Missioni Consolata - Aprile 2006

MISSIONI CONSOLATA 1111 111111 1111 Superficie: 23.200 kmq. Popolazione: 721 .000 (stima 2006) Gruppi etnici: afar (47%) e issa (37%), con presenze di francesi, yemeniti, etiopi, greci, pakistani . Capitale: Gibuti . Moneta: franco di Gibuti . Lingua: afar e issa (somalo), francese (ufficiale), arabo (religiosa). Religione: musulmana sunnita (97,8%); cristiani (2,2%) . Alfcìbetizzazione: 65% della popolazione adulta. AspeHativa di vita: 45,7 anni . PIL: 900 dollari pro capite. Forma di governo: repubblica; presidente lslail Ornar Guelleh dal1999, rieletto nel 2005; primo ministro Dileita Muhammad Dileita dal2001, rieletto nel2005. Risorse economiche: le attività rilevanti riguardano il porto franco di Gibuti e i servizi forniti alla guarnigione francese. Altre attività: agricoltura (pomodori e limoni), pesca, allevamento (bovini, ovini, caprini, asini, cammelli) e alcuni minerali. cercano di soprawivere chiedendo l'elemosina o facendo qualche lavoretto. Spesso la polizia li arresta, li picchia, li mette in prigione per qualche giorno; poi li espellono por- ' tandoli alla frontiera; ma pochi giorni dopo sono di nuovo in città. In passato la Caritas si era molto impegnata per farli studiare in Etiopia e per trovare qualche lavoretto nel proprio paese, nella speranza che non tornassero a Gibuti. Ma l'iniziativa ha dato scarsi risultati. Ora questi ragazzi vengono a cercare aiuto alla Caritas. Ce ne sono sempre una ventina che mangiano e dormono nella nostra sede; soprattutto diamo loro assistenza sanitaria nella nostra sede o portandoli all'ospedale se ne hanno bisogno. Se sono presentati dalla Caritas,l'ospedale li accoglie e cura gratuitamente. Suor Anna, che presta il suo servizio tutti i pomeriggi nella sede della Caritas,si occupa dell'aspetto sanitario e lo svolge molto bene. Ha preso contatto con un ospedale militare, riservato ai soli francesi: la suora può entrare liberamente per chiedere di ricoverare qualcuno e cercare medicine per il nostro ambulatorio. LA NOSTRAMISSIONE Le forze pastorali della diocesi sono composte da sei sacerdoti, due fratelli, quattro laici e una ventina di suore di varie congregazioni. Per tutti l'attività principale consiste nella testimonianza della carità. Non avendo una comunità cristiana da accudire, ci manca l'aspetto pastorale e ci domandiamo come vivere la nostra realtà di preti in un paese musulmano. Ma anche a questo ci stiamo adattando, cambiando il nostro modo di esprimerci. t chiaro che non possiamo usare lo stesso linguaggio con cui si parla a un cattolico; dobbiamo tenere sempre presente che stiamo parlando con un musulmano. Un credente in ogni caso. Questo si nota molto nel linguaggio inframmezzato continuamente da espressioni tipo «inshal/à, inshaflà» (se Dio lo Una famiglia della periferia di Gibuti. vuole) e «grazie a Dio». Oltre che con il linguaggio, sempre infarcito di espressioni religiose, la gente manifesta la loro religiosità nella vita pratica: le cinque chiamate alla preghiera che il muezzin lancia dal minareto ogni giorno, a cominciare dalle 3,30 del mattino, ci ricordano che ci troviamo fra un popolo religioso. Equesto significa che non siamo caduti in un mondo secolarizzato in cui non si può parlare di Dio. Magari nel mondo cristiano si può parlare di Dio solo in chiesa; qui lo si può fare in qualsiasi occasione. Con un po' di fantasia si può fare MC APRILE 2006 • 13

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