Missioni Consolata - Aprile 2019

Rettore del santuario Con l’aiuto del can. Giacomo Camisassa, suo principale collaboratore, l’Allamano ben presto pose mano al restauro del santuario della Consolata che era piuttosto malridotto. Era sicuro che la ripresa della vita cristiana in quel centro mariano doveva iniziare dal decoro del tempio stesso. I restauri, affidati ai migliori architetti del tempo, furono molto costosi. Confessò ad un missionario: «Per la Consolata ho sperperato tutto». Qualcuno gli fece notare il grande costo dei lavori. Senza scomporsi rispose: «Se non basta uno, ne spenderemo due milioni di lire, ed anche di più, purché la Madonna abbia in Torino un Santuario degno di Lei». Era convinto che la Provvidenza non lo avrebbe abbandonato in questa impresa: «State tranquilli, che la Ma- donna provvederà». Sicuramente la cura principale dell’Allamano era per l’aspetto spirituale. Iniziò subito, sce- gliendo collaboratori giovani e in sintonia con il suo spirito. Con lui il santuario di- venne il centro spirituale della diocesi e non solo. Il decoro delle celebrazioni, anche nei dettagli, era il criterio che lo guidava. Per esempio, esigeva che le ostie fossero sem- pre fresche: «Voglio che Nostro Signore si ri- spetti anche in questo!». Un giorno, gli sfuggì questo lamento riguardo le celebrazioni litur- giche: «Come sta male vedere quel correre da una parte o dall’altra a prendere questa o quella cosa, o ricercare il turibolo e la stola, o un cingolo, o un manipolo, che mancano all’ultimo momento! Tutto si prepari per tempo, e chi è incaricato di questo lasci il re- sto». Il modo decoroso di comportarsi in chiesa doveva iniziare dalla sacrestia. Anche su L’ALLAMANO RETTORE questo punto l’Allamano espresse chiaro il proprio pensiero riferendosi in particolare ai sacerdoti: «Il parlare forte in sacrestia dimo- stra poco rispetto per la chiesa annessa, e il pubblico ne è poco bene impressionato, e quasi scambia la sacrestia con la piazza; se invece, chi sta in sacrestia si comporta con decoro e con rispetto, invita, col suo conte- gno, al raccoglimento e prepara alla confi- denza molte persone, che a volte vengono nella sacrestia per un consiglio, o per nar- rare casi dolorosi di famiglia; così più facil- mente se ne vanno edificati e confortati». Per la pulizia e l’ordine nel santuario seguiva un principio semplice e concreto che lui stesso manifestò: «Le cose grandi saltano agli occhi; le piccole no. Invece la cura mi- nuta, quotidiana, insistente è quella che di- mostra ordine, amore all’altare e rispetto per il decoro della Casa di Dio». Sono indicative queste parole udite da una suora: «Alla Con- solata credo che trovi più carta io per terra che non tutti i domestici insieme». Al sacerdote Elia Lardi diede questo suggeri- mento: «Vogliamo che il popolo pratichi la religione? Teniamo il tempio pulito e decoro- samente ornato; procuriamo, sì, la brevità delle funzioni, ma fatte con spirito di fede, convinti di quanto facciamo». Rettore del convitto ecclesiastico L’Allamano fu un apprezzato educatore di sacerdoti. Non solo convinse l’arcivescovo Lorenzo Gastaldi a fare ritornare i giovani sa- cerdoti convittori nei locali dell’ex mona- stero cistercense adiacente il santuario della Consolata, ma ne assunse la cura per più di 40 anni. Nei primi tre anni dovette addirit- tura assumersi l’insegnamento della morale, condizione assoluta posta dall’arcivescovo: cammino di santità 76 MC APRILE2019 L’Allamano accettò la nomina di rettore del santuario della Consolata, nel 1880, quando aveva appena 29 anni, solo per obbedienza al suo arcivescovo. L’incarico includeva pure quello di rettore del convitto ecclesiastico per la formazione morale e pastorale dei giovani sacerdoti. Ecco alcune testimonianze che si riferiscono a questo doppio servizio che durò tutta la sua vita.

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