Missioni Consolata - Giugno 2019

Vegetariani e vegani: non va tutto bene Resta il dilemma del rispetto degli animali. Da questo punto di vista la dieta che meglio concilia quest’ultimo con le nostre esi- genze nutritive è quella latte-ovo- vegetariana , anche se si rischia di eccedere nel consumo di latte e uova, per ottenere la stessa qua- lità di principi alimentari presenti in quantità superiore nella carne. Inoltre, questa dieta è inadatta per gli intolleranti al lattosio e per coloro che hanno problemi di ipercolesterolemia familiare. La dieta vegana , nata come scelta etica del rispetto per gli animali e per l’ambiente, esclude invece to- talmente i prodotti di origine ani- male e li sostituisce con prodotti vegetali particolarmente ricchi di proteine come la soia (abbondan- temente utilizzata nella cucina ve- gana per produrre alimenti che ri- cordano, per consistenza, la carne e i prodotti caseari senza avere però le stesse proprietà nutritive), la quinoa, le mandorle, l’avocado e gli anacardi. In realtà questa dieta è controversa perché, per ri- cavare le proteine necessarie, uti- lizza grandi quantità di soia, con il grande impatto ambientale che essa comporta (disboscamenti, impoverimento dei suoli, ecc.). Un altro alimento largamente uti- lizzato nella cucina vegana (ma non solo) è la quinoa coltivata in Bolivia, Cile, Perù ed Ecuador. Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiacee (a cui appartengono anche spinaci e barbabietole), dalle grandi pro- tualmente il 19,5% dei bambini peruviani (dato Unicef) soffre di malnutrizione. Inoltre, in passato la quinoa veniva coltivata solo sui pendii delle Ande, mentre i ter- reni più a valle erano destinati all’allevamento di lama e alpaca. Ora molti di questi terreni sono utilizzati per la coltivazione della pianta, mentre gli allevamenti si sono notevolmente ridotti e sono stati confinati nelle zone collinari, riducendo ulteriormente le possi- bilità di sostentamento del po- polo andino. A tutto questo si ag- giunge l’uso di fertilizzanti e di an- ticrittogamici di scarsa qualità, che inquinano il suolo, le falde ac- quifere e l’aria, impoverendo il terreno, la cui resa sta dimi- nuendo progressivamente. Altro alimento controverso pre- sente spesso nella dieta vegana sono gli anacardi coltivati per il 40% nel Vietnam, spesso da tossi- codipendenti condannati ai lavori forzati in centri di recupero, men- tre il restante viene prodotto nelle zone più povere della Costa d’Avorio e dell’India. Qui gli ana- cardi vengono ripuliti dai loro gu- sci a mani nude dalle donne, che non possono permettersi i guanti per proteggersi dall’olio caustico formato dagli acidi anacardici car- dolo e metilcardolo, i quali provo- cano ferite permanenti simili a ustioni sulla pelle. La dieta mediterranea È evidente che la dieta vegana è molto rispettosa degli animali, ma non altrettanto delle persone che producono parte del cibo utiliz- zato. Questa dieta sarebbe forse più rispettosa sia degli animali che degli umani, se utilizzasse esclusivamente frutta e verdura, cereali e oleaginose a Km 0 . Resta il fatto che necessita dell’integra- zione di vitamine del gruppo B, in particolare di B12, per non incor- rere nel rischio di anemia perni- ciosa e di disturbi neurologici ed è decisamente sconsigliata per i bambini, gli adolescenti, le donne GIUGNO2019 MC 63 prietà nutritive perché composta per il 60% da amido e per il 12- 18% da proteine ricche di due aminoacidi essenziali: la lisina e la metionina. La lisina è necessaria allo sviluppo e alla fissazione del calcio sulle ossa e inoltre favori- sce la produzione di anticorpi, or- moni ed enzimi. La metionina ha un’azione lipolitica e partecipa ai processi di detossificazione e di eliminazione dei prodotti meta- bolici di scarto. Nel 2013 la quinoa è stata dichia- rata «cibo dell’anno» dall’allora segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e la sua produzione è stata interessata da un vero e proprio boom, vista la domanda a livello mondiale. In Bolivia, i ter- reni destinati alla produzione di questa pianta sono passati, nel giro di pochi anni, da 10.000 a 50.000 ettari e il 90% dei semi prodotti è destinata all’esporta- zione. In pratica i terreni, che in passato producevano una grande quantità di colture diverse, si sono trasformati in monocolture di quinoa. Data la grande richie- sta, il prezzo della quinoa è au- mentato fino a triplicare, al punto che per i contadini del Perù, per i quali questa pianta è sempre stata parte della cucina tradizio- nale da migliaia di anni, è diven- tato impossibile cibarsene. In Bo- livia il suo prezzo è diventato quattro volte tanto quello del riso o di altri cereali. La quinoa viene perciò venduta quasi del tutto o scambiata con Coca-Cola, dol- ciumi e cibo della dieta occiden- tale. Anche per questa causa, at- MC R © Agência Brasília A sinistra : un sacco di soia. Pagina precedente : la quinoa. #

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