Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

72 MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 BOLIVIA re coloro - di norma bianchi - che a- bitano nell’Oriente,per differenziarsi dai k’ollas , gli abitanti degli altipiani, di solito indios), che in unmanipolo fanno la proprietà di intere regioni. In queste sacche di autonomia, in queste «piccole patrie» latifondiste, dove la destra è al potere e l’autorità del governo centrale è disconosciuta ostentatamente attraverso retoriche razziste e violente,esiste ancora la schiavitù. JustoMolina era lì,alla Cumbre di Cochabamba,per denun- ciarlo pubblicamente.Lui è di Inti, una comunità che ha deciso di rinun- ciare a tutto pur di tornare in libertà. Un giorno sono scappati dai propri padroni e hanno occupato un fazzo- letto di bosco nascosto al mondo.Vi- vono di niente,qualche bacca,qual- che pannocchia,mais.Ma sono liberi. Verso il Chaco Qualchemese dopo ci siamo or- ganizzati per raggiungere Inti e rac- cogliere testimonianze su quello che Justo aveva denunciato: dell’esisten- za di comunità guaraní cauptives (prigioniere) e di quelle che si stan- no «liberando», nella zona del Chaco boliviano. Siamo partiti (1) sfidando la stagione delle piogge,per un viaggio quasi nel tempo, in un paese in bilico fra passato e futuro. Per raggiungere Inti bisogna arri- vare innanzitutto a Monteagudo - quattro strade, il mercato,qualche cavallo, comunque snodo importan- te nella regione di Chuquisaca - circa 300 chilometri da Sucre, sud-est del- la Bolivia. Nell’ufficio della Capitanía di zona dei guaraní, il giovane Faustino Flo- res disegna inmatita sulla fotocopia di una cartina un paio di graffi,per indicare alcune strade non segnate. Ci assicura che uno dei consejales , dei consiglieri,di Inti ci avrebbe a- spettato lungo la carretera principa- le per accompagnarci fino alla co- munità, e poi ci dice buona fortuna, che il tempo è ballerino. Inti è la prima e più importante «comunità liberata» dei guaraní del Chaco boliviano.Un pugno di fami- glie che 10 anni fa si sono rifugiate nelle foreste per sfuggire alle condi- zioni di vita a cui erano sottoposte, tornando a vivere come i loro ante- nati, di pesca, caccia e frutti del bo- sco. Inti è un esempio di coraggio e amore della libertà: ha rotto un tabù e ha dato l’esempio ad altri. Il Chaco boliviano è una macrore- gione che, insieme a Chuquisaca, comprende le provincie di Santa Cruz eTarija.Qui vive la maggioran- za dei guaraní boliviani, che si stima siano circa 100.000 - non si può esse- re precisi: i censi sono cosa recente ed ancora difficoltosa - divisi in 320 comunità, strutturate a loro volta in 25 «capitanerie» con tanto di capita- ni zonali. Insieme alle etnie indigene weenhayek e tapiete , i guaraní rap- presentano un terzo della popola- zione chaqueña . Guaraní, sotto il tallone dei latifondisti Le condizioni dei guaraní boliviani sono allarmanti e soffrono pesante- mente della geopolitica del paese: stanziatisi nelle zone dell’Oriente bo- liviano - dove le Ande lasciano il po- sto alle pianure fertili,ai boschi, fino ad abbracciare l’Amazzonia - dai tempi delle conquiste europee essi sono stati sottoposti a durissime for- me di repressione alle quali mai han- no dato segno di rassegnazione.Pur essendo un popolo indomito ed a- mante della libertà,quello dei gua- raní è oggetto tutt’ora,nel 21° secolo, di forme di schiavitù, che ben poco si discostano da quelle dei nostri ma- nuali di storiamedievale: c’è la schia- vitù totale, la semischiavitù per inde- bitamento, il lavoro coatto, lamezza- dria. Sfruttati e tenuti volutamente in condizioni di sottosviluppo ed anal- fabetismo - come gran parte degli in- digeni del paese - i guaraní hanno anche la grave colpa di voler vivere nelle terre dei loro antenati,ovvero le più ricche di giacimenti di idrocarbu- ri della Bolivia.Questo li hamessi in una terribile condizione: stritolati fra gli interessi dellemultinazionali,dei ricchi proprietari terrieri in perenne aria secessionista,osteggiati dall’«altra Bolivia»,quella indigena e progressista degli Altipiani e di Evo Morales, che per colpire le oligarchie dell’Oriente boliviano ha spesso fat- to penare anche i fratelli guaraní.Lo- ro, che altro non vorrebbero che vi- vere pacifici nei loro boschi. Da un ventennio sono stati affidati loro dei territori,definiti Tco, «Terre comunitarie d’origine»,ma non so- no stati mai padroni delle risorse del sottosuolo.Ai tempi della dittatura del presidente Banzer,quando le ter- re eranomerce di scambio e di rega- lo fra politici emilitari - e così che lo zoccolo duro del latifondo boliviano si è potuto rafforzare a dismisura,di- ventando la forza destabilizzatrice che è oggi, incarnata dai partiti di destra.Come i loro fratelli ava-gua- raní e tupí-guaraní ,divisi fra Argenti- na, Paraguay,Uruguay e Brasile, i guaraní boliviani hanno sfiorato lo sterminio. Nel cosiddetto «massacro di Ku- ruyuki» il 28 gennaio 1892, vennero assassinati in una volta 5mila gua- raní con la connivenza delle oligar- chie locali.Usati come forza lavoro nelle grandi piantagioni di canna da zucchero emais, o presso gli alleva- menti di bestiame, vennero impie- gati anche come soldati durante va- rie guerre, l’ultima, la sanguinosa Guerra del Chaco nel ’35 col Para- guay. Ma da qualche anno le cose stanno cambiando. «Papito ymamita»: la schiavitù esiste ancora Da Monteagudo, fra paesaggi che si fanno sempre più selvaggi, ci si ad- dentra nella parte chaqueña di Chu- quisaca. Le province di Luis Calvo ed Hernando Siles che la compongono sono abitate dai guaraní-chiringuani . Qui si concentra la maggioranza del- le famiglie «cauptives», ovvero ap- partenenti a padroni. Sembrano termini che giungono da altri tempi, o come dice Carlos Carafa Rada, autore di uno studio approfondito sui guaraní: «Parlare di servitù e schiavitù ai giorni nostri e- voca immagini simili alle grandi pe- stilenze ormai debellate, e se com- paiono dei casi, si pensano isolati». Non è così: intere famiglie, in Chu- quisaca, vengono ancora sfruttate e vendute come appendici degli ap- pezzamenti di terra, indebitate per generazioni a proprietari terrieri che chiamano « papito ymamita ». Stime di un recente studio pubbli- cato nel 2006 da un’organizzazione umanitaria svizzera, la Cosude, insie- me al Defensor del Pueblo (istituzione statale che vigila sulle violazioni dei diritti umani) e al «Consiglio dei capi- tani guaraní» (Ccch), indicano alcune cifre,non senza difficoltà dato che molte persone ancora non hanno

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