Missioni Consolata - Maggio 2019

di 2mila rupie (25 euro) a testa e la confisca delle reti e dell’intero pescato. Da quando le normative sulla conservazione ambientale hanno iniziato a inasprirsi, influenzando le sorti di questi piccoli pescatori, un nuovo conflitto socio ambientale emerge in questa «bella foresta» di mangrovie. Mentre la tigre del Bengala diventa sempre più vi- sibile, soprattutto agli occhi stranieri, attraendo milioni di turisti ogni anno da tutto il mondo, le comunità che abitano questo territorio sono, al contrario, sempre più invisibili. Le loro necessità, i loro bisogni e i loro diritti sembrano affondare in quel terreno fangoso sul quale abitano che non la- scia tregua nemmeno nei momenti di secca. Nuove regole contro la pesca Il rischio continuo di maree e alluvioni tipico del territorio e la salinità della terra, che impedisce una florida attività agricola, creano una costante incertezza. Gli uomini come Sohankharo non hanno facoltà di scelta, e l’attività di pesca rimane una delle più importanti fonti di reddito per la maggior parte delle famiglie, sfamando circa l’ot- tanta per cento della popolazione. Il «Progetto tigri», nato nel 1973, è stato rinfor- zato dal governo tra il 2005 e il 2006 con nuove norme che hanno creato, tra le altre cose, zone protette inviolabili nelle quali l’accesso è proibito. La popolazione si è ritrovata, così, senza un’alter- nativa valida, se non quella di infrangere la legge. «La zona accessibile non è abbastanza pescosa per poter sfamare tutti e, spesso, non siamo al corrente dei confini imposti dalle guardie. Nes- suno ci avvisa, se non a bastonate e con multe sa- late quando ci sorprendono pescare nelle acque del fiume», si sfoga Sohankharo, mentre ci rac- conta delle difficoltà poste da un territorio già di per sé difficile, e si lamenta del fatto di aver do- vuto pagare ingenti somme di denaro semplice- mente per svolgere il proprio lavoro. L’isola si affaccia direttamente sulla zona inviola- bile del parco al di là del fiume, e navigare quelle acque rappresenta un rischio. 923 licenze di pesca per 52mila pescatori Le ultime norme emanate sulla protezione am- bientale si assommano ad altre e macchinose re- golamentazioni del passato. Una di queste è quella riguardante il certificato di licenza di navigazione, un documento rilasciato nel 1973 dal dipartimento forestale per regolare l’attività di pesca in un’area di 892 km 2 . Da allora queste licenze, pari a un nu- mero di 923, non sono mai state incrementate e, a oggi, quelle attive per i 52.917 pescatori dell’intero arcipelago, sono di circa 713, un numero irrisorio che lascia quasi tutti i pescatori in una situazione di illegalità permanente. Alcuni titolari di queste licenze le adoperano dan- dole in affitto a prezzi inaccessibili ai piccoli pe- scatori che spesso si indebitano pur di proseguire la loro attività. Sohankharo commenta: «Non essendo in pos- sesso della licenza, per pescare ho bisogno di prenderne una in concessione a un costo di 30/32mila rupie l’anno (circa 400 euro). Ma negli ultimi anni questo certificato non mi ha permesso ugualmente di pescare, e molti di noi si sono ritro- vati a pagare il certificato e anche le sanzioni e le confische da parte delle guardie, lasciandoci in un perenne stato di debito». Pescatori sbranati e tigri in aumento Mentre, da un lato, i pescatori lottano con le norme proibizioniste imposte dal dipartimento fo- restale e con il sistema burocratico e corrotto che ne consegue, dall’altro si ritrovano a dover fare i conti con le «norme naturali» imposte da un terri- torio ostile nel quale anche l’aggressività delle TIGRI, UOMINI E RISERVE

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