Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2020

ssier diversi monumenti troppo mastodontici per es- sere smantellati. Negli anni Settanta il paese ha conosciuto un re- vival culturale assolutamente unico nel mondo dell’Est Europa per volontà della controversa fi- gura di Lyudmila Živkova, figlia di Todor Živkov, segretario del Partito comunista bulgaro dal 1954 al 1989. Sotto di lei il mondo artistico bulgaro go- dette di una libertà di espressione impensabile in altri paesi del blocco sovietico, ma al tempo stesso la Živkova introdusse una cultura new age che fece storcere il naso a molti materialisti, e non solo in Bulgaria. Ammaliata da figure come Baba Vanga o Nikolai Roerich, si appassionò alla teosofia e all’esoterismo sino ad entusiasmarsi per le pratiche mistiche degli Aztechi e dei Maya. Questa apertura artistica però poco importava alla maggioranza dei concittadini di Lyudmila: dopo il crollo del regime socialista di Todor Živ- kov, migliaia di suoi connazionali si riversarono in Italia cercando fortuna, tanto che quasi 59mila (dati del 2016) di loro vivono nella penisola. Dal «liberi tutti» segnato dall’arrivo al potere dell’Unione delle forze democratiche, la popola- zione del paese è in continuo calo: nel 1989, alla vigilia della caduta di Živkov, i bulgari in patria erano nove milioni, due in più di quanti ce ne sono attualmente. Secondo un rapporto redatto dall’Open Society di Sofia, il saldo negativo è do- vuto per il 52% alla denatalità e per il 48% al- l’emigrazione. Tra il 1985 e il 2016 circa 880mila bulgari si sono trasferiti all’estero. Di questi, la metà (465mila) tra il 1985 e il 1992. Negli ultimi anni il flusso sta ritrovando un suo equilibrio: nel quinquennio 2011-2016 solo 25mila persone hanno lasciato il territorio nazionale e l’emorragia è stata in parte assorbita dal ritorno di 21mila emigrati. Circa metà di chi ha abbandonato la Bulgaria era di origine turca: fu lo stesso Živkov, alla metà degli anni Ottanta a dare il via a questo esodo quando inaugurò il «Processo di rinascita nazio- nale» costringendo la popolazione di etnia turca a cambiare i loro patronimici in nomi bulgari e proibendo la fede islamica. In tre mesi, tra il maggio e l’agosto 1989, 360mila di loro preferi- rono spostarsi in Turchia approfittando di una temporanea apertura delle frontiere. Oltre ad es- sere stato un disastro economico (si privò l’agri- coltura di manodopera preziosa), il piano fu una delle cause che costrinsero Živkov a rassegnare le dimissioni, e rappresentò una delle più grandi pulizie etniche nell’Europa del dopoguerra come riconobbe anche lo stesso governo bulgaro l’11 gennaio 2012. Le minoranze rom e turca I bulgari hanno sempre avuto un rapporto con- flittuale con le etnie minoritarie presenti sul loro territorio. Durante la Seconda guerra mondiale, se da una parte consegnarono senza fiatare ai tedeschi 11mila ebrei residenti nei territori di Tra- cia e Macedonia che Berlino aveva assegnato a Sofia in cambio della sua alleanza, dall’altro ci furono singole figure e organizzazioni che cerca- rono di salvare i 48mila giudei presenti nelle pro- vince più interne. «Non sapevamo noi che cos’era il ghetto. Non abbiamo visto le mura alte, folle di ebrei - bambini, giovani, vecchi, donne - portati come merce viva», scrisse la poetessa bulgara di origine ebraica Dora Gabe eviden- ziando la situazione di privilegio in cui vivevano gli ebrei di Sofia rispetto a quelli di Varsavia. Il merito fu da ascrivere soprattutto a Dimitar Pe- shev ( vedi MC 4/2020 ) e alla Chiesa ortodossa, mentre il re Boris III, che guardava al fascismo con molta indulgenza (anche per aver sposato la figlia di re Vittorio Emanuele III), ebbe verso gli ebrei dei comportamenti ambigui che ancora oggi dividono gli studiosi. Questo pezzo di storia, lungi dall’essere archi- viato, è spesso seme di discordia tra la Bulgaria e i paesi confinanti. Recentemente stampa, go- verno ed alcuni storici nazionalisti hanno tac- ciato di falsificazione e di incitamento all’odio il film Third half realizzato dalle televisioni mace- done, ceca e serba, nel quale si accusa la polizia e il governo bulgaro degli anni Trenta e Quaranta di collaborazionismo con i nazisti. La diffidenza verso lo straniero si ripercuote sia all’interno che all’esterno della nazione, masche- randosi con connotati nazionalistici. La forte presenza rom (il 4,4% della popolazione) e la convivenza forzata con la minoranza turca A lato: venditori di icone a Sofia; sullo sfondo, la cattedrale di Aleksandar Nevski. | In alto: «La crocifissione di Cristo», icona esposta nel Museo delle icone di Plovdiv.

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