Missioni Consolata - Aprile 2019

APRILE2019 MC 25 riodo di Saddam si verificò la stessa cosa, essendo sunnita, prese tan- tissimi voti da Mosul». «E tu durante giorni delle batta- glie dov’eri? Cosa facevi?», gli do- mando. «Io mi sono dovuto na- scondere. Ero ricercato dai mili- ziani del Daesh come tutti quelli che lavoravano per il governo. In- sieme a yazidi e cristiani eravamo il primo bersaglio. Sono scappato con la mia famiglia prima sulle montagne e poi in Kurdistan. Sono tornato perché questa è casa mia e spero che un giorno questa città possa essere rico- struita». Gli chiedo ancora: «Mi hai detto che qui i terroristi hanno avuto molto supporto, so che al- cune persone di Mosul si sono ar- ruolate nelle loro file, è vero? Tu ne conosci qualcuno?». «Pur- troppo è vero, la maggior parte però veniva dai piccoli villaggi di campagna piuttosto che dalla città, era più facile fare il lavaggio del cervello a loro. Molti poi hanno scoperto quali erano le vere intenzioni dei miliziani del Daesh, hanno visto come agivano, ma a quel punto era troppo tardi per tirarsene fuori, ora sono morti o in galera. Io ne conoscevo alcuni, si sono uniti ai terroristi perché erano ignoranti, noi sapevamo che sarebbero stati una disgrazia. Hanno portato anche vergogna alle loro famiglie perché adesso anche loro sono sotto controllo, 24 ore al giorno. Magari sono in- nocenti, ma il governo teme che si risveglino cellule dormienti e io so che ce ne sono ancora tante». «Tu lavori per il governo locale, c’è un piano di ricostruzione?». «Una proposta per un piano di ricostru- zione venne fatta subito dopo la li- berazione ma, come vedi, non è stato fatto nulla. Non penso che il governo iracheno riuscirà mai a ri- costruire qualcosa senza un aiuto dall’estero, ma penso che nem- meno quello arriverà. Sembra che si siano tutti dimenticati di Mo- sul». Poi aggiunge: «Io credo che sia l’America quella che dovrebbe ricostruire Mosul. Io non ce l’ho con gli americani, ma sono loro che hanno distrutto la città con i bombardamenti. È vero: ci hanno aiutato a sconfiggere il Daesh, ma non dimenticarti che hanno anche ucciso più di 500 innocenti e tanti sono ancora sotto le macerie. Le chiamano vittime collaterali, ma erano le nostre famiglie e amici. Non ce l’ho con loro, ma chi di- strugge poi dovrebbe ricostruire. Sarebbe un bel gesto e per noi vorrebbe dire tantissimo». delle idee e religioni altrui, poi sono arrivati i miliziani del Daesh e poi le bombe». Fa un gran sorriso e conclude: «Le bombe non conoscono religione». Mentre saluto Amir si avvicina un uomo, si chiama Fares Abdurazal. Mi dice che si è sparsa la voce che sto intervistando persone per la città e vuole raccontarmi anche lui qualcosa. Storia di Fares Fares lavora per il municipio di Mo- sul, si occupa di registrare e con- trollare gli indirizzi di residenza. Gli chiedo perché Al-Baghdadi e i suoi uomini hanno scelto di conquistare proprio Mosul e come hanno fatto a rimanerci così tanto. Mi risponde: «Non è che gli uomini del Daesh volessero conquistare solo Mosul, loro volevano conqui- stare quanto più potevano. Ci sono riusciti meglio qui perché la mag- gior parte delle persone è di fede sunnita, e purtroppo all’inizio hanno trovato molto supporto in questa maggioranza. Vedi, molti sono in disaccordo con il governo iracheno dominato dagli sciiti. All’i- nizio tanti hanno visto negli uomini del Daesh la speranza di ristabilire un governo sunnita e un islam più tradizionale. Anche durante il pe- A destra : Fares Abdurazal che lavora per la municipalità di Mosul. Sotto : altra immagine di distruzione nel centro di Mosul. MC A #

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