Missioni Consolata - Ottobre 2010

coloniali deboli, basati sul con- senso delle élites urbane, che di conseguenza investono le poche risorse che hanno nello sviluppo urbano e quasi nulla in quello rurale. Credo che sia difficile spiegare in altro modo ad esem- pio perché dopo 50 anni dall’in- dipendenza l’analfabetismo nelle zone rurali sia ancora sull’ordine del 90%. - Il pesante controllo dello stato sulle filiere agricole principali negli anni ’60 e ’70 che ha con- tribuito all’estrazione di surplus dalle campagne (attraverso poli- tiche dei prezzi e dei tassi di cambio sfavorevoli ai contadini) per reinvestirlo nelle zone ur- bane, ma che al contempo ha depresso ogni possibilità di svi- luppo di una domanda interna dalle zone rurali. - Negli anni ’80 e ’90 lo smantel- lamento dell’intervento statale nell’agricoltura che ha lasciato i contadini nelle mani dei com- mercianti e degli usurai; e inol- tre le politiche commerciali libe- riste che hanno ostacolato lo svi- luppo della produzione e della trasformazione locale benefi- ciando l’importazione di prodotti non lavorati a basso costo. Il risultato di questi 50 anni di cattivo sviluppo nel continente africano è il dualismo sociale ed economico tra le città (e alcune ad esempio alle rimesse dei mi- granti africani nel mondo verso il continente (40 miliardi di dollari all’anno) o all’aiuto internazio- nale allo sviluppo (22,5 miliardi di dollari per l’Africa subsaha- riana). Produrre per questo mercato in- terno può significare moltissimo per i contadini africani, per le economie nazionali e per gli equilibri politici del continente. Per i contadini può voler dire au- mentare i propri redditi e il pro- prio tenore di vita. Per le econo- mie nazionali significa la possi- bilità di sviluppare una propria industria, che venda sul mercato interno grazie alla creazione di potere d’acquisto e di una nuova domanda per beni di consumo e servizi alla produzione nelle zone rurali. Per gli equilibri poli- tici può significare maggior peso dei contadini e degli abitanti ru- rali nell’orientamento delle poli- tiche nazionali, che sono sempre state orientate verso le città. CITTÀ VERSO CAMPAGNE Fino ad oggi, in Africa, questo processo di crescita dell’econo- mia nazionale guidato dallo svi- luppo del settore agricolo non è stato possibile per vari motivi, tra i quali: - in generale il contesto politico africano che vede governi post isole di agricoltura moderniz- zata, soprattutto per l’esporta- zione) integrate nel mercato mondiale e l’agricoltura di sussi- stenza o di semisussistenza (che occupa l’80% della popolazione in molti paesi), esclusa dal mer- cato e marginalizzata anche da un punto di vista sociale e poli- tico. UNA CHANCE PER IL CAMBIAMENTO Oggi però l’Africa ha forse per la prima volta nella sua storia la possibilità di cambiare questo stato di cose e, cosa importante da sottolineare, questa occa- sione cambierà in ogni caso la storia del continente. In che di- rezione dipende da come la si coglierà. Un processo simile di trasforma- zione dell’agricoltura e di cre- scita nazionale sostenuta dalla crescita nel settore agricolo è iniziato in Europa a partire dal XVIII secolo, in Asia e America Latina dal XIX-XX secolo. Il pas- saggio dalla produzione agricola per l’autoconsumo alla produ- zione per il mercato e la succes- siva industrializzazione (resa OTTOBRE 2010 MC 77 MC ARTICOLI # Pagina a fianco: Maúa (Mozambico), una donna dissoda la terra per preparare il campo alla semina. # Sopra: Karusi (Burundi), bicicletta utilizzata per il trasporto delle banane, prodotto importante del paese. # A destra: regione di Zinder (Niger): contadino innaffia piante di manioca, in un clima semiarido e ostile.

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