Missioni Consolata - Aprile 2019

«O tu prendi l’insegnamento, o non si fa nulla». L’Allamano ubbidì, ma non adottò i trattati che aveva composto l’arcivescovo, perché li riteneva troppo rigidi. Anzi, al ri- guardo avrebbe detto al segretario: «La più bella cosa che potreste fare… è di bruciare quei trattati». Quando accoglieva i nuovi convittori diceva loro parole che, forse, attingeva dallo zio Giuseppe Cafasso: «Siete sacerdoti, ricorda- tevi sempre di essere sacerdoti. Facciamo in convitto una famiglia cristiana sacerdotale». Aggiungeva anche un suo consiglio, che dice molto del suo senso pratico: «Mi racco- mando di avere tanta carità coi domestici. A proposito di questo: essi vi porteranno in ca- mera i bauli e materassi; date loro qualche mancia; è un lavoro di più che fanno; siate generosi; ricordatevi che nella vita avrete bi- sogno di piccoli servizi; la vostra generosità, ben inteso proporzionata, vi renderà facile anche l’adempimento dei doveri del vostro ministero. Ricordatevi, che da noi sacerdoti quelli che rendono qualche servizio aspet- tano…». Aveva un’attenzione particolare per i convit- tori provenienti da famiglie povere. Confortò il giovane Sansalvadore che non poteva pagare la retta: «Coraggio, studia volentieri; il convitto non solo rinunzia nei tuoi riguardi a quel poco che dovresti versare oltre la Santa Messa, ma io ti darò mensil- mente lire dieci (un aiuto per quel tempo!, ndr) da mandare alla mamma». Finita la guerra, quando tutti i convittori furono tornati, l’Alla- mano riprese le consuete con- ferenze del giovedì. Da come ne parlò con un missionario che era andato a trovarlo nel suo ufficio, si nota lo spirito con cui svolgeva il suo servi- zio di rettore: «Voglio che si APRILE2019 MC 77 # Seduti : il Camisassa e l’Allamano (al centro) con altri sacerdoti collaboratori. In piedi : i convittori presso il santuario della Consolata. persuadano – e lo dico loro – che non sono in convitto solo per studiare un po’ di mo- rale, ma che sono per formarsi alla pietà e allo spirito ecclesiastico». Facendogli vedere il quaderno delle conferenze ai convittori, cucito alla buona: «Può stare così, serve solo a me. Tutto ciò che dico, lo dico alla buona, ma mi preparo sempre, perché voglio che siano cose sode». Quando comunicò al convittore A. Vauda- gnotti che era stato nominato assistente e professore in seminario, lo incoraggiò confi- dandogli la propria esperienza: «Il seminario è la più bella parrocchia della diocesi. Lo di- ceva a me mons. Gastaldi nel nominarmi di- rettore del seminario, mentre io vagheggiavo la vita più varia del vicecurato. E lo ripeto a lei». Termino con questo aneddoto. Un convit- tore, risentito per un diniego ricevuto, disse: «Lei crede di essere un santo, ma non lo è mica». L’Allamano non si scompose, ma ri- spose calmo: «Preghi per me, perché lo di- venti, e quando sia santo ne guadagnerà an- che lei». Fu il sacerdote interessato a raccon- tare questo episodio, dimostrandosi felice di avere avuto come rettore davvero un santo. P. Francesco Pavese

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