Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 73 documenti d’identità.Ebbene, i gua- raní, nelle province di Chuquisaca, sarebbero circa 11.000 di cui fra i 5.100 e i 7.200 in condizioni di non li- bertà o di lavoro forzato.Lo stesso documento stila una serie di testimo- nianze dirette di abusi e violazioni. Ma a noi basterà rimanere per cir- ca una settimana nella zona e parla- re con la gente,per renderci conto di come stanno le cose.Più avanti ci aiuterà anche Ricardo Zarate, avvo- cato per i diritti umani che da due anni segue per l’ufficio di Montea- gudo alcuni dei casi più gravi: si par- la di stupri messi in atto dai padroni verso le proprie lavoranti; di bambini che dall’età di sei anni servono in ca- sa i padroni; di mancanza totale di assistenza sanitaria; di divieto di mandare i figli a scuola. Il tutto con la totale connivenza delle forze dell’or- dine, corrotte o intimidite dagli stes- si proprietari terrieri che, come i si- gnorotti di una volta, si divertono a fare il bello e cattivo tempo. Da Monteagudo, altre ore di ster- rato. Di Angel Guzman, il capitán che dovevamo incontrare, nemmeno l’ombra. In più, Faustino aveva visto giusto: si mette a piovere, la terra rossa si gonfia come schiuma sotto le ruote della jeep e si avanza a fati- ca. Una luce fioca nella boscaglia ci strappa dal nostro principio di di- sperazione: è Angel che aspetta con una torcia sul ciglio della strada.Ci guiderà verso Inti. Solo lui riesce ad individuare un varco nella vegetazione, che è fittis- sima. Ogni tanto grandi strutture di tronchi - delle specie di cancelli - in- terrompono il cammino. Li costrui- scono quelli di Inti, una forma ulte- riore di protezione dall’«esterno». Si attraversa il bosco e ci si lascia qual- siasi forma di civiltà alle spalle.Gli al- beri sono come la membrana di spa- zio e tempo che fanno di Inti qualco- sa di eterno ed ancestrale.Queste strademagiche che loro solo riesco- no ad individuare, sono il ponte fra il mondo e il mondo-guaraní.Centi- naia di metri nel buio e nel bosco e arriviamo a Inti: una radura,qualche albero da frutto e niente più fango. Un paradiso.Apriamo le tende e crolliamo. La mattina sono i bambini a sve- gliarci. Spuntano uno ad uno dal bo- sco come folletti. Sono bagnati dalla pioggia,molti a piedi scalzi.Un po’ stupiti della nostra presenza non s’intimidiscono e fra gran sorrisi cor- rono a scuola.Unmaestro viene o- gni settimana ad insegnare a legge- re e a scrivere ai quaranta bambini di Inti.Ma ogni figlio guaraní deve sa- pere innanzitutto la sua lingua ma- dre. La scuola è l’unica struttura in mattoni della comunità, costruita grazie ad una donazione.Attorno a noi, solo foresta,ma - aguzzando la vista - scopriamo le capanne di le- gno nascoste nel fogliame.Non so- no più di 15.Non c’è né luce né elet- tricità, un solo cavallo, settemaiali. Un piccolo appezzamento strappato agli arbusti è coltivato a mais e a manì, noccioline. A gruppi, tutti i 200 abitanti di Inti vengono a conoscerci. I guaraní so- no belli: alti, occhi nerissimi e vivaci. Gli uomini hanno tutti splendide dentature,mentre le donne sono quasi tutte senza denti.Hanno alme- no 8 figli a testa: «I guaraní non dor- monomai», ci dicono ridendo. Vivere sotto la famiglia Reynaga Vanno a pescarci dei pesci nel vici- no Rio Desaguadero. Le donne li friggono, gli uomini ci raccontano: «Abbiamo deciso di occupare que- sta terra nel ’97.Appartiene al pa- tròn Federico Reynaga,ma col tem- po ce l’ha ceduta.Non vale niente, è solo bosco,ma per noi è la libertà. Sono 1.200 ettari circa.Vogliamo che i nostri figli nascano liberi».A turno raccontano le loro storie: tutti o qua- si sono figli di schiavi, ovvero di uo- mini privati completamente di qual- siasi forma di basica libertà - coltiva- re, spostarsi, vendere, comprare, perfino sposarsi. La zona attorno a Inti - i municipi di Huacareta, Ingre, Muyupapma - è quasi totalmente in mano ai tre fratelli Reynaga:Hernan, Federico e Roman, figli di Juan Rey- naga e di Epifania Cuba, 15.000 ettari a testa, innumerevoli capi di bestia- me. Abel, anziano del villaggio, se lo ricorda bene: è sempre stato sotto padrone e non ha mai visto un sol- do, avendo ereditato un supposto debito dal padre.Ora ha 70 anni e ad Inti sta vivendo la sua prima libertà. Certo, il futuro per i bambini è incer- to, ma il sapore della libertà è per i genitori, impagabile.Amezza matti- na suona la campana attaccata ad un ramo, i bambini fannomerenda col nostro stesso pesce e con del lat- te in polvere: «AMonteagudo - spie- ga Justo - andiamo due volte al me- se. Lì la cooperazione internazionale fa arrivare qualche provvista».Poi c’è il baratto. E tanto duro lavoro. Spesso si beve per sopportare la vita: alcol puro.Tremendo,ma l’importante è stordirsi in fretta. A Inti stiamo qualche giorno, ac- colti dalla sua gente con sponta- neità, condividendo la loro allegria. Pochi giorni, abbastanza comunque per capire come i suoi abitanti pa- ghino a caro prezzo la propria li- bertà: la vita è dura,ma loro non si arrendono.Alcune donne una volta MONOGRAFIA / Diritti & rovesci Modesto Molino e la moglie davanti alla loro abitazione, che sorge nei pressi della villa dei Reynaga.

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