Missioni Consolata - Aprile 2020

Nelson esprime pure un’opi- nione sulla situazione geopoli- tica, parlando del presidente del Brasile: «Bolsonaro era inizial- mente d’accordo a mandare l’e- sercito degli Usa per appog- giare Guaidó (capo dell’opposi- zione venezuelana e presidente autoproclamato, ndr ), ma poi ci ha pensato bene e ha deciso di no, perché è un paese vicino, ci sono relazioni, anche commer- ciali. Ad esempio, il Brasile com- pra energia dal Venezuela». E con un po’ di nostalgia ci dice: «Il nostro è un paese bello, con tante possibilità. Molti stranieri vorrebbero investire in Vene- zuela, stabilirsi lì, ma con questo governo non è possibile». Nel frattempo, sotto la veranda che si apre sul cortile, una volontaria della Caritas diocesana ha ini- ziato a impartire una lezione di portoghese a un gruppo di Wa- rao, quasi tutti giovani. Salutiamo e torniamo all’entrata, davanti alla quale, per approfit- tare dell’ombra, si è accomo- dato un gruppo di indigeni. A un certo momento, sul marcia- piede, spingendo il proprio car- retto, passa un venditore di ge- lati. È un haitiano arrivato a Ma- naus dopo il terremoto che de- vastò l’isola caraibica. Gioviale ed espansivo, l’uomo, afrodi- scendente, si siede a parlare e ridere con gli indigeni, così di- versi ma accomunati dalla stessa condizione di migranti per necessità. * BRASILE VENEZUELA 14 aprile 2020 MC M anaus. Sidney Antônio da Silva, antro- pologo, è professore all’Università fede- rale di Amazonas (Ufam). Paulista, si è trasferito a Manaus nel 2006 per stu- diare la migrazione nella regione Nord del Brasile 1 . Qui coordina anche il Grupo de estudos migratorios na Amazônia . Il professor Sidney ci riceve in una sala del mo- derno Dipartimento di antropologia sociale: «Da fine 2016 la presenza di migranti venezuelani ac- campati nei pressi della stazione degli autobus at- tirò l’attenzione della gente e delle autorità. Il Mini- stero pubblico federale (Mpf) intervenne, e fece in modo che il municipio si prendesse la responsabi- lità sui Warao a Manaus. Dopo circa sei mesi di vita in baracche improvvisate trovarono loro un rifugio, nel bairro Coro Alto». Il municipio e il governo locale ritennero però che tale sistemazione non fosse adeguata per i Warao e, anche grazie a soldi federali, verso fine 2018 trasfe- rirono i migranti in piccole case adatte ai nuclei fa- miliari, dove potevano organizzarsi e autogestirsi. «Fu una decisione interessante, molto appoggiata, in particolare dall’Acnur. Noi accademici abbiamo accompagnato questo processo, facendo una ricerca sull’accoglienza dei Warao 2 commissionata dall’Or- ganizzazione mondiale per le migrazioni (Oim). Di- viderli in piccole comunità, a partire dai legami di parentela, è molto importante. Loro non migrano soli, lo fanno con la famiglia allargata. È una speci- ficità Warao e occorre essere attenti a questa rete». Andare oltre l’abrigo Qualcosa andò storto e si tornò ai rifugi di massa. «Ci sono stati problemi, forse per ragioni economi- che. Il municipio li ha portati nel quartiere perife- rico Alfredo Nascimento, sistemandoli in piccoli condomini di edilizia popolare. Ma in questo modo sono stati allontanati dalle reti che si stavano co- struendo nei quartieri più vicini al centro e ora si ri- trovano isolati. Si tratta di reti di lavoro informale, vendita di artigianato, richiesta di soldi nelle strade. Nel centro della città è rimasta un’unica palazzina in rua Tarumã». Il professor Sidney mette in evidenza la tipologia L’antropologo militante «Migranti, ma inprimis indigeni» Le riflessioni di Sidney Antônio da Silva, professore all’Università federale di Amazonas (Ufam), a Manaus. " È cambiato il modo in cui il Brasile vede il Venezuela. © Paolo Moiola

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