Missioni Consolata - Ottobre 2010

gneri cinesi. Agli africani (non contando i funzionari corrotti) non resterebbero che le briciole. I locali sono anche insoddisfatti per quanto riguarda la qualità ed il mantenersi nel tempo delle in- frastrutture stesse. Secondo quando riportato dalla BBC (9) , i lavori vengono effettuati alla svelta e non proprio alla luce del sole, terminati in periodi brevi ma per un utilizzo non duraturo come sperato. DAL SUDAN AL CONGO: INCIDENTI E VIOLENZE Economiche o politiche che siano, le operazioni di Pechino in terra africana aumentano sem- pre più il disagio ed il malessere delle popolazioni locali. E con esse aumentano anche gli epi- sodi di violenza ed attacchi alla comunità cinese, vista come una nuova colonizzatrice, dopo secoli di colonialismo e neocoloniali- smo europeo. Tra il 1998 e il 2000 la Cina ha venduto armi, per un valore di un miliardo di dollari, ad Etiopia ed Eritrea, paesi in guerra tra loro in un conflitto che ha seminato diverse decine di migliaia di morti. Armi sarebbero state for- nite anche a paesi come Sierra Leone e Namibia (10) . L’agenzia China International costruisce in Angola case ed autostrade. In cambio, il paese africano invia a Pechino il 70% della sua produ- zione petrolifera. Nel settembre del 2008 il giornalista britannico Peter Jonathan Hitchens, croni- sta del Mail on Sunday , è stato quasi linciato mentre stava do- cumentando le condizioni di sfruttamento di manodopera mi- norile nelle miniere del Congo (ex Zaire): per tre dollari al giorno, bambini di dieci anni ri- schiano la vita per estrarre co- balto e rame da vendere alle compagnie cinesi (11) . Da anni fanno inoltre discutere gli inve- stimenti di Pechino nel Sudan, paese martoriato da guerre (12) e miseria ma, al tempo stesso, se- condo fornitore di petrolio alla Cina dopo l’Angola. Nel 2005 nello Chambeshi, zona nordoccidentale dello Zambia, cinquantuno operai sono morti durante l’esplosione in una mi- niera gestita da una ditta cinese. Nel 2006, i dirigenti cinesi hanno dato ordine alla polizia di spa- rare ai minatori che manifesta- vano per migliori condizioni di sicurezza sul lavoro. Nel marzo del 2008 la protesta si è radica- lizzata e le autorità locali sono riuscite per miracolo a salvare i leader cinesi dalla furia dei di- mostranti. All’inizio del 2007, in Nigeria, quattordici impiegati cinesi e due operai sono stati rapiti e poi rilasciati da ribelli armati. In Kenya, sorte peggiore è toccata a due ingegneri cinesi: uno è stato ammazzato, l’altro ferito. Nell’autunno del 2008, nove la- voratori petroliferi cinesi sono stati rapiti in Sudan e quattro sono stati uccisi prima del rila- scio. Lo scorso marzo, sempre in Su- dan, gli assassini di due impie- gati cinesi sono stati giustiziati. In Camerun, sette pescatori ci- nesi precedentemente rapiti, sono stati rilasciati dopo il paga- mento di un cospicuo riscatto. Non è tutto oro (nero) quel che luccica. GLI AFRICANI A PECHINO Secondo i dati del 2009 (13) , in Africa ci sarebbero oltre un mi- lione di cinesi, mentre meno di un quarto di questa cifra sareb- bero gli africani presenti in Cina. Nel solo Zambia, paese che conta meno di tredici milioni di abitanti, si troverebbero più di seicentomila cinesi. Come in ogni storia, esiste an- che l'altro lato della medaglia, ovvero la presenza degli africani in Cina, una comunità numerosa e che affronta ogni giorno le dif- ficoltà ma anche le venature po- sitive della vita cinese. I nume- rosi forum bilaterali organizzati negli ultimi dieci anni hanno dato una forte spinta ai vari go- verni per uno scambio culturale, oltre che economico. Borse di studio e possibilità di ti- rocini presso università ed altri tipi di istituti sono state messe a 12 MC OTTOBRE 2010 CINA # Sopra: africani a Pechino, nella zona delle ambasciate in Xindonglu. # A destra: famiglia di turisti cinesi «posa» in piazza Tian’an men.

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