Missioni Consolata - Aprile 2019

14 MC APRILE 2019 NIGER Incontro con l’arcivescovo di Niamey Essere luce nella società La piccola ma vivace chiesa cattolica del Niger ha due pastori: monsignor Laurent Lompo e mons. Ambroise Ouedraogo. Il rapporto con l’islam è vitale, così come la co- munione con le chiese protestanti. L’insegnamento è un canale importante per diffon- dere i valori della pace e della tolleranza, mentre la Caritas interviene in aiuto di tutti. I ncontriamo monsignor L AURENT L OMPO nei suoi uffici dell’arcidiocesi di Niamey. Lo avevamo co- nosciuto nel 2015, fresco di nomina. Lui è il primo vescovo nigerino del Niger (MC dicembre 2015). Da quando hanno rapito padre Pierluigi Maccalli nella sua parrocchia nei pressi del confine con il Burkina Faso, il 17 settembre scorso, le preoccupazioni sono aumentate. E le riunioni di coordinamento pure. Ha poco tempo, ma accetta di parlare con noi. Notizie del missionario non ce ne sono. O meglio, il silenzio stampa è d’obbligo, per non disturbare eventuali trat- tative per il rilascio. Rispetto alla problematicamigratoria, cosa fa la chiesa del Niger? «Sia nella diocesi di Niamey che in quella di Maradi abbiamo creato delle “cellule di ascolto”, per i migranti che passano. Perché il Niger è un paese di passaggio. Molti sono rimandati indietro da Algeria e Libia, tor- nano qui in capitale ma vogliono ripartire. Noi fac- ciamo la pastorale dell’ascolto. Perché sono persone ferite, e credevano che migrando qualcosa sarebbe cambiato. Ritornano e sono scoraggiati. Il primo aspetto è dunque ascoltarli e ridare loro il gusto della vita e la dignità di persone. Non è perché siamo mi- granti che non siamo persone. Siamo pellegrini sulla terra e ognuno è chiamato ad andare all’incontro del- l’altro. Il fenomeno migratorio che aumenta nei nostri paesi è il segno che le difficoltà portano la gente a cer- care qualcosa in più. Ma sarà la migrazione a dare questo di più? Dobbiamo mettere il focus sui nostri paesi e su come fare in modo tale che la vita delle per- sone sia decente. Affinché il viaggio sia deciso effetti- vamente perché vogliono partire e non perché non hanno nulla e sono costretti a spostarsi. Dobbiamo prendere la migrazione in questo doppio senso: chiunque ha diritto di viaggiare, ma se par- tiamo perché siamo costretti, perché non abbiamo nulla per vivere, forse dovremmo restare, qualunque sia la condizione. La maggior parte della gente che parte non ha mezzi e non sa dove andare. Molti ritor- nano. È con loro che lavoriamo cercando, con i mezzi che abbiamo, di ascoltarli, aiutarli a ritornare ai loro paesi. Alcuni trovano del lavoro qui, ma in Niger c’è di- soccupazione, è difficile. In ogni caso noi cerchiamo di accompagnarli, soprattutto per fare in modo che ritro- vino il loro equilibrio come esseri umani». Come Chiesa, in un paese islamico, cosa fate per il dialogo interreligioso? «Facciamo molto per il dialogo, soprattutto a partire dalla base, non solo a livello dei grandi leader. Ovvero partiamo dalle persone comuni affinché la coabita- zione tra cristiani e musulmani sia buona, si abbia co- noscenza di se stessi e dell’altro e ci sia mutuo rispetto. E facciamo molto attraverso una Commissione per il dialogo interreligioso e intra religioso, che ha intensifi- cato i lavori in questi ultimi anni. Nella commissione ci sono cristiani evangelici e cattolici, e lo facciamo in di- rezione dei fratelli musulmani, che sono più forti. Ab- biamo bisogno di stare insieme, perché siamo tutti figli di questo paese e più ci rispettiamo, più la pace av- viene nel cuore, più viene nella società nigerina. Abbiamo fatto diversi seminari su questi temi, uno nel 2016 sul dialogo, e un altro a novembre scorso concen- trandoci sulla gioventù, che è uno strato sociale fragile, e manipolabile a tutti i livelli. Diciamo che se i giovani sono integrati, capiscono la propria fede, se hanno un’apertura verso il dialogo, allora noi costruiamo la pace nel nostro paese». Lavoratemolto con i musulmani, e frequentano le vostre scuole? «Nelle nostre scuole la maggioranza degli insegnanti è musulmana, e non abbiamo avuto mai difficoltà. Tra- mite l’insegnamento cerchiamo di educare a dei valori che ci permettono di rispettarci gli uni gli altri, e a va- lori della vita che permettano a questi bambini, finita la scuola, di avere questa apertura. A livello della Caritas del Niger, lavoriamo molto con i musulmani e i nostri aiuti sono indirizzati a tutta la po- polazione senza alcuna distinzione etnica e religiosa. Operiamo per il bene di tutti. E tutti apprezzano que- sto nostro lavoro ancora di più, perché non facciamo proselitismo». C’è anche l’islamradicale che si diffonde nella re- gione. InNiger ci sono stati episodi di violenza anticristiana nel 2015, quando alcune chiese fu- rono date alle fiamme. Cosa fare? «Sentiamo che un certo islam si sta radicalizzando. La gran parte sono persone che vengono da fuori, legate a certe scuole coraniche. Ma sia da parte del governo che della chiesa, lottiamo affinché l’islam nella sua ge- neralità non prenda la forma dell’islam radicale, per

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