Missioni Consolata - Giugno 2019

18 MC GIUGNO 2019 Ma se Guinea-Bissau e Marocco sono i punti di riferimento più im- portanti per i trafficanti, non sono gli unici. Grandi sequestri di cocaina sono stati effettuati, per esempio, in Tunisia. Nel 2016 la polizia è riuscita a intercettare quasi una tonnellata di polvere bianca nel porto di Tunisi diretta verso l’Italia. Altri sequestri im- portanti sono stati eseguiti in Ghana, Madagascar, Mali, Mo- zambico e Nigeria. Passaggio ad Est Sulla costa orientale è Gibuti il principale snodo. Nel 2017 è stata sequestrata mezza tonnellata di cocaina nel porto gibutino, il se- questro più importante dal 2004. «Negli ultimi anni - osserva Giu- seppe Dentice, ricercatore dell’U- niversità Cattolica di Milano e del- l’Ispi (Istituto per gli studi di poli- tica internazionale), autore, tra gli altri, di studi sui traffici illegali -, Gibuti è stata ritenuta il ventre molle del traffico di droga in Africa orientale. Dai docks del suo porto passa la droga proveniente dall’Asia in modo incontrollato. Nelle ultime indagini di polizia e in alcune inchieste giornalistiche si evidenzia il ruolo del porto di Gi- buti nel traffico di armi e di droga. Anche Kenya e Tanzania sono, ne- gli anni, diventati punti di ap- prodo della droga e le rotte che partono da lì si uniscono a quelle di Gibuti e vanno verso Nord». Spesso i trafficanti, secondo quanto riporta Unodc, corrom- pono gli agenti di polizia o i fun- zionari pagandoli in parte in con- tanti e in parte in droga. Questi ultimi, rivendono gli stupefacenti creando e alimentando un mer- cato che, fino a pochi anni fa, era sostanzialmente inesistente. Non solo eroina Se l’Africa occidentale è invasa dalla cocaina, quella orientale è la patria degli oppiacei (eroina in AFRICA Marocco: il paradiso dei fumatori Coltivazioni «stupefacenti» Il Marocco produce un terzo della marijuna e dell’hashish mondiale. La coltivazione è il- legale, ma tollerata. E fa vivere oltre 90mila famiglie. Si è sviluppato anche un turismo legato all’«erba» da fumare. P er il Marocco la droga è un business, illegale ma tollerato. Dalle montagne del Rif, la re- gione nordorientale al confine con l’Algeria, arriva circa un terzo della produzione mon- diale di marijuana e hashish. Gli stupefacenti vengono poi smerciati in Europa e nel Nord America. Ma la col- tivazione di cannabis alimenta anche un movimento turistico di europei e nordamericani che visitano il paese proprio perché sanno che possono trovare «erba» buona da fumare. La produzione affonda le radici nella storia. Da secoli, le popolazioni berbere che vivono nella regione produ- cono il kif, una droga leggera a base di hashish, pezzi di foglie e fiori di cannabis. Una coltivazione incoraggiata dai colonizzatori spagnoli, che così cercavano di man- tenere la pace in una regione piuttosto turbolenta e poco incline a farsi sottomettere. Il boom esplode negli anni Settanta. In Europa, si diffonde l’uso della canna- bis e nel Rif le piantagioni si estendono per ettari. Non solo, ma proprio quelle montagne diventano una delle mete privilegiate degli hippie di tutto il mondo. O ggi, il Rif continua a essere il centro dell’indu- stria della droga leggera marocchina. Sebbene la legge nazionale ne vieti la vendita e il con- sumo, fioriscono vaste piantagioni che garantiscono un reddito a più di 90mila famiglie. A ciò si associa il fenomeno del «turismo dello spinello». «Le persone sono attratte dalle montagne, dalle escursioni, dal clima - ha spiegato all’Agenzia France Presse un risto- ratore -. I primi furono gli hippie che negli anni Ses- santa venivano qui per cercare una vita diversa. In se- guito, le autorità hanno stretto le maglie e lentamente il flusso di turisti è svanito». R ecentemente, però, i turisti sono tornati in massa. La marijuana e l’hashish sono diventati un’attrazione. Sono frequenti i festival a base di ganja (come è anche chiamato «il fumo»). Sono illegali, ma nella regione nessun agente si prende la briga di vietare le manifestazioni e di sequestrare «la roba». «Qui - ha spiegato un coltivatore -, il clima è molto spe- ciale e non cresce nulla eccetto il kif. Per questo è di- ventato per noi una fonte di reddito». I piccoli com- mercianti e le guide prive di licenza si rivolgono ai turi- sti per offrire loro hashish o un tour delle fattorie vi- cine per incontrare i «kifficulteurs», i produttori locali di cannabis. Le pensioni di Chefchaouen offrono un servizio simile per circa 15 euro, anche se fanno atten- zione a non menzionarle nei loro opuscoli. «Qui, fumi dove vuoi - conclude un agricoltore -, eccetto davanti alla stazione di polizia». En.Cas.

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