Missioni Consolata - Aprile 2019

APRILE2019 MC 39 D social media, mentre abbiamo incontrato il fratello Yusuf, a Manchester, nell’agosto 2015, anche lui re- duce dai combattimenti in Libia. La città britan- nica è uno stato dentro lo stato, rifugio e sede di varie attività dell’islamismo politico, dal più mode- rato al più pericoloso e aggressivo (cfr. MC ottobre 2017). Le rivolte arabe non sono state tutte uguali, ognuna si è svolta con dinamiche ed esiti diffe- renti: per quelle in Tunisia ed Egitto si è trattato di autentiche sollevazioni popolari di massa, per quelle libica e siriana è diverso, e gli effetti di que- gli eventi saranno duraturi. La tendenza, scrive la professoressa Michela Mer- curi nel suo libro «Incognita Libia» è d’inserire «la rivolta libica nell’ambito delle cosiddette prima- vere arabe, i movimenti di protesta che, tra il 2010 e il 2011, hanno interessato molti stati del Nord Africa e del Vicino Oriente. Tuttavia, non è possi- bile assimilare tout court i rivolgimenti del 2011 a un unico grande movimento. [...] Ogni rivolta ha avuto le sue cause, i suoi sconvolgimenti e i suoi esiti e per questo, oggi, i paesi che all’inizio ave- vamo indistintamente chiamato “Primavera araba” appaiono come un prisma mutevole in co- stante evoluzione. [...] Da questo punto di vista sa- rebbe un errore interpretare gli eventi libici del 2011 come mere contingenze di quanto stava acca- dendo negli stati confinanti. Nell’ex jamahiriya le proteste hanno assunto una connotazione pecu- liare rispetto a quelle degli altri paesi interessati dal fenomeno e per questo la Libia rappresenta una sorta di “eccezione regionale” sia per il modo in cui le rivolte hanno avuto inizio sia per come si sono evolute sia, infine, per le loro conseguenze». Preparazione all’estero In particolare, la rivolta libica è una sollevazione che, seppur partita da un diffuso malcontento ge- nerato da repressione, crisi economica, corruzione e da richieste di maggiori libertà, è stata preparata per anni all’estero - da esuli libici in Gran Breta- gna, Francia e Stati Uniti -, e poi prontamente in- filtrata da forze dell’islamismo radicale sia pre- senti sul campo sia arrivate da fuori, appoggiate militarmente e finanziariamente da Parigi, Lon- dra, Washington, Abu Dhabi e Doha, così come molti mercenari. Una sorta di complotto organiz- zato con pazienza da varie forze e attori, libici e in- ternazionali, che hanno aspettato il momento op- portuno per agire. Questo momento che si presenta il 15 febbraio 2011, con l’arresto da parte del regime dell’avvo- cato Fathi Tarbel, legale delle famiglie dei prigio- nieri massacrati nella prigione di Abu Salim il 26 giugno 1996 1 . È il casus belli che scatena le rivolte a Bengasi caratterizzate da scontri tra i manife- stanti e le forze di sicurezza che causano diversi morti. Le proteste coinvolgono anche El Bayda, nella Libia orientale, dove vengono uccisi due ma- nifestanti, e Zintan, a Sud Ovest di Tripoli. Le manifestazioni vengono organizzate via social network come in altri paesi arabi. Il loro obiettivo è chiedere riforme in campo economico, sociale, abi- tativo, lavorativo, e lottare contro la corruzione. La popolazione scesa nelle piazze non chiede un cam- bio di regime. Il 17 febbraio, il quinto anniversario delle manifestazioni a Bengasi contro le vignette anti islamiche pubblicate su un giornale danese 2 , viene dichiarato «Giorno della collera». Nel frat- tempo, però, lo slogan è diventato il regime change , progetto caro a vari gruppi di oppositori, e a Usa, Gran Bretagna e Francia. Sulla scia delle rivolte nei paesi vicini, nel gennaio del 2011 Gheddafi ha avviato alcune riforme econo- miche: riduzione dei dazi, delle tasse sul cibo im- portato e su altri prodotti, con l’intento di evitare lo scatenarsi del malcontento, ma la mossa risulta infruttuosa. I giornali occidentali e Al Jazeera parlano di «pri- mavera libica», ma a sollevarsi contro il regime, più che i giovani o i lavoratori (che in Libia sono prevalentemente stranieri), come invece sta acca- dendo in Egitto e in Tunisia, sono le qabile (tribù), in particolare quelle della Libia orientale da sem- pre avverse al governo, gruppi progressisti e libe- rali, e islamisti. Ovvero i vecchi nemici di Gheddafi. Quando infatti la popolazione vede il degenerare degli eventi e le manovre occidentali, scende in piazza a sostenere il governo contro quella che pare a molti un’interferenza esterna. La rivolta della Cirenaica Bengasi, la «vecchia strega» anti jamahiriyya : le prime manifestazioni contro il regime partono da lì, dalla capitale della Cirenaica (Nord Est) e sono violente. Gheddafi chiamava Bengasi la «vecchia strega» in quanto ribelle e spina nel suo fianco: è infatti abitata da qabile che gli sono ostili e filo mo- narchiche 3 . A sinistra: Muammar Gheddafi parla a una cerimonia di lealisti, a tripoli, il 2 marzo 2011. Promette di combattere i ribelli delle città orientali fino all’ultimo uomo e l’ultima donna. D

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