Missioni Consolata - Ottobre 2010

prensione reciproca fra i popoli della Cina, dell’Asia e dell'Africa. Finché il celeste impero adottò la politica della porta chiusa, provo- cando il crollo della sua potenza marittima; e nel 1525 fu dato l’or- dine di distruggere ogni vascello oceanico e proibito sotto pena di morte ogni commercio marittimo. PERIODO DELLA SCHIAVITÙ Nel frattempo i legami tra Asia e Africa proseguirono grazie alle nuove rotte aperte dalle potenze europee nell’Oceano Indiano. Cominciarono i portoghesi con insediamenti commerciali e co- loniali in Mozambico e India; se- guirono gli olandesi, con la Com- pagnia delle Indie Orientali ( Ve- renigde Oost-indische Compa- gnie , VOC), che stabilirono sedi commerciali tra le coste indiane del Malabar e l’arcipelago indo- nesiano. Per rifornire le loro navi, nel 1652 gli olandesi fonda- rono una colonia a Capo di Buona Speranza, ben presto se- guiti da altri immigrati. Iniziava così la colonizzazione dell’at- tuale Sudafrica. Per quasi 150 anni, la VOC vi importò schiavi dall’India, Ceylon, Malaysia e In- donesia per sopperire alla cro- nica carenza di manodopera nel duro lavoro delle fattorie agri- cole e servizi vari. Le ricerche storiche degli ultimi 30 anni smontano molti miti e pregiudizi inculcati ai sudafricani nei testi scolastici durante l’ a- partheid , come la benevolenza con cui furono trattati gli schiavi asiatici e la loro scarsa impor- tanza nell’economia coloniale. È vero che, nei primi decenni, al- cune schiave impiegate come domestiche, furono relativa- mente fortunate, qualcuna fu perfino sposata dai coloni bian- chi (boeri), ma tutti gli schiavi della colonia del Capo vissero in condizioni miserabili, trattati con la stessa crudeltà usata verso gli schiavi africani. All’inizio del XVIII secolo il loro numero era superiore a quello dei coloni bianchi ed ebbero un ruolo im- portante nello sviluppo agricolo della colonia. I discendenti degli schiavi asia- tici, perduta l’identità dei rispet- tivi luoghi di origine, vennero tutti identificati come «malesi del Capo», un gruppo etnico che ancora oggi conta circa 166 mila persone e si caratterizza sia per la pratica della religione isla- mica che per le numerose tradi- zioni culturali in fatto di cibi, abi- tazioni, musica. «DIASPORA» INDIANA Abolita la schiavitù in tutto l’im- pero britannico (1833), per fare funzionare le fattorie nelle colo- nie africane, gli inglesi comincia- rono a importare manodopera a contratto, reclutata soprattutto nelle regioni più povere dell’India. Cominciava così la «diaspora in- diana». Milioni di « coolies » fu- rono inviati nell’Africa Orientale: in Sudafrica e Mauritius per la- vorare nelle piantagioni di canna da zucchero e sisal; in Kenya, Uganda e Tanzania per costruire strade e ferrovie (vedi riquadro). Il contratto durava 5 anni, pro- metteva paghe e condizioni de- centi, viaggio di ritorno gratuito a chi rimaneva sul lavoro altri 5 anni; ma in pratica tale contratto si tradusse in un «nuovo sistema di schiavitù» (Henry Polak). Gli indiani impiegati nelle pianta- gioni del Natal, per esempio, la- voravano dal sorgere al tra- monto del sole, domenica com- presa, le baracche erano sovraf- follate, il vitto scarso e veniva di- minuito con i più futili pretesti, insieme al magro salario; «giu- stizia» arbitraria consisteva spesso in multe e frustate. Nonostante tali trattamenti, già nel 1886 nella colonia del Natal vi erano più indiani «liberi» di quelli vincolati al contratto; nel 1911, anno in cui tale sistema fu abolito, solo il 23% degli indiani era tornato in patria; i rimasti si erano messi in proprio, e con 66 MC OTTOBRE 2010 INDIA-SUDAFRICA # Il premier indiano Manmohan Singh, parla ai capi di stato e di governo di 14 paesi africani presenti al primo Vertice del Forum India- Africa (New Delhi 8-4-2008). # Monumento a Mohandas Karamchand Gandhi nella città di Pietermaritzburg. # Indiani impiegati nella costruzione della ferrovia Mombasa-Kampala, in una foto scattata dai primi missionari della Consolata in Kenya.

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