Missioni Consolata - Maggio 2008

andare nella missione di Kibiti. Lamancanza di personale rendeva impossibile aprire una nuovamissio- ne, tantomeno in una zona dove le autoritàmusulmane vedevano i cri- stiani come fumo negli occhi. Tuttavia amalincuore i superiori lo lasciarono libero nella sua scelta,per mettersi, se- condo le regole canoniche, sotto la di- retta responsabilità del cardinal Pen- go vescovo di Dar Es Salaam. Con una Land Rover scassata, co- minciò a visitare i villaggi, radunare i cristiani emigrati dal Mozambico, stringere amicizie con i capi locali, prendere visione delle necessità del- la gente e abbozzare i primi progetti, che, in un breve viaggio in Italia, pre- sentò a varie parrocchie e conoscenti per reperire i fondi necessari. La prima urgenza della missione era promuovere la convivenza pacifi- ca tra musulmani e cristiani.Un’ope- ra già avviata dalle suore, presenti a Kibiti da sei anni.Dopo numerosi in- contri è nata l’associazione Uwawa- ru, un acronimo di termini swahili che in italiano stanno per «Unione di musulmani e cristiani del Rufiji». Sco- po dell’associazione è la coltivazione razionale dei cereali nel distretto di Rufiji, creando così lavoro e risorse a- limentari per combattere indigenza e malnutrizione. Un’altra urgenza ad attirare l’atten- zione di padre Adalberto è stata la cecità epidemica, causata da un in- settomicroscopico, che infesta tutto- ra una vasta zona della sua missione. Per combattere tale epidemia, accet- tata dalla gente come una fatalità, e- TANZANIA Nel 1973 i confratelli lo elessero consigliere della direzione regionale del Tanzania; gli fu affidato anche l’in- carico di amministratore regionale, facendosi stimare per la sua «serietà e onestà a prova di bomba», come af- ferma un confratello, di solito non prodigo di elogi. Nel 1979 fu destinato a Dar Es Sa- laam, come procuratore: un servizio importante e delicato, che comporta contatti con ambasciate, disbrigo di pratiche burocratiche e amministra- tive a favore del personale impegna- to nelle missioni della Consolata e di altri istituti, accoglienza e accompa- gnamento di missionari, volontari, medici... venuti in città per acquisti o altre urgenze. A troncare tale servizio, nel 1988, fu una brutta avventura: una sera, un e- nergumeno, forse in preda all’alcol o alla droga, irruppe nel suo ufficio e gli assestò due colpi di machete alla te- sta; padre Adalberto riuscì ad attutire i colpi riparandosi con un braccio;ma le gravi ferite ricevute lo costrinsero a venire a Torino per farsi curare. Ce l’ho ancora davanti agli occhi, con la testa avvolta in una retina bianca per tenere ferma la fasciatura. Anche di questa disavventura sapeva ridere e scherzare.Mami raccoman- dava: «Non dire niente a nessuno, neppure ai tuoi,perché non lo venga a sapere lamamma:ne soffrirebbe troppo». Solo quando fu guarito tornò a casa, con vistose cicatrici sulla parte sinistra del viso e della testa, e cercò di tranquillizzare i suoi familiari. FINOALL’ULTIMORESPIRO Nei 15 anni a servizio della missio- ne come amministratore e procura- tore, padre Adalberto era venuto a contatto con tante situazioni di po- vertà e abbandono, soprattutto nella zona a sud di Dar Es Salaam, dove si recava nei momenti liberi a prestare qualche servizio religioso. Era quello il tipo di missione da sempre sogna- to: vivere con la gente e come la gen- te del posto, condividerne sofferenze e difficoltà, testimoniare concreta- mente amore e solidarietà. Nel 1989 chiese ai superiori di affi- dargli una missione di quel genere. Fu invece sballottato da una missio- ne all’altra:Matembwe, Pawaga, Ki- bao, Makambako, spesso per sosti- tuire i missionari che andavano in va- canza. Finché nel 1997 chiese di A destra, suor Rosa Sandra e una piccola paziente nel dispensario di Kibiti. Sotto, cappella del dispensario di Kibiti: scultura makonde utilizzata come ambone.

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