Missioni Consolata - Ottobre 2010

OTTOBRE 2010 MC 75 MC ARTICOLI di distanza, seconda città per im- portanza del paese e centro am- ministrativo della regione Oro- mia, lungo tutta la strada sono sorti diversi poli industriali con medie e piccole industrie. In que- sto sviluppo la Cina è presente in modo massiccio». E continua: «A 60 km da Addis Abeba verso Sud, tra la città di Dukam e Debre Zeit stanno aprendo un complesso in- dustriale prettamente cinese. I cartelloni di questi centri sono scritti in cinese e inglese. Inter- net e la telefonia è un monopolio statale cioè sotto l’influenza dei cinesi. Molti contratti delle co- struzioni delle strade sono in mano ai cinesi con una forte pre- senza di personale che proviene dalla Cina. Inoltre, quasi tutti parlano solo mandarino e non sanno altre lingue». Esiste un rapporto storico tra Cina ed Etiopia nato durante i movimenti di liberazione, ora di- ventati partiti politici: «Il primo ministro etiope Meles Zenawi è filo cinese come lo è anche il presidente eritreo Isaias Af- werki» dice un esperto dell’area. TERRA! TERRA! Oltre le risorse naturali «classi- che» (petrolio, minerali, le- gname) e alla risorsa «forza la- voro», la nuova frontiera delle ricchezze africane da sfruttare è la produzione di generi alimen- tari, o più semplicemente la terra coltivabile. Con lo sviluppo 1 - Focac, Forum per la cooperazione tra Cina e Africa, sito ufficiale in cinese, inglese, francese www.focac.org/eng. 2 - Si veda il dossier «Giallo in Africa» su MC, dicembre 2007. 3 - Forum India-Africa, sito ufficiale, http://mea.gov.in/in- diaafricasummit/; sul sito dell’Unione Africana. 4 - Focac, verifica dei risultati ottenuti tra il 2006 e il 2009. 5 - A. Y. Baah, H. Jauch, Chinese investments in Africa: a la- bour perspective , African Labour Research Network, maggio 2009. 6 - Wang, Chinese TNCs , China Economic Publishing House, 2007. 7 - A. Y. Baah, H. Jauch, op. cit. , pag. 20. 8 - A. Y. Baah, H. Jauch, op. cit. , pag. 36. 9 - «Mise en œuvre du suivi du Sommet de Beijing du Forum sur la Coopération sino-africaine» documento sui risultati del piano di cooperazione 2006-2009, Focac (www.focac.org ). 10 - International Labour Organisation (Ilo), agenzia delle Nazioni Unite che si occupa del lavoro, basata a Ginevra, www.ilo.org . 11 - A. Y. Baah, H. Jauch, op. cit. 12 - Il fenomeno chiamato tecnicamente dumping , quando il mercato locale è invaso di merce a costi bassi, e le imprese nazionali non sono competitive a causa dei loro costi di produzione e sono quindi costrette a chiudere o ridurre il personale. 13 - John Vidal, Mail & Guardian , Sudafrica, 7 marzo 2010. 14 - Katie Allen, The Guradian , Gran Bretagna, lunedì 16 ago- sto 2010. Si tratta di una superficie pari a due terzi quella complessiva dell’Italia. 15 - www.landcoalition.org , www.grain.org, www.iied.org . NOTE industriale dell’Asia i flussi di ce- reali (riso in particolare) a livello mondiale sono cambiati. Così in molti paesi africani sono venuti a mancare riso e cereali a basso costo (che sfavorivano la produzione locale, si veda l’arti- colo «L’agricoltura può salvare l’Africa?») e i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati, creando anche tumulti di piazza. Si parlò di crisi mondiale dell’ali- mentazione (2008). La Fao nel 2009 ha lanciato un allarme sulla sicurezza alimentare mon- diale, dichiarando che oltre un miliardo di persone non riesca a sfamarsi. Così, da alcuni anni, è iniziata la corsa per accaparrarsi la risorsa «terra» in Africa. Il fenomeno è noto con il termine inglese land grabbing , ovvero «appropriazione di terra». Paesi della penisola arabica (Arabia Saudita in testa), Europa e ovvia- mente Asia, fanno a gara per comprare, oppure ottenere in af- fitto a prezzi simbolici (un dol- laro all’ettaro all’anno) milioni di ettari di terra sul continente afri- cano. Ettari che servono non solo per produrre cereali, ma anche cotone (per alimentare il tessile cinese), biocarburanti e talvolta fiori. Tutte produzioni da esportare nei mercati interni de- gli stati investitori. I paesi africani coinvolti alla ven- dita di terra coltivabile sono una ventina. Ma le superfici in gioco sono allarmanti. Sudan, Egitto, Etiopia e Kenya hanno venduto (o affittati) centinaia di migliaia di ettari ai paesi arabi (13) . Dati della Fao e di altri analisti riportano che 20 milioni di ettari di terra coltivabile in Africa sarebbero stati negoziati per vendita o af- fitto in sei mesi lo scorso anno (14) . La Cina ha firmato un contratto con la Repubblica democratica del Congo per la coltivazione di 2,8 milioni di ettari a palma da olio e biocarburanti. In Madagascar la Daewoo sud coreana ha tentato il colpo con 1,2 milioni di ettari, ma non vi è riuscita (vedi articolo sul Mada- gascar di questo numero). Anche le aziende indiane, con il solito metodo dei prestiti gover- nativi, stanno comprando o affit- tando centinaia di migliaia di et- tari in Etiopia, Kenya, Madaga- scar, Mozambico, Senegal, per coltivare riso, canna da zucchero, mais e lenticchie. Il tutto per sfa- mare i propri cittadini. Organizzazioni con l’ International Land coalition , il Grain e l’ Istituto internazionale per l’ambiente e lo sviluppo (15) , suonano il campa- nello d’allarme, ma non sem- brano essere molto ascoltati. C’è chi vede, nel land grabbing , un nuovo modello di colonialismo che sta ridisegnando le relazioni tra Africa e resto del mondo, ricco o emergente che sia. Marco Bello

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