Missioni Consolata - Marzo 2019

della scelta, a cominciare dalla a dir poco fallimentare Opération Turquoise , operazione militare di- spiegata durante il genocidio in Ruanda, per continuare con l’ Opé- ration Licorne e il ruolo francese - da molti giudicato poco neutrale - nella guerra civile in Costa d’Avo- rio. Criticare Parigi per il franco degli arrivi dell’anno scorso, la po- polazione straniera non comuni- taria residente in Italia, le persone provenienti dalle due zone sono in totale 202mila su 3,7 milioni: il 5,2%. Un quinto ha meno di 17 anni @ . Bisogna infine ricordare che l’ade- sione alla valuta è volontaria - e alcuni paesi come la Mauritania e la Guinea Conakry ne sono usciti - e che il presidente francese Em- manuel Macron ha dichiarato nel novembre 2017 a Ouagadougou (Burkina Faso) che del franco Cfa «la Francia non è la padrona, ne è il garante. Questo significa che è prima di tutto una scelta degli stati membri della zona Cfa (…). Il presidente Kaboré [capo di stato del Burkina] decide domani: “non sto più nella zona franco”? Non ci sta più» @ . Non c’è dubbio che un conto sono le dichiarazioni pubbliche di Ma- cron e un altro i reali rapporti di forza economici, il ruolo degli in- teressi in Africa di grandi gruppi come Bolloré o Bouygues e i le- gami con Parigi di tanti membri delle élite dell’Africa francofona, spesso formati in università fran- cesi e vicini alla Francia anche per via di rapporti familiari, come è il caso del presidente ivoriano Alas- sane Ouattara, la cui moglie è la donna d’affari di origine francese Dominique Claudine Nouvian. Ma è proprio questo il punto: a voler fare le pulci alla Francia per la sua condotta non sempre esemplare e i suoi interessi in Africa si ha davvero l’imbarazzo Cfa, per di più con argomentazioni claudicanti, abbassa in modo im- barazzante il livello del dibattito. Come si dice spesso in questi casi, sono questioni complesse. E non si spiegano (né si capiscono) nei 280 caratteri di un tweet o in un minuto e mezzo di talk show. Chiara Giovetti Cooperando… Chi è un rifugiato S ono anni ormai che si parla di migrazione, di profughi e di asilo, eppure i vertici del governo e molti degli esponenti politici ita- liani continuano a parlare di «veri» rifugiati, che sarebbero solo quelli che scappano dalla guerra, e «finti» rifugiati o migranti econo- mici, che sarebbero più o meno tutti gli altri. Corollario: se vieni dalla Siria hai diritto, se vieni dalla Nigeria no, salvo zone in cui c’è Boko Haram. Non è così. • U N RIFUGIATO scappa da una persecuzione, non dalla guerra, ed è chi «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo so- ciale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese» ( Convenzione di Ginevra , articolo 1, lettera a @ ). • L A PROTEZIONE SUSSIDIARIA è invece regolamentata da due direttive europee (2004/83/CE e 2011/95/UE) e garantita a chi «non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno». • S ONO CONSIDERATI DANNI GRAVI : la condanna a morte o all’esecu- zione, la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o de- gradante o la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di con- flitto armato interno o internazionale. • I NFINE C ’ È LA PROTEZIONE UMANITARIA : può essere rilasciata per «seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano», anche in caso di diniego alla ri- chiesta di asilo. Ma con il decreto sicurezza la protezione umanitaria è stata eliminata ed è stato introdotto un permesso di soggiorno per «casi speciali». Chi.Gio. © Daniele Biella

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