Missioni Consolata - Dicembre 2009

MISSIONI CONSOLATA MC DICEMBRE 2009 41 cia, della Prefettura di Torino e del la Regione Piemonte». Dalla considerazione di una mancata accoglienza locale, testi moniata dalla necessaria illegalità delle case occupate e con la ferma intenzione di considerare i rifu giati non come problemi ma come persone e risorse nasce, sul tavo lo di co progettazione, il Progetto «Piemonte non solo asilo». «Il progetto spiega Cristina Mol fetta prevede il coinvolgimento, da parte del Coordinamento, sia dei rifugiati che delle istituzioni nel tentativo di dare una risposta in ter mini di inserimento sociale e lavo rativo e di creare una sinergia tra associazioni e istituzioni di tutta la regione. Quello su cui scommette “Piemonte, non solo asilo” è di met tere in gioco e valorizzare energie e risorse grazie al coinvolgimento di tutto il territorio regionale. Obiettivi in numeri? Accompagna mento e inserimento lavorativo per 150 rifugiati politici e titolari di pro tezione umanitaria nel territorio della Regione Piemonte. Accompa gnamento e inserimento lavorativo per 80 rifugiati politici e titolari di protezione umanitaria nella città di Torino. Al momento attuale siamo riusciti a inserirne 30 entro mag gio 2009 e entro febbraio 2010, grazie al progetto europeo Fer (“Fondi europei per i rifugiati”), do vremmo inserirne altri 150». Dialogo e volontà di procedere assieme è l’emblema del Coordi namento che così riconosce i suoi punti forti «la capacità del Coor dinamento è stata quella di porsi come intermediario e di cercare sempre il dialogo e mai lo scontro, diversificando anche le fonti di fi nanziamento: tra regione, provin cia, ministero dell’Interno e Fondi europei. Grande assente? Il Comu ne, che in questa operazione non si è mai visto». La storia torinese non è un fatto isolato e non deve esser fine a se stessa ma indurre la riflessione. Una chiave di lettura per migliorare il futuro dei profu ghi e della nostra cittadinanza? «L’agire assieme, senza giocare al ribasso, costruendo una rete di disponibilità, di sensibilizzazione e conoscenza del problema. Guar dando in faccia i propri limiti e cercando una soluzione, che non sia nell’oblio e nella sedimenta zione delle questioni, ma nell’a zione pratica e nella risoluzione immediata». ■ sistenza della formula “pa gherò”, in particolar modo da vanti a persone come gli im migrati ad esempio che non riescono a difendersi verbal mente come gli altri. Come sempre il discorso va fatto ad personam. A volte si incontra il medico, l’infermiere o l’impie gato disposto a una maggio re comprensione e più sensi bile di altri. Ma sono situazio ne sporadiche». Un ritratto della sanità che dietro cavilli burocratici e parvenza di nor malità ritrae uno spaccato fatto di diffidenza, di nor mative arcaiche che non tutelano i diritti di una so cietà ormai mul tietnica, renden do sempre più lontana l’immagi ne di un’integrazione su tut ti i fronti. Ma, la determinazio ne e la caparbietà di chi si impegna per un futuromigliore, per sé e per gli altri, conduce a qualche frutto. Santa Di Prima, medico chirur go, internista presso l’ospedale Sant’Anna di Torino e membro del Comitato, ci racconta: «Con il lavoro politico svolto in virtù dei diritti di queste persone e con l’appoggio di persone sensibili che lavorano presso l’assessora to alla sanità si è riusciti a fine 2008 ad ottenere la tessera sa nitaria, senza residenza ma con domicilio di soccorso. Un passo avanti, certo, ma a patto che, ini zialmente, fossimo noi del Co mitato a ritirare la tessera sanita ria e non i rifugiati. Ci sono volu ti mesi prima che finalmente lo sportello venisse aperto anche a loro e un ulteriore lasso di tempo prima che finalmente riuscissimo ad ottenere anche il «Certificato di esenzione E92», allargata a tut ta la Regione Piemonte. Nono stante ciò ancora oggi l’esenzio ne non è ancora una prassi cono sciuta e il rifugiato necessita tuttora di accompagnamento per far valere quello che sulla carta è un suo diritto, ma che a parole non riesce a dimostrare». Un’informazione dunque inesi stente o frammentata quando ba sterebbe una campagna di sensi bilizzazione che includa gli atto ri in campo, dai medici agli operatori sanitari per metterli in condizione di curare anche gente proveniente da una «cultu ra altra». La fotografia di un sistema sa nitario sempre a termine: il codi ce di esenzione E92, ad esem pio, sarà attivo solo fino al gen naio 2010 e non ha visto pochi ostacoli prima che diventasse effettivo. Sarà promulgabile o no, dopo la data di scadenza? Troppi interrogativi che si sommano alle espe rienze vissute dai singoli rifugiati, do ve la poca disponi bilità è stato il co mune denominato re a tante storie sanitarie. A d affiancare, seppur conme todi differenti, il lavoro del Comitato, giunge il Coordinamento delle associazioni. «Il Coordinamento è nato nel l’ottobre 2008 post occupazione della clinica da una domanda spe cifica: “Come vivono i rifugiati po litici negli stabili occupati?” Ad og gi fanno parte del Coordinamento 30 associazioni del Terzo settore. La mediazione tra rifugiati, Co mitato e Istituzioni è stata da su bito la caratteristica del Coordina mento. Due erano i principali obiettivi: uno era quello di chiede re alle Istituzioni che cosa si stes se effettivamente facendo in me rito; l’altro era mettersi al loro fian co, in una logica sussidiaria, non sostituendole ma appoggiandole». Sono le parole di Cristina Mol fetta, 38 anni, antropologa cultu rale con 15 anni di esperienza in vari campi profughi in tutto il mon do e una delle rappresentanti del Coordinamento delle Associazio ni. «La prima mossa fu quella di ideare uno strumento valido che potesse introdurre la prospettiva di una soluzione strutturale e non solo transitoria. Con questo fine fu creato un tavolo di co progetta zione che non fosse solo di dibat tito, ma di pensiero e soprattutto rivolto ad un’azione pratica. Il Ta volo di co progettazione, legitti mato in Prefettura, è formato da rappresentanti del Coordinamen to delle Associazioni, dai rappre sentanti del Comune, della Provin

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