Missioni Consolata - Ottobre 2010

per la lotta alla malaria, oltre che la fornitura di farmaci). E anche l’invio di personale sanita- rio (1.200 équipe mediche in 42 paesi) (9) . Personale che non parla mai le lingue ufficiali, e pur avvalendosi di traduttori, pre- senta il grande difetto della bar- riera di comunicazione. In Bu- rundi, ad esempio, circolano una varietà di barzellette sul pa- ziente che va dal medico cinese. Come nelle più tradizionali co- operazioni, importante è allevare filo-cinesi nelle classi dirigenti: nel 2009 erano 4.000 gli studenti africani a beneficiare di una borsa di studio in Cina. CONTRATTI GLOBALI E ZONE ECONOMICHE SPECIALI Lo strumento bilaterale più usato sono i cosiddetti «contratti globali», pacchetti complessivi di valori multimiliardari che preve- dono investimenti, aiuti, com- mercio in cambio di concessioni per lo sfruttamento di materie prime (si veda ad esempio l’arti- colo sulla RD Congo in questa monografia). Un altro strumento importante sono le «Zone di cooperazione economica e commerciale», specie di zone franche dove tutto o quasi è permesso. Ce ne sono attualmente 6 realizzate dalla africano di petrolio per il gigante asiatico (10,9 miliardi nel 2008), segue il Sudafrica (4 miliardi), Congo-Brazzaville (ancora pe- trolio 2,8 miliardi). Da segnalare che il Sudafrica è anche l’unico paese africano che fa investimenti significativi diretti in Cina (8) . Investe nei settori mi- nerario e finanziario, ma anche nella produzione della birra. Per favorire, almeno formal- mente, l’ingresso di manufatti africani in Cina, questa, negli ul- timi tre anni, ha tolto i dazi doga- nali su 478 categorie di prodotti dal continente. Il volume di scambi commerciali è cresciuto rapidamente tra il 2007 e il 2008, arrivando a 106 miliardi di dollari (l’obiettivo dei dirigenti cinesi nel 2006 era di superare i 100 miliardi nel 2010). Nel 2009 si riscontra una dimi- nuzione significativa, dovuta alla crisi mondiale, -28% nel primo periodo). AIUTI E TUTTO IL RESTO La terza grande sfera di scambio è costituita dagli «aiuti umani- tari» o cooperazione allo svi- luppo e culturale. Possiamo qui includere la riduzione o cancel- lazione del debito di diversi paesi. Ma soprattutto l’attiva- zione di prestiti a interessi prefe- renziali e doni per specifici pro- getti di sviluppo, che però non sempre, in realtà sono a carat- tere umanitario. E poi la costruzione di infrastrut- ture «sociali» come scuole (96 negli ultimi tre anni) e in campo sanitario (28 ospedali e 30 centri Cina (Zambia, Mauritius, Nigeria, Egitto, Etiopia). Metodi comuni alle tigri. Anche Singapore, con la multinazionale Olam (oleaginosi), ha iniziato il 1 agosto 2010 la costruzione di una «Zona economia speciale» a Nkok. Uno spazio di 1.146 ettari, di cui il 40% sarà consacrato al- l’industria del legno, altra mate- ria prima largamente importata dai paesi asiatici. La stessa Olam insieme alla connazionale Wil- mar, si è aggiudicata partecipa- zioni tali da controllare la produ- zione dell’olio di palma in Costa d’Avorio. E sul terreno sono i ci- nesi a dirigere e ad imporre ritmi, efficienza e salari cinesi. RISORSA «FORZA LAVORO» Le imprese del dragone in Africa utilizzano un grande numero di manodopera cinese. Questo è anche un modo per dare sbocco alla disoccupazione che si sta creando in Cina. E si tratta non solo dei dirigenti, ma spesso anche della forza la- voro meno qualificata. In Angola si contano oltre 25.000 lavoratori cinesi solo nel settore delle co- struzioni. Situazione simile a molti altri stati africani (Nami- bia, Sudan, ecc.). In altri casi le imprese cinesi impiegano anche manodopera africana, ma, de- OTTOBRE 2010 MC 73 MC ARTICOLI # A fianco: Muratori cinesi impiegati nella costruzione di case, in Angola. # A fianco in basso: Angola, cantiere stradale gestito da cinesi. # Port Said (Egitto). Una donna musulmana lavora per la fabbrica Nile Textile Group, di proprietà cinese. Grazie al lavoro a basso costo, incentivi del governo cinese ed export senza limiti, diventa conveniente aprire manufatturiere in Africa.

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