Missioni Consolata - Maggio 2008

MISSIONI CONSOLATA gli avviò il progetto denominato semplicemente «Cure agli occhi». Contattati i medici della Cooperazio- ne internazionale, che si offrirono di eseguire le operazioni agli occhi gra- tuitamente, cominciò a portare i pa- zienti accollandosi le spese di viaggio e di degenza nella struttura sanitaria. Con un’altra iniziativa, chiamata «Progetto donna»,mirava a salvare le partorienti denutrite e bisognose di speciali cure per sopravvivere insie- me alla propria creatura. Le andava a prelevare nei villaggi più lontani per portarle al dispensario o, quando era necessario, farle ricoverare in ospe- dali più attrezzati a Dar Es Salaam. Altrettanto a cuore gli stavano i giovani: con il progetto «Adozione studenti» li aiutò nella frequenza sco- lastica, con la quale potevano liberar- si da ignoranza e pregiudizi. Con l’aiuto delle parrocchie della città di Macerata e della diocesi di Camerino, oltre a sostenere i suoi progetti, era riuscito a procurarsi un mezzo di trasporto più efficiente.Ma una notte fu assalito dai ladri, che lo legarono, lo percossero duramente e rubarono la macchina nuova insieme alla vecchia Land Rover delle suore. Anche in questa occasione non disse nulla ai familiari,ma confidò il suo sconforto a un suo compagno di seminario, che gli pagò il biglietto dell’aereo per tornare in Italia e lo so- stenne nel raccogliere i fondi neces- sari per continuare i suoi progetti. Tre mesi dopo era di nuovo al vo- lante con più entusiasmo che mai e senza risparmiarsi: portò a termine la realizzazione del pozzo,moltiplicò i trasporti di giovani non vedenti a Dar Es Salaam, si prodigò per procurare cereali per tanta gente, ridotta alla fa- me da un parassita che aveva distrut- to le coltivazioni di granoturco. Al tempo stesso progettò la costru- zione di una modesta abitazione per accogliere un prete locale,promesso dalla diocesi per aiutarlo nella sua missione. I familiari spedironomate- riale vario per realizzare la casetta; due suoi fratelli promisero di recarsi a Kibiti per eseguire i lavori di muratu- ra, impianto elettrico a pannelli solari, condotte dell’acqua... Mancavano pochi giorni alla par- tenza quando, il 14 settembre 2002, padre Adalberto fu colpito da grave infarto. Per una decina di giorni cercò di stare calmo, finché accettò di esse- re ricoverato all’ospedale di Dar Es Salaam, da dove i familiari furono av- visati dell’accaduto via fax. Convinto a ritornare in Italia, fu ri- coverato all’ospedale di Macerata, dove pregava i medici di guarirlo in fretta, perché a Kibiti lo aspettavano tante opere incompiute. Il suo recu- pero lasciava sperare per il meglio; invece, tornato in famiglia, fu colpito da un nuovo infarto: il 24 novembre padre Adalberto si spegneva serena- mente tra le braccia della madre. «Il Signore ha visto tutta la sua vita, in- tessuta di grandi sofferenze e tante gioie, e ha deciso di premiarlo, chia- mandolo con sé in paradiso» diceva mamma Rosa, accettando con tanta fede quest'ultimo sacrificio, conso- lando i familiari per la grave perdita. LAMISSIONE CONTINUA Mentre Adalberto era ricoverato al- l’ospedale e raccontava ciò che gli era accaduto, uno dei familiari ebbe un accento di rimprovero,quando sentirono che, il giorno dopo l’infarto, si era recato a una quindicina di chi- lometri, per consegnare dei soldi al- l’autista del pullman che doveva por- tare a Dar Es Salaam40 ragazzi ciechi, per essere sottoposti a interventi chi- rurgici. «Senza soldi l’autista non sa- rebbe partito - rispose padre Adal- berto -.Vi sarei andato anche carpo- ni! Non potete immaginare cosa può provare una persona, soprattutto giovane, che riacquista la vista dopo aver vissuto per anni nella cecità». Di fronte a tanta tenacia, i familiari decisero di continuare le opere av- viate da padre Adalberto. Presi i con- tatti con la diocesi di Dar Es Salaam, le suore e il nuovo parroco di Kibiti, fumantenuta la promessa fatta a suo tempo: andarono nella missione per costruire la nuova abitazione. Gli altri progetti cari al missionario scomparso furono presentati a un centinaio di benefattori, tra singoli e associazioni (comunità e gruppi par- rocchiali, centri missionari, caritas, or- ganizzazioni sindacali e produttive...) che risposero all’appello e continua- no la missione di padre Adalberto. Il progetto «Cure agli occhi» ha già restituito la vista a oltre 4mila perso- ne, soprattutto giovani e bambini; il «Progetto donne» ha salvato la vita a centinaia di mamme e bimbi; l’«Ado- zione studenti» mantiene a scuola va- rie decine di alunni (ragazze e ragaz- zi) dalle scuole primarie alle superiori. Visti i risultati, sembra che, appena arrivato in cielo, il missionario si sia ri- messo subito al lavoro: nel maggio 2003, a sei mesi dalla sua morte, l’As- sociazione Uwawaru è stata ricono- sciuta dal governo tanzaniano; e l’I- scos Marche (Istituto sindacale per la cooperazione e lo sviluppo) ha co- minciato a fornire il suo apporto isti- tuzionale, gestionale e di assistenza tecnica.Nello statuto di questo pri- mo progetto di padre Adalberto so- no stabiliti anche i seguenti scopi: as- sistere orfani e disabili, combattere fame e malnutrizione, senza proseli- tismo e nel rispetto delle proprie convinzioni religiose. La realizzazione di tali principi può diventare un e- sempio da imitare, non solo per la popolazione del Tanzania,ma anche per quelle dei paesi confinanti. ■ MC MAGGIO 2008 13 Il consiglio dell’Associazione Uwawaru, insieme al nuovo parroco di Kibiti, le suore e un fratello di padre Adalberto.

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