Missioni Consolata - Aprile 2019

APRILE2019 MC 41 D I RAN S ARAH (il nome è di fantasia) è una libico ita- liana di 60 anni. Viaggia sovente in Libia dal 2002, per motivi familiari e di lavoro. Durante la guerra civile, nel 2014 ha perso un fratello. «In Libia ora c’è guerra tra gruppi, milizie: mio fra- tello e mio nipote sono stati uccisi da bande, per- ché non volevano unirsi a loro. Il problema sono i due governi e la lotta tra di loro (la Libia ha oggi due uomini forti: Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar, ndr ). Sono contraria a un governo a Tobruk o a Sirte o a Bengasi. Deve essere a Tripoli. Il governo di Tobruk è riconosciuto dall’Europa perché ci sono i loro amici, ma è Tripoli la capitale. In Libia dove trivelli c’è petrolio. Sono circa sei mi- lioni i libici e se Gheddafi avesse ridistribuito i pro- venti del petrolio, non gli avrebbero fatto guerra, ma lui privilegiava alcuni contro gli altri. Comun- que, rispetto ad ora, sotto il regime si stava meglio, non c’era tutta questa violenza». E SHAREF A. M HAGOG , 45 anni, musicista libico di Tripoli, in Italia da 31 anni. «Nella guerra civile ho perso un fratello. In Libia c’è una brutta situa- zione. Siamo stati ingannati dall’Occidente. Prima ci credevo alla rivoluzione, sapevo cosa volesse dire il regime - avevo studiato la storia della Libia -, ma non pensavo che con questa scusa ci potessero ingannare. Sono tornato nel mio paese nell’ottobre 2012 e ho trovato una situazione familiare molto di- visa: chi era pro chi era contro la rivoluzione. © Patrick Baz / AFP Cosa pensano i libici all’estero DI A NGELA L ANO La voce di tre libici che vivono all’estero. Il loro sentire sul perché della guerra civile e dell’appoggio esterno. La loro preoccupazione sulla situazione attuale. TESTIMONIANZE /1

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