Missioni Consolata - Aprile 2019

BRASILE 52 MC APRILE2019 Amici, tanti ma non tutti Davi, pensa che tutti gli Yano- mami la seguano? «Tutto il popolo yanomami è il mio popolo. ( Fa una pausa e ri- pete ) Tutto il popolo yanomami è il mio popolo. Un popolo che vive nella terra di Amazonas e Ro- raima». D’accordo. Ritiene però di avere qualche avversario anche tra gli Yanomami? «Tra gli Yanomami alcuni mi sono amici, altri meno. Questi ultimi sono quelli che sono coinvolti con i non indigeni, soprattutto con i po- litici. Quelli a cui piace il denaro». E tra i non indigeni, tra i bian- chi, chi considera suoi amici? «Sono amici coloro che lavorano con i popoli indigeni. Ad esempio, l’Istituto socioambientale (Isa) e la diocesi di Roraima, ma anche tutti coloro che difendono la natura. Purtroppo però la maggioranza dei bianchi non è amica. Non gli interessa sapere di noi». Qualcuno le contesta che sia sempre in giro. «Io viaggio nel mondo per il mio popolo, per la nostra gente. Non viaggio per divertirmi o per visi- tare le città, viaggio per portare nel mondo il nome del mio popolo e la sua condizione. Perché la si- tuazione continua a essere proble- matica. Anche nel campo della sa- lute». Mi scusi: nel campo della salute c’è però la Sesai. «La Sesai 3 è un organo del go- verno federale e non degli indi- geni. È vero che i responsabili rice- vono molto denaro da Brasilia ma lo rubano, non lo utilizzano per la salute di noi indigeni. Così fun- ziona il mondo dei bianchi 4 . E i po- litici sono sempre coinvolti». La sua famiglia cosa pensa delle sue ripetute assenze? «La mia sposa approva e capisce. I figli conoscono la mia lotta. Così come coloro che vivono nella mia comunità di Watoriki 5 . Nessuno di loro è triste perché apprezzano il lavoro che viene fatto. Già ab- biamo ottenuto la terra yanomami che il governo brasiliano ci aveva rubato. Sono io che, al contrario, sto soffrendo. I miei nipoti hanno bisogno di me» 6 . Il suo libro autobiografico, La caduta del cielo , è stato tra- dotto in varie lingue. Quando lo ha scritto, aveva un obiettivo specifico? «Un non indigeno non sa, non ca- pisce e non intende la nostra lin- gua. Il libro La caduta del cielo è stato scritto da me, ma in nome del popolo yanomami. Per stu- denti, antropologi, professori: per mostrare un modo di pensare di- verso, quello del popolo Yano- mami. Una parte dei bianchi ci considera come animali, come sel- vaggi. Io ho voluto dimostrare la mia sabiduria (conoscenza, ma an- che saggezza, ndr ), per mostrare il nostro cammino dall’inizio del mondo (secondo la cosmogonia Yanomami, ndr ). Attraverso quelle pagine ho voluto andare incontro a chi non ci conosce. Dimostrare che lo Yanomami è sabio : sa pen- sare, sa parlare, sa raccontare la storia del mondo e della foresta. È un libro scritto per voi che vivete nelle città e che non conoscete la foresta e gli Yanomami». Le invasioni dei garimpeiros Siamo nella sede dell’associa- zione che lei guida. Che obiet- tivi persegue? E come si man- tiene? «Hutukara difende i diritti del po- polo yanomami. L’associazione sta andando bene. Sta funzionando. Ha poco denaro ma lavora con i contributi di Rainforest, Cafod 7 , dell’ambasciata norvegese. Gli ap- poggi vengono da fuori. È il Brasile che non dà nulla». (segue a pagina 56) A sinistra : la dedica di Davi Kopenawa a fra- tel Carlo Zacquini (Hokosi) scritta sulla prima pagina de La caduta del cielo , la ver- sione italiana della sua autobiografia. A destra : le due donne del governo Bolsonaro; in alto , la ministra Tereza Cristina, imprenditrice agricola; in basso , la ministra Damares Alves, pastora evangelica. # © Paolo Moiola

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