Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2021

ssier 46 gennaio-febbraio 2021 di vigilante riferendo tutto quanto accadeva at- torno a loro. Il cambio al vertice del potere nello Xinjiang era assolutamente funzionale agli ambi- ziosi programmi lanciati a partire dal 2013 da Xi Jinping: la Belt and Road Initiative (Bri, nota come «nuova Via della seta») e il rilancio economico della Cina guardando con maggiore attenzione al rispetto ambientale. La proposta della Bri era stata avanzata dal pre- sidente cinese in due importanti conferenze: prima quella tenuta nell’Università Nazarbayev, in Kazakhstan (non a caso paese confinante con lo Xinjiang) nel settembre 2013, e poi al parla- mento di Giacarta nell’ottobre dello stesso anno. Nella prima si prospettava una serie di collega- menti via terra con l’Europa e il Medio Oriente; nella seconda si lanciava l’idea di nuove rotte marittime verso l’Africa e l’Europa. Nel 2015 le due iniziative vennero accorpate nella Belt and Road Initiative e accolte nello statuto del Partito comunista cinese durante il 19° Congresso del partito nell’ottobre 2017. Lo Xinjiang diventava, dunque, il baricentro ne- cessario al programma di sviluppo e di espan- sione dell’economia cinese nel Medio Oriente e in Europa voluto da Xi Jinping per trasformare la Cina in una nazione forte dal punto di vista eco- nomico, militare, culturale, sociale, politico e di- plomatico. Per sostenere la propria espansione, il sistema produttivo cinese aveva disperata necessità di trovare fonti energetiche. Dall’inizio degli anni Novanta, lo Xinjiang si era rivelato una delle principali sorgenti da cui ricavare energia senza rivolgersi fuori dai confini nazionali. In pochi anni, la «Nuova frontiera» si trasformò, da arida terra e utile baluardo contro eventuali invasioni provenienti da Occidente, a uno dei cofani più preziosi a cui attingere per far funzionare la mac- china economica. Oggi la regione autonoma è il primo produttore nazionale di petrolio (22% dell’intera produzione cinese), di gas naturale (23%), di carbone (38%), di berillio (usato nell’industria nucleare e aero- spaziale), di mica (usata nel settore edilizio e in agricoltura). È il secondo produttore in Cina di energia eolica (20%) ed energia solare e il quarto produttore di energia idroelettrica (5%). Secondo la road map di Xi, le infrastrutture già esistenti dovrebbero fare da supporto per un ampliamento delle iniziative economiche e com- merciali inserite nella Bri. Una ragnatela di oleo- dotti, gasdotti e reti ferroviarie attraverseranno lo Xinjiang per diramarsi a Nord verso la Russia e a Ovest verso il Mar Caspio, il Medio Oriente, l’Iran e l’Europa. Pur essendo lontano da ogni sbocco marino, dallo Xinjiang parte il corridoio econo- mico Cina-Pakistan, un progetto da 57 miliardi di dollari che collegherà la Cina con il porto di Gwadar e con l’Iran per permettere alla provincia di aprire una via verso l’Oceano Indiano e attin- gere direttamente al petrolio iraniano. È quindi iniziata un’intensa campagna di investi- menti statali e di propaganda per favorire l’arrivo di industrie straniere e private, con il risultato che, dal 2012 al 2018, il Pil dello Xinjiang è au- mentato del 38% (da 750 a 1.220 miliardi di yuan). Oggi una dozzina di industrie europee - tedesche, spagnole, ceche, slovacche, ungheresi e bulgare - hanno uffici, rapporti commerciali o stabilimenti nello Xinjiang. Piergiorgio Pescali Lo Xinjiang, dalla vecchia alla nuova «Via della seta». “

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