Missioni Consolata - Aprile 2019

polazione da sudditi a cittadini portatori di diritti inviolabili, la Costituzione ribalta il ruolo dello stato. Se prima era concepito come un tiranno che tartassava la popolazione per interessi che le erano estranei, ora è espressione del popolo stesso ed ha come compito primario quello di assicu- rare ad ogni cittadino di vivere di- gnitosamente. Un compito che la Costituzione sancisce all’articolo 3 quando recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impe- discono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva par- tecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, econo- mica e sociale del paese». I nostri costituenti misuravano le parole e volutamente hanno uti- lizzato il termine «Repubblica», invece di «stato», ad indicare che il compito di fare giustizia com- pete a tutta la comunità nazio- nale, non alle sole istituzioni pub- bliche. La strada indicata è quella della solidarietà prevista all’arti- colo 2, che in concreto si attua chiedendo a tutti di «concorrere alle spese pubbliche in ra- gione della propria ca- pacità» come pre- vede l’articolo 53. In conclusione, i tre articoli - il 2, il 3 e il 53 - sono i tre ingranaggi U n tempo, quando le tasse erano al servizio dei so- vrani, che le imponevano per vivere nel lusso e po- tersi avventurare in guerre di espansione, le strategie di raccolta si basavano su tre criteri: incassare molto, incassare facilmente, non scontentare i benestanti. Un’impo- stazione che trovava la sua sintesi non nelle imposte sulla proprietà e tanto meno su ciò che si guada- gnava, ma sui consumi che garanti- vano un alto gettito fiscale non solo perché facilmente tassabili, ma soprattutto perché colpivano la massa. In effetti l’era preindu- striale era affollata di dazi e ga- belle: inizialmente concepite come prelievi imposti sugli spostamenti delle merci da un territorio all’al- tro, poi estesi ai consumi stessi come testimoniano le gabelle sul sale e sul tabacco già esistenti al tempo dei Savoia e tuttora in vi- gore seppur sotto diversa forma. All’epoca di Cavour ben il 62% del gettito incassato nel Regno di Sar- degna era rappresentato da impo- ste e dazi sui consumi, le cosid- dette imposte indirette perché non colpiscono i guadagni come tali, ma il loro utilizzo. La rivoluzione della Costituzione Con la liberazione dalla monar- chia e dalla dittatura, la nostra Costituzione traccia per l’Italia un nuovo percorso che assegna al si- stema fiscale una funzione molto più ampia della pura e semplice raccolta di denaro. Elevata la po- che danno movimento al mecca- nismo di costruzione del pro- gresso sociale: «tutti» concor- riamo alla spesa pubblica (art. 53), adempiamo all’obbligo di so- lidarietà sociale ed economica (art. 2) e consentiamo alla Repub- blica di rimuovere gli ostacoli economici che limitano la dignità (art. 3). Un condensato di valori che dovrebbe renderci orgogliosi di pagare le tasse. Progressività (senza flat tax) Il progetto politico della Costitu- zione si potrebbe riassumere nello slogan «uguaglianza nella solidarietà», che trova la sua piena attuazione nell’imperativo della progressività fiscale come prescritto dall’articolo 53: «Il si- stema tributario è informato a criteri di progressività». Un modo per dire che la contribuzione non può essere tipo flat tax a percen- tuale unica, ma differenziata in base al livello di ricchezza: ali- quota bassa sui redditi bassi, ali- quota elevata sui redditi alti , per la semplice ragione che ciò che può sembrare equo nei numeri 72 MC APRILE2019 Da sudditi a cittadini: basta favori ai ricchi Il fisco nei secoli ha sempre favorito i ricchi. La storia racconta di tasse e gabelle sulle spalle dei sudditi più poveri. Tre articoli della Costituzione italiana hanno ribaltato la questione: «Chi più ha, più paga». Il problema è uno solo, ma assai complicato: il passaggio dalla teoria alla pratica. E la chiamano economia PRIMA LA CONOSCIAMO, PRIMA LA CAMBIAMO La rubrica di Francesco Gesualdi

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