Missioni Consolata - Giugno 2021

Dal gennaio 2013 nell’area è im- pegnato l’esercito francese, inter- venuto su richiesta del governo del Mali con l’operazione Serval per fermare l’insurrezione dei ri- belli tuareg del Mouvement na- tional de libération de l’Azawad (Mnla), avvenuta l’anno prima nel Nord del paese. La ribellione dei Tuareg, favorita dal riversarsi in tutta la zona di grandi quantità di armi dalla Libia dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi e il sac- cheggio dei suoi arsenali, ha dato il via a una serie di avvenimenti fra cui il colpo di stato che ha estromesso il presidente maliano Amadou Toumani Touré e l’e- spansione nel Mali settentrionale dei gruppi islamisti, da Ansar Dine , sospettato di legami con Al- Qaeda, ad Aqmi (Al-Qaeda nel Maghreb islamico). All’operazione Serval è seguito nell’aprile 2013 l’invio di una «Missione Onu per la stabilizzazione del Mali» (Minu- sma) e, nel 2014, una seconda operazione francese, denominata Barkhane @ . Eppure, scrive il Crisis group , dopo sette anni «resta difficile af- fermare che la situazione nel Sahel sia migliorata. Al contrario, i conflitti continuano ad aumen- tare di intensità e si moltiplicano i teatri di scontri violenti in tutta la regione». Una delle cause di que- sto mancato miglioramento sa- rebbe lo sbilanciamento degli in- terventi sulla componente mili- tare, a scapito di quella che mira allo sviluppo e al rafforzamento della governance. Il Mali vive una profonda crisi quanto alla capa- cità di fornire servizi di base ai propri cittadini e di risolvere at- traverso il dialogo e la media- zione le contese interetniche, an- che molto violente, presenti so- prattutto nelle aree rurali. Vice- versa, le forze jihadiste - compo- ste da numerosi gruppi, coalizzati principalmente nel Gruppo di so- stegno all islam e ai musulmani (Jnim) e nello Sato islamico nel grande Sahara - sono in grado di inserirsi in modo efficace in que- sti contrasti, offrendo protezione e appoggio in cambio di in- fluenza e di reclute, minando così ancora di più il ruolo e la credibi- lità dello stato. È anche per la già grande fragi- lità dell’area che le possibili con- seguenze della morte del presi- dente del Ciad Idriss Déby Itno, avvenuta il 19 aprile scorso, su- scitano particolare apprensione. Déby è morto mentre si trovava nel Nord del paese a visitare le truppe ciadiane impegnate a contenere l’attacco dei ribelli del «Fronte per l’alternanza e la con- cordia in Ciad» (Fact nell’acro- nimo francese) che hanno le pro- prie basi in Libia. Sarebbe dece- duto, a detta dei suoi generali, per le ferite riportate combat- tendo, ma non è ancora del tutto chiaro come siano andate le cose. Aveva appena vinto le ele- zioni per la sesta volta dopo aver governato il paese «con il pugno di ferro per tre decadi» @ ed era visto dagli alleati occidentali, in particolare dai francesi, come un punto di riferimento per la stabi- lità del Sahel e la lotta ai gruppi jihadisti, in quanto al comando del migliore esercito dell area. Il generale Mahamat Idriss Déby, figlio trentasettenne del defunto presidente, gli è succeduto met- tendosi alla testa di un consiglio militare di transizione che do- vrebbe portare in 18 mesi il paese a nuove elezioni; ma que- sto atto ha già attirato diverse cri- tiche, dal momento che la costi- tuzione ciadiana prevede che siano il presidente dell’Assem- blea nazionale o, in mancanza di questo, il vice presidente, a gui- dare il paese in caso di morte del capo dello stato. CABO DELGADO MIGLIAIA DI SFOLLATI «Quando abbiamo visitato Pemba lo scorso dicembre ab- biamo assistito alla tragedia di mezzo milione di sfollati. Le cose continuano a peggiorare». Così twittava a fine marzo @ monsignor José Luis Ponce de León, missio- nario della Consolata e vescovo di Manzini, nel regno di eSwatini (ex Swaziland), riferendosi alla vi- sita che aveva effettuato nella ca- pitale della provincia di Cabo Delgado, Nord del Mozambico , insieme ad altri vescovi della Conferenza episcopale dell’A- frica meridionale agli inizi del 2021. Nel post sul suo blog in cui raccontava di quella visita, il ve- scovo riportava che «Pemba, con una popolazione di 200mila per- sone, ha accolto 150mila sfol- lati» @ . In una nota del 21 aprile 2021, l’Alto commissariato delle Na- zioni Unite per i rifugiati (Acnur, o Unhcr nell’acronimo inglese), ag- giornava a 700mila il numero de- gli sfollati, ai quali si stavano ag- giungendo in quei giorni altre 20mila persone costrette a la- sciare la città costiera Palma, a trenta chilometri dal confine con la Tanzania, dopo che era stata colpita circa un mese prima da una serie di attacchi islamisti @ . I rapporti mensili Crisis watch cooperando 70 giugno 2021 MC © AfMC / José Luis Ponce De Leon

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