Missioni Consolata - Gennaio 2006

cordarci quanto avvenuto, per esempio, rispetto alla tubercolosi, ove le abitazioni insalubri sono state individuate come importanti tanto quanto l'agente patogeno. A lato: la cucina del Centro diurno, dove si preparano i pasti per il Servizio catering, che porta il nome suadente de «Il pranzo è servito•. Sotto: la tavolata imbandita dal Servizio catering in occasione di un convegno. lontarl) al prezzo concordato di 1O euro. Inizia quindi U percorso di mescolanza, e gli ottimi esiti cl inducono a proseguire e potenziare il progetto, fino al riconoscimento della società Italiana di psichiatria, che nel giugno 2004 cl affida il buffet per un convegno che prevede la partecipazione di oltre 200 persone. Contestualmente iniziano le cene bimensili presso «Cafè Neruda« e «Casseta Popular« (storici circoli Arei di Torino), che mettendo a disposizione dei pazienti la ·cucina, consentono l'affinamento delle abilità e della compattezza del gruppo, unitamente ad up notevole aumento del1' autostima da parte del pazienti. La testimonianza diretta dei fruitori delle cene (60/70 ad evento) ha consentito un cambiamento nell'«Immaginario collettivo della follia», vissuta non solo più in termini di pericolosità o imprevedibilità, ma anche come una malattia dietro la quale si celano personalità e risorse da scoprire. IL KIOSKO Novembre 2003, fa freddo a Torino. Siamo in una stanza della Circoscrizione 6, a discutere con una serie di associazioni su di un progetto di riqualifica della nostra periferia. Seduta al tavolo con me c'è anche Maria Grazia, presidente delle Vol.p.i. In questa sede giunge la proposta di affidarci In gestione il bar della polisportiva Centrocampo e, nel marzo 2004, parte subito l'esperienza: dal lunedì al sabato dalle 16 alle 24 e la domenica dalle 8.30 alle 13. Dietro il banco un membro Vol.p.i. (ruotano in una dozzina) e due pazienti (una quindicina). Le regole di convivenza·si decidono nel gruppo lavoro che si tiene ogni giovedì e i compensi vengono erogati in base agli incassi e alle ore lavorate. Il Kiosko diventa luogo di aggregazione: si mettono dei tavolini all'aperto e li sentore di autentica mescolanza appare forte. Il nuovo progetto Kiosko si muove nella direzione giusta. A molti le somme guadagnate sembrerebbero irrisorie, ■ ma per i pazienti sono il tramite per dei piccoli lussi: una bibita quando si esce la sera o la possibilità di offrire un caffè ad amici, parenti, operatori. A febbraio li freddo torinese taglia li volto ai pazienti, ma nel loro occhl continua a leggersi la volontà di essere presenti, e di fronte al cedimento di un volontario sono quegli stessi occhi a far sentire un pò meno il freddo... ILCAFÈNERUDA È in quello stesso locale dove fummo ospiti col progetto Catering, che nel 2004 prende l'avvio il terzo progetto delle Vol.p.i.: il proprietario del locale ce ne offre la gestione nel suo complesso. Tra mille difficoltà, il 29 settembre siamo pronti: dietro il bancone non solo più membri Voi. p.i. e pazienti, ma chiunque sia Interessato al progetto e abbia abilità da condividere. Obiettivi dell'attività sono, come sempre, la promozione dell'autonomia dei pazienti mediante la creazione di un lavoro che generi retribuzione, nonché il rafforzamento delle relazione sociali. Fondamentale è il contenimento della wJnerabilità legata alla malattia (per via della minor resistenza agli stress) attraverso l'organizzazione non rigida del turni né al Kiosko né al Neruda, mentre il collegamento con il gruppo di lavoro settimanale consente l'elaborazione di problemi e vissuti così come la condivisione di gioie e successi. Per I volontari Vol.p.i. l'esperienza rappresenta un modo per sentirsi co-protagonisti del miglioramento della qualità della vita dei pazienti, così come era avvenuto anche per tutti gli altri progetti; per I pazienti, ancora una volta, è un mezzo terapeutico: il lavoro che dà una retribuzione, che riempie qualche ora altrimenti vuota, che consente di relazionarsi con l'esterno perché •diversi>• sono loro per noi come noi per loro. e osì, sull'onda dell'entusiasmo dei pazienti, mi lascio trasportare dai sogni e immagino che la risposta alla crisi che tutto investe, possa essere per noi la creazione di un'autonomia attraverso una ricerca creativa di lavoro, come le microimprese del Sud del mondo: le panetterie solidali, gli orti collettivi, i refettori popolari. Mi immagino tutti Insieme nel nostri orti, nei circoli, nelle piazze, ma poi mi fermo perché il mio sogno non diventi un delirio. Da ottobre 2004 un altro circolo Arei, I' «Ornato di te»1 ci consente di continuare U sogno mentre Il Neruda è ormai una parentesi chiusa dalla quale abbiamo Imparato tanto ma che, sia pure a malincuore, abbiamo dovuto abbandonare... La complessità dei progetti gestiti talvolta Ingenera responsabilità e stress anche su noi operatori e volontari, ma negli occhl dei pazienti sempre si ritrova la forza per ricominciare a sognare. UGO lAMBuRRu (ha collaborato Nadia Greco) MC GENNAIO 2006 ■ 33

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