Missioni Consolata - Aprile 2019

16 MC APRILE 2019 Gli chiediamo perché l’acco- glienza è in prevalenza a chi torna dal tentativo di traversata. «Quelli che partono verso il de- serto di solito sono in forma e hanno ancora il morale alto e mezzi economici. Hanno meno bi- sogno di noi. Inoltre noi siamo per la libertà di circolazione. Se ci chiedono informazioni sulla strada, diamo loro almeno qual- che indicazione sui pericoli della traversata». Seduto su una panca, poco più in là, sotto la tettoia di lamiera che ora ripara dal sole implacabile e per (soli) tre mesi all’anno dalla pioggia torrenziale, sta Micheal Johnson. Liberiano, di 37 anni, Michael è un vero globe trotter dell’Africa. Ma non per turismo. Michael il «globe trotter» Durante gli anni ‘90 in Liberia in- furia una cruenta guerra civile (dall’89 al 2003 con una pausa nel ‘97-‘98). Come molti suoi conna- zionali Michael fugge e si ritrova in Costa d’Avorio, in un campo profughi. Nel paese lavora per dieci anni. Parla molto bene an- che il francese. «Finita la guerra sono tornato nel mio paese, ma ho visto che la situazione era pes- sima. Volevo qualcosa di meglio dalla vita. Allora sono ripartito». Michael passa da Guinea, Sene- gal, Mali, Burkina Faso e poi Ni- ger. Da qui arriva in Ciad e si di- rige verso il Sudan. «A questo punto è stato molto difficile. Ad Abéché ho trovato molti altri mi- granti che facevano il mio stesso viaggio. Siamo partiti insieme con un camion, ma passata la fron- tiera, verso le tre di notte, ci hanno assalito i ribelli Janjawid». Michael si trova nel Darfur. I ri- belli sparano ai pneumatici del camion, fanno scendere tutti e puntano un’arma alla testa del- l’autista. «Ci hanno fatti sdraiare nel deserto, hanno iniziato a tor- turarci e ci hanno preso tutto». Poi compare una pattuglia di ca- schi blu della missione di pace Onu, Unamid, che, sparando in aria, mette in fuga i Janjawid. Mi- chael e gli altri sono salvi. I caschi blu recuperano i malcapi- tati e li portano alla città di Al Fa- sher. «Hanno visto che non avevo nulla e mi hanno pagato il bi- glietto dell’autobus per Khartum. Il mio obiettivo era andare in Ara- bia Saudita». A KhartumMichael non conosce nessuno, però da viaggiatore or- mai esperto, si infiltra nel campus universitario, dove si riesce a vi- vere con poco e si trova sempre qualcuno che ti aiuta. «Sapevo dell’esistenza dell’università Jama Africa. Ci sono rimasto qualche tempo, intanto ho cercato un la- voro perché avevo finito i soldi». Appena ha abbastanza soldi Mi- chael si rimette in viaggio e è ar- riva a Port Sudan, città sul Mar Rosso. Ultimo passaggio «C’erano delle barche che attra- versavano il mare per andare in Arabia Saudita. Le barche erano sovraccariche. Ho visto gente di Etiopia, Eritrea, Nigeria, Came- run, Mali, Liberia. Ho pagato 1.500 dollari e mi hanno portato in un luogo nel deserto, dove molti altri erano in attesa. Ho così scoperto che c’erano molti mi- granti clandestini. Ci hanno detto di non farci vedere in città. Dove- vamo aspettare di essere 150 per riempire una barca e i trafficanti sarebbero venuti a cercarci. Nel frattempo ci portavano cibo e ac- qua acquistata in città. Sono ri- masto in quel luogo circa un mese». Poi finalmente una mattina al- l’una, all’improvviso i trafficanti vanno a cercarli per partire. Ma Michael non ha fortuna. Una mo- tovedetta della guardia costiera saudita blocca la sua nave. Non li fa attraccare e li rimanda in Sudan. Da allora Michael diventa come un pacchetto, espulso dai diversi paesi che ha attraversato. Lo por- tano a Nguigmi, in Niger al confine con il Ciad. Ma lui non si arrende. «Allora mi sono detto, passerò dall’Algeria per andare in Francia». Dopo aver NIGER

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