Missioni Consolata - Dicembre 2009

MISSIONI CONSOLATA Chiediamo loro di pentirsi o di fer- marsi e mettersi da parte». «Quando il papa andò in Camerun e in Angola menzionò chiaramente che uno dei grandi problemi dell’A- frica è il fallimento delle classi politi- che nel servire la popolazione - ri- corda padre Henriot -.Questo punto è stato ripreso più volte, negli inter- venti e lavori di gruppo, ed è molto forte nel messaggio finale». E c’è an- che autocritica: «C’è una leadership attirata da potere e soldi, che ignora il benessere della gente. La sfida è che molti di questi leader sono cat- tolici, vanno a messa la domenica, ma il resto della settimana cosa fan- no? La domanda che è venuta fuori forte: stiamo formando i cattolici se- condo l’insegnamento sociale della chiesa, affinché quando sono in po- sizione di autorità, siano al servizio della gente? Non abbiamo fatto un buon lavoro su questo». C’è anche un programma di lavo- ro da seguire per il futuro. «In Zambia avevamo speciali “riti- ri” per i membri cattolici del parla- mento. Per aiutarli a capire la loro vocazione di servizio. Educazione, formazione dei nostri leader politici e uomini d’affari. InTanzania c’è un altro esempio, un gruppo chiamato“I professionisti cattolici”, un’organizzazione che ve- de medici, uomini d’affari, insegnan- ti, politici, che si incontrano e cerca- no di rinforzarsi nella loro vocazio- ne. Questo è uno dei messaggi più forti del sinodo: formare i nostri cat- tolici a giocare il loro ruolo in ricon- ciliazione, giustizia e pace». Un posto per i laici Il sinodo ribadisce il ruolo fonda- mentale dei laici nella chiesa africa- na. «I vescovi hanno il loro ruolo nel lavoro di riconciliazione, giustizia e pace.Ma non possono fare tutto da soli. E neanche i preti.Devono colla- borare con i catechisti, religiosi e re- ligiose, secondo un principio di sus- sidiarietà e nella coordinazione», lo dice mons. Francisco João Silota, ve- scovo di Chimoio,Mozambico, an- che lui incaricato della stesura finale del Messaggio . «Deve esserci unione tra tutti i settori. I laici hanno diffe- renti ministeri.Ognuno deve cercare di portare avanti la sua missione nel proprio luogo di vita e di lavoro: dio- cesi, parrocchie, comunità. Come strumento abbiamo le commissioni giustizia e pace». «A riconciliarci, tentare di realizza- re la giustizia, e di conseguenza la pace - continua mons. Silota - dob- biamo cominciare dentro la Chiesa stessa.Nel lavoro di sensibilizzazio- ne del popolo dobbiamo collabora- re anche con le altre religioni, per es- sere efficaci, rispettando la libertà di professione di fede di ognuno.Deve essere una concertazione di lavoro MC DICEMBRE 2009 19 Venti di guerra Mons. Rudolf Deng Majak, è vescovo di Wau nel Sud Sudan e presidente della Conferenza episcopale del Sudan. La sua terra, a maggioranza cristiana, ha vissuto una guerra di oltre 20 anni che la contrapponeva con il potere centrale, a maggioranza musul mana. L’anno prossimo ci saranno le elezioni e un referendum per l’indipendenza. Ma il Sud Sudan è ricco di petrolio e si respira già aria di conflitto. «Il sinodo è un evento unico. Mi ha colpito la dimensione umana ed ecclesiale che ho incontrato in alcuni miei colleghi, dopo 30, 40 anni di servizio. È meraviglioso vedere che abbiamo così tanto in comune, nel cercare di costruire comunità cri stiane cattoliche in Africa, per la pace, la giustizia. Ci iden tifichiamo molto gli uni con gli altri e tutti cerchiamo pi ste di soluzione». E continua: «Alla fine di tutto, la civiliz zazione, la guerra, abbiamo capito che solo Cristo può trovare una soluzione. Solo in Cristo possono realizzarsi riconciliazione, giustizia, amore, pace, perdono, lavoro duro, impego umano come servizio, pieno di giustizia, libero da corruzione e clientelismo tribale. Solo in Cristo tutto trova la perfezione». Come pensa di applicare in Sud Sudan il messaggio del sinodo? Vorrei diffondere i risultati mettendo in sieme la gente, in condivisione per pregare e riflettere. Questa è la via. Portare alla base quanto deciso a Roma, alle strutture di an ziani, donne, giovani. Tutte disponibili a ri cevere il messaggio. La gente è pronta a portare il proprio contributo. Nel suo paese ci saranno le elezioni il prossimo anno. Per questo è molto importante che la gente si ritrovi, e insieme dialoghi su come mantenere la pace, evitare conflitti ed essere inclusivi, facendo partecipare chiunque lo desideri. E dobbiamo assolutamente cominciare con la gente della base. Queste elezioni non saranno condotte senza una mobilita zione generale. Le differenti questioni saranno discusse, cerche remo di operare per la sicurezza. La popolazione chiede come può contribuire. Il dialogo con l’Islam è stato un tema importante al sinodo. Non tutti i musulmani sono intransigenti o integralisti, ce ne sono di molto aperti al dialogo, che vogliono la pace e la coesi stenza, accettano gli altri e si fanno accettare. Non tutti sono con tro il dialogo. Nella società sudanese la maggior parte sono sunniti: sono tolleranti e pronti a sottoscrivere impegni con noi. Stiamo la vorando con gruppi di musulmani, di donne, anziani, condividiamo e discutiamo con loro le differenti questioni: legge e ordine, educazione, salute, problemi della gioventù. E sono pronti ad aiutarci e a contribuire. Nella diocesi di Wau i cristiani sono l’80%. In altri posti è più difficile, ad esempio quando sono loro i maggioritari. Ci sono state persecuzioni di cristiani, an che recentemente nella diocesi di Tombura Yambio. È gente appoggiata dai fondamentalisti, da Al Qaida, che forni sce loro istruzioni e addestramento. Sono queste persone isolate che commettono le atrocità. Nella sua diocesi che posto occupa la donna cristiana? Le donne sono attive, hanno un ruolo e si impegnano. Chiediamo loro di contri buire con i loro specifici talenti. Ma è an cora possibile aprire di più alle donne, dare loro maggior potere decisionale, specialmente nelle commissioni di educazione e giustizia e pace. Vogliono e chiedono di giocare un ruolo maggiore. di Ma.B. Sud Sudan Mons. Rudolf Deng Majak, vescovo di Wau, Sud Sudan.

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