Missioni Consolata - Ottobre 2010

successo, come agricoltori o commercianti. Intanto la diaspora continuava. Altri indiani, detti «liberi passeg- geri», cioè senza contratto e pa- gandosi il viaggio, provenienti soprattutto dal Gujarat, arriva- rono in Sudafrica e aprirono ne- gozi e botteghe di rivendita al dettaglio molto più a buon mer- cato di quelle dei bianchi; segui- rono poi maestri, ragionieri, av- vocati e professionisti vari. GANDHI: SFIDA AL RAZZISMO Le attività commerciali e profes- sionali degli indiani facevano concorrenza ai bianchi. L’ammi- nistrazione coloniale cercò di fre- narle in tutti i modi, con leggi discriminatorie e umilianti, come la restrizione di movimenti e dei diritti di proprietà, la proibizione di entrare in luoghi pubblici (par- chi, negozi, bar, ristoranti...) ri- servati ai bianchi e di camminare sui marciapiedi delle città: umi- liazioni sperimentate dallo stesso Gandhi, quando, chiamato in Sudafrica nel 1893 per risol- vere un contenzioso tra due com- pagnie indiane, fu imprigionato per essersi rifiutato di scendere dal marciapiede. Finita la causa, invece di tornare a casa, si fermò per convincere il governo coloniale a rispettare una legge del 1858, in cui la re- gina Vittoria aveva promesso agli indiani uguaglianza con tutti gli altri sudditi dell’impero. Per oltre 20 anni egli organizzò i suoi con- nazionali nella lotta contro le po- litiche razziste, attuando e col- laudando la sua satyagraha, non- violenza o resistenza passiva. Quando Gandhi lasciò il Suda- frica, nel 1914, le restrizioni con- tro gli indiani erano ancora quasi tutte in vigore; rimaneva però il seme gettato per le future gene- razioni di indiani e neri: combat- tere discriminazioni e ingiustizie senza paura della prigione e della tortura. Con l’inasprimento e imple- mentazione delle leggi dell’ a- partheid, la comunità indiana fece fronte comune con i neri nelle varie campagne contro il regime razzista, fino a promul- gare insieme la Freedom Chart Q uando nel 1896 comin- ciarono la costruzione dei 1.000 km della fer- rovia Uganda, gli in- glesi scelsero la rotaia a scarta- mento ridotto (un metro, invece di 1,435), già in uso in India, da dove era quindi più economico importare il materiale necessa- rio. Da là importarono non solo il materiale, ma anche circa 32.000 lavoratori generici (detti spregiativamente coollies ) e specializzati. La costruzione finì nel 1901 e gli indiani pagarono un prezzo molto alto: 2.500 di loro morirono durante i lavori, 4 per ogni km, la maggioranza per malattie. Ma alcuni furono uc- cisi da leoni e altri dalle popola- zioni indigene opposte all’occu- pazione inglese (un attacco di Masai costò la vita ad oltre 500 lavoratori). Costruita la ferrovia, la maggio- ranza di essi preferì restare nel- l’Est Africa, dedicandosi al com- mercio, alla piccola industria e all’agricoltura; altri ancora, so- prattutto i goanesi, entrarono nell’amministrazione coloniale. Il loro successo, però, suscitò l’invidia delle popolazioni afri- cane. Dopo l’indipendenza e la politica di africanizzazione, la popolazione asiatica divenne og- getto di discriminazioni sociali, politiche ed economiche, e di violenze. In Uganda, sotto il re- gime di Amin, nel 1972, ci fu l’e- spulsione di oltre 70 mila in- diani. Attualmente il Kenya conta ol- tre 100 mila cittadini di origine indio-pakistana, inmaggioranza nati e cresciuti nel paese; in Uganda sono circa 25 mila. L’influsso della cultura indiana è visibile nei templi di Nairobi e Kampala, ma soprattutto cresce la loro influenza in campo eco- nomico, grazie anche agli ac- cordi di cooperazione tra i go- verni dell’India e del Kenya. BINARI INSANGUINATI # OTTOBRE 2010 MC 67 MC ARTICOLI

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=