorrono i giorni, i mesi, gli anni. Quanti giorni ci sono in tre- dici anni di affido? Molti di più di 4.375! Di certo io, mamma affidataria, sono invecchiata, cresciuta, cambiata completamente... Mi guardo indietro e ri- cordo fatica, tanta, troppa... Poi guardo le donne che le due sono ora diventate e intravedo miracoli accaduti piano piano, senza che ne cogliessimo l’in- cipit e la magnificenza. ELISA Quando le bimbe arrivano da noi, in casa c’è già Elisa da quattro anni. Lei è in piena confusione preadole- scenziale e vive nel suo mondo. Dolcissima alla vista, nasconde una rabbia incredibile sotto quell’appa- renza di acqua cheta da laghetto montano. In realtà c’è un vulcano lì sotto che dà spettacolo di sé nei mo- menti meno opportuni, quando c’è un po’ di pubblico. Elisa ha una storia di abbandono e violenza che la- scia emergere col contagocce perché aprirsi sarebbe vedere troppo dolore e soccombere. Il suo amore non ricevuto da piccola la porta ad amare chi è più in difficoltà e proprio in quei periodi bui delle medie, in cui tutto va come non vorresti che andasse, durante i campi estivi dei centri salesiani, lei è la prima a occuparsi dei ragazzi in difficoltà, di chi è limitato nel movimento, nell’apprendere e nel giocare. Noi andiamo a trovarla l’ultimo giorno e ce ne rendiamo subito conto: ci sono tutti, 150 ragazzi, ma lei no. Dove si sarà cacciata? Poi la vediamo arri- vare da un lato, con i suoi 13 anni spinge sul terreno accidentato di montagna la carrozzina dell’amico dis- abile che ha conosciuto pochi giorni prima. Gli occhi le si illuminano quando ci vede, ma si contiene, presa com’è dal suo ruolo di crocerossina. Se prima non sapevamo assolutamente che indirizzo consigliarle per la scuola superiore, ora è chiaris- simo: una scuola a indirizzo sociale. Abbiamo la con- ferma che è stata la scelta giusta anni dopo, quando ci chiede di comprarle la divisa da barelliera e sale sul treno dei malati che partono per Lourdes. La vedo indossare collant e velo, in quei giorni soffocanti di fine luglio, e stento a comprendere come il deside- rio di avere cura di qualcuno, quella stessa cura che a lei è mancata, possa essere talmente grande che… non c’è caldo che tenga. Quando Giulia e Alice invadono la casa e le nostre vite, Elisa diventa la mammina dolcissima che sa ar- rivare dove noi non riusciamo: un abbraccio, una ca- rezza, il correre a vedere dove sono e di cosa si INCONTRI IL PREZZO PER QUALCOSA DI GRANDE DI G. L. Tredici anni di affidamenti raccontati con passione. Nonostante fatiche e inadem- pienze, non si è mai perso di vista l’obiettivo: dare una famiglia ai minori che non ce l’hanno. Per un unico scopo: proiettarli in un futuro migliore.

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