Missioni Consolata - Maggio 2008

questo accade in prossimità della fi- ne di una vita, assume un aspetto miracoloso. Spesso incontromalati che vor- rebbero sul serio prendere quest’a- scensore verso la propria profondità ma sono gli stessi familiari a non consentirlo, occupandogli e occu- pandosi assurdamente il poco tem- po che resta.Un ulteriore escamota- ge per nascondere le proprie pau- re». PERNONPERDERE L’IDENTITÀ Il timore di esprimere la propria fragilità, di ammettere di essere in scadenza ci toglie la leggerezza, ci rende responsabili di fronte a parole che mai avremmo pensato di poter pronunciare.Con un padre, un figlio, una moglie. E non sempre si trovano consolazioni anagrafiche,magari le- gate alla senilità, davanti alla notizia di una malattia incurabile. A volte si incontrano famiglie con bambini o adolescenti a cui la malat- tia dei genitori segna profondamen- te unmomento della loro esistenza, e non solo. In questo senso il lavoro organico della mini équipe di cure palliative è pronto a richiedere, davanti a un particolare disagio emotivo all’inter- no di una famiglia, il supporto di uno psicologo. «L’obiettivo del nostro lavoro è quello di aiutare il malato a trovare un punto emotivo di quiete, condu- cendolo al trapasso senza un’ecces- siva disperazione. L’approfondimento psicologico nei confronti del paziente o della fa- miglia aiuta a veicolare quelle che sono le effettive necessità, i bisogni inespressi della persona e a restituir- gli il senso della propria storia».Così racconta Stefania Chiodino, 50 anni, coordinatrice degli psicologi in Faro. «La malattia sgretola, avvilisce e svilisce. Inizia scardinando l’autosti- ma in termini fisici, esteriori, e poi si scava un percorso nelle pieghe più interne per colpire l’autentica iden- tità della persona. Il nostro operato cerca, per quanto possibile, con la collaborazione dell’interessato, di riavvolgere quel nastro vitale e di a- gire sull’autostima del soggetto per aiutarlo a rivalorizzarsi e a ricono- scersi». Come avviene un cammino del genere? «Solo con una stretta rela- zione, il tempo e la fiducia reciproca. Un esempio: per un nostro paziente riconoscersi corrispondeva al piace- re culinario. Per lui è stato unmo- mento di autenticazione personale vedere come tutta la nostra équipe partecipasse alla preparazione del suo piatto preferito. Piccole cose di ogni giorno, semplici,ma che ridan- no personalità a una vita». La terminalità è una fase della vita sui generis, esula dalle condizioni psichiche ordinarie.Ci sono silenzi del malato a cui l’altro non sa come rapportarsi. Esistono chiavi di lettura e parole giuste per un commiato da una persona amata? «Non ci sono strategie. L’esperien- za mi ha insegnato che a volte quel silenzio che il parente legge come tormento è in realtà un’assenza. In un posto lontano, forse una vera ter- ra di confine, dove l’uomo sente me- no dolore. Il nostro lavoro non è nel consi- gliare frasi d’effettoma nel capire le necessità dell’altro e, se queste ri- guardano il commiato, favorirne la realizzazione nel modo più sereno possibile». Un intervento che si può definire circolare. «Direi di si. Lo chiamiamo “Progetto protezione famiglia”e agi- sce, preventivamente, rivolgendosi a famiglie fragili, ossia con bambini e adolescenti all’interno, patologie psichiatriche,marginalità sociali, etc. Accompagnandole con programmi di sostegno psico-sociale fin dalla diagnosi della malattia, seguiamo i malati terminali e offriamo un servi- zio di supporto al lutto per contra- stare la solitudine e prevenire il lutto patologico». UNNUMERO LIMITATODI VOLTE C’è una frase di Paul Bowles tratta dal libro «Il tè nel deserto» che espri- me questa incapacità dell’essere u- mano a ricordarsi di essere parte di una parabola che, prima o poi,met- terà la firma al fondo della pagina: «Poiché non sappiamo quandomo- riremo si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile, però tutto accade solo un certo numero di volte, un numerominimo di volte. Quante volte vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infan- zia, un pomeriggio che è così profondamente parte di voi che, senza, neanche riuscireste a conce- pire la vostra vita. Forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante altre volte guarderete levar- si la luna, forse venti... eppure tutto sembra senza limite». ■ 54 MC MAGGIO 2008 MEDICINA * Gabriella Mancini, laureata in lettere con una tesi in teatro e antropologia, che la porta ad a- vere un occhio sempre attento nei confronti del- l’uomo dal punto di vista sociale e culturale. Da anni collabora con un’agenzia di comunica- zione torinese nell’elaborazione di testi creati- vi e come freelance in giornali di stampo socia- le. Sta conseguendo l'iscrizione all'Albo dei giornalisti come pubblicista. Le fotografie dell’articolo sono state gentil- mente fornite dalla fondazione Faro. I decessi rilevati per malattia oncolo- gica in Piemonte sono 300 ogni 100.000 abitanti. Si stima che, da un 65 a un 90% di questi 300, ne- cessitino di cure palliative. Il numero globale dei pazienti oncologici, com- prensivo di quelli in terapia attiva o follow up, ammonta a 600 ogni 100.000 abitanti nel Nord Italia. La maggiore concentrazione di cen- tri per le cure palliative in Italia si trova tra il Nord e il Centro Italia, in misura nettamente minore nel Sud. Info sulle statistiche: www.fedcp.org www.osservatoriocurepalliative.org www.retecurepalliative.it Gli hospice attivi al 31 ottobre 2007 sono 114, entro il 2011 dovrebbe- ro diventarne operativi 243, con un andamento decrescente da Nord a Sud. Info: www.sicp.it L’inchiesta è stata svolta in ambito torinese, presso la Fondazione per l’assistenza e la ricerca oncologica (Faro), che a breve aprirà al 2° piano dell’Ospedale San Vito di Torino, un altro hospice . Inoltre, da poco tempo, la Fondazio- ne sta lavorando al «Progetto Neu- rologia», in cui l’assistenza è estesa ai pazienti affetti da patologie neuro- logiche. La Faro opera in maniera to- talmente gratuita. Le sue fonti di fi- nanziamento sono fondazioni banca- rie, convenzioni con le Asl. Molte sono le donazioni di amici e parenti seguiti dalla Faro che hanno così creato una catena di solidarietà. Altre ancora sono le prestazioni gratuite di professionisti del settore. Sito: www.fondazionefaro.it info@fondazionefaro.it Alcuni dati La fondazione

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