Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2021

Gli Uiguri, dal 75 al 46 per cento Il processo di trasferimento di popolazioni Han e Hui, già iniziato sotto i Qing, venne potenziato da Mao Zedong inaugurando così il primo dei tanti problemi che, sommati l’uno all’altro, avrebbero scatenato il risentimento degli Uiguri nella provincia. Nel 1949 la popolazione totale dello Xinjiang am- montava a 4.333.000 abitanti, di cui il 75% Ui- guri, 7% Kazaki, 6% Han e il restante 12% suddiviso tra Tagiki, Kirghizi, Russi, Mongoli e Hui. Questi ultimi, pur essendo musulmani, ap- partengono all’etnia han e rimangono fedeli al governo centrale. Sono quindi spesso considerati dagli Uiguri come una sorta di cavallo di Troia, di collaborazionisti, diffidati dai loro correligionari. La frontiera comune con l’Unione Sovietica, amica di nome, ma ritenuta pericolosa da Pechino che non aveva dimenticato l’appoggio dato da Mosca alla Repubblica del Turkestan orientale e la neces- sità di controllare un territorio non ancora com- pletamente assoggettato, indusse il timoniere ad inviare, oltre ai circa 200mila militari di stanza nella provincia, altri 175mila lavoratori apparte- nenti ai Bingtuan, i Corpi di produzione e costru- zione dello Xinjiang a cui si aggiunsero 300mila giovani con le loro famiglie e 200-250mila lavora- tori «volontari» ed un numero imprecisato fra tec- nici, insegnanti e antirivoluzionari. Il flusso migratorio continuò a ondate alterne; non fu mai costante e anzi, in alcuni periodi (dopo il fallimento del Grande balzo economico all’inizio degli anni Sessanta e poi subito dopo la morte di Mao negli anni Ottanta), il saldo fu ad- dirittura leggermente negativo. Alla ricerca di nuove prospettive economiche e attirati dalla li- beralizzazione di Deng Xiaoping, molti giovani han, ma anche uiguri, preferirono lasciare lo Xin- jiang per trasferirsi nelle città orientali. La prima grande ondata migratoria si verificò alla metà degli anni Sessanta, quando, dopo il primo test atomico, si diede impulso al programma nu- cleare cinese. Migliaia di persone vennero spe- dite nella provincia e nel poligono di Lop Nur dove, dal 1964 al 1996, gli scienziati cinesi fecero esplodere 45 bombe, di cui 23 in superficie (un cidentale ad attraversarlo, ma dei quattro uo- mini, otto cammelli, tre montoni, dieci polli, un gallo e due cani che partirono da Kashgar, solo Hedin, un altro carovaniere e un cammello riu- scirono a raggiungere il fiume Khotan-Daria. Dal 1759 i Qing iniziarono a espandersi verso occi- dente inglobando sempre più vaste regioni e tra- sferendo nelle aree da loro controllate, specialmente nel Nord della provincia, popola- zioni mongole e han. Il tentativo di ribellione dell’uzbeko Yakub Beg, all’inizio appoggiato da Russia e Gran Bretagna che speravano di poter gestire il nuovo stato entrando nel subcontinente cinese, si esaurì nel 1884 con la definitiva annes- sione dello Xinjiang all’impero Qing. Fu certamente un intervento militare, ma gran parte della popolazione accolse il ritorno dei ci- nesi con sollievo dopo che Yakub Beg aveva re- spinto le offerte russe e britanniche di costruire strade che collegassero l’area con l’Asia centrale e meridionale gravando i commercianti di ulteriori tasse, e aveva imposto una sharia più restrittiva. Il dominio cinese sullo Xinjiang continuò anche dopo il crollo dei Qing e l’avvento della repub- blica. L’indebolimento della Cina a causa della colonizzazione giapponese permise al nascente movimento nazionalista uiguro di creare una prima Repubblica islamica del Turkestan orien- tale, che ebbe vita effimera (1933-1934) e una più longeva seconda Repubblica del Turkestan orien- tale di ispirazione vagamente socialista e appog- giata da Stalin (1944-1949) in funzione anticinese. La vittoria delle forze comuniste guidate da Mao Zedong su quelle nazionaliste di Chiang Kai-shek riportò le truppe cinesi nello Xinjiang ribadendo il dominio di Pechino sulla regione. Per lo Xin- jiang, che dal 1955 divenne regione autonoma, si chiuse un ciclo storico e se ne aprì un altro. ssier 40 gennaio-febbraio 2021 Oggi gli Uiguri sono soltanto il 46% della popolazione. “

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=