Missioni Consolata - Gennaio 2005

CAJUT.À O SVI&UPPO! - H ostudiato in una missione cattolica dove, grazie agli aiuti esterni, venivano formati 160 ragazzi e una sessantina di ragazze. Gli aiuti erano molti per i poveri che, altrimenti, non avrebbero potuto andare a scuola. Oltre a questo, il missionario faceva della carità, aiutando la gente. Al mio ultimo anno di scuola, arrivò un nuovo padre e suggerì al vecchio missionario che non poteva continuare a evangelizzare la gente senza parlare di sviluppo: «Bisogna andare fino in fondo, per dire loro come si possono sviluppare; poi, parleremo di religione». n giovane cercò di trasmettere le sue idee: per esempio, anziché essere aiutati, potevano lavorare nell'orticoltura durante la stagione secca. Ma quando la diocesi fece il piano annuale, il padre si trovò in contrasto e fu allontanato. l'aiuto è buono, anche la carità; ma hanno creato gente che attende sempre tutto dal missionario. Sono tornato 35 anni dopo: ho trovato lo stesso missionario, che faceva le stesse cose. Il vecchio padre mi ha domandato: «Signor Traoré, come sei arrivato a questo livello? Hai avuto degli aiuti?». Gli ho detto che non era il caso di chiamarmi «signore». «No, mi sono battuto - ho risposto -. Non è stato un aiuto, ma una lotta personale». Il padre aveva 86 anni. Volevo dirgli: «Si ricorda di quello che il giovane diceva? Di accompagnare la religione con lo sviluppo. Se invece di fare la carità per 50 anni, avesse parlato di sviluppo, la gente adesso sarebbe diversa». Ma mi sono trattenuto, perché ciò avrebbe messo in causa il lavoro di una vita. François Traoré è sempre stato minimo per il nostro continente. TI livello di povenà e sottosviluppo africano è una vergogna per l' Mrica e per il mondo intero. L'europeo deve capire che c'è qualcosa che non va se, ogni volta che viene a vedere l'africano, lo trova nella stessa situazione. È questa una collaborazione sincera? Cosa pensa degli africani che continuano a rischiare la vita per emigrare in Europa? SalifKcita, cantautore majjano, eli - ce: «Se un europeo viene in Africa è MC l gennaio 2005 pagina 41 un cooperante; se un africano va in Europa, è un immigrato». Che l'uomo possa andare dove vuole fa parte delle leggi universali. Oggi, gli italiani che vogliono venire in Burkina non hanno alcun p roblema, sono i benvenuti. Ma per gli africani si sono create delle situazioni che li obbligano a emigrare. L'80% degli africani che vanno in Europa lavora duro e i loro paesi beneficiano di questo lavoro. Allora, perché si dice sempre che sono dei delinquenti? Se nel mondo intero si aprono le frontiere, allora che sia uguale per le merci e pergli uomini! E se vogliono che restiamo a casa nostra, che non saccheggino le nostre risorse; lascino che i nostri politici e le nostre società civili scelgano il nostro futuro! Per esempio, l' Unione Europea non ha una politica comune in materia d' immigrazione... Se l'Ue si è messa insieme, è anche per regolare un ceno nwnero eli affari in modo comune, come la moneta. L'immigrazione è un problema. L'Eutopa può essere abbastanza saggia da risolvere, per prima cosa, la questione dello sviluppo dell'Africa. L'Europa ha molto sfruttato le risorse africane; l'America ha preso gli uomini, le braccia valide. Entrambi i continenti devono qualcosa a!J'Africa. Dovrebbero quindi pagare, ma non lo fanno; continuano, invece, a parlare d'aiuto. Che l'aiuto non sia più un inganno! Per andare da un villaggio all'altro abbiamo problemi, mentre in Italia ognuno ba l'asfalto fin davanti alla sua porta, ha il telefono in casa. Qui, gente e animali bevono la sr.essa ~cgua! Bisogna che le persone s1ano mformate che tutto ciò è sorpassato: non è una cosa di cui vantarsi. Se un italiano elice che continua ad aiutare l'Africa, non fa la nostra fierezza. Dobbiamo cambiare la forma: questa non è adatta, non cambia nulla. In Burkina si stanno sperimentando gli Ogm nel campo del cotone: pensa che invaderanno l'Africa? Gli Ogm, per me, sono tecnologia. È come la radio: cento anni fa non esisteva. In Europa e in Africa si con-

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