Missioni Consolata - Marzo 2019

MARZO2019 MC 21 della pace possibile. «Lì c’è di mezzo anche la politica. Per esempio ultimamente sono state rubate un migliaio di vacche. Che fine fanno? Le portano giù, nella valle di Suguta, e poi qualcuno va a prenderle con i camion per ven- derle a Nairobi. Non è più rubare due o tre capre per mangiare o comprarsi la moglie. C’è di mezzo anche la politica. Comunque», ag- giunge per dare forza alla spe- ranza che vuole comunicare, «la gente capisce che la guerra non porta niente di buono». E a que- sto proposito mons. Pante fa l’e- sempio di due ex parlamentari della sua diocesi, apertamente razzisti e sostenitori dei conflitti tribali, che alle ultime elezioni sono stati battuti da due donne favorevoli al dialogo e alla pace. «Uno era un giovane deputato di Maralal, conosciuto perché inci- tava i Samburu a combattere con- tro i Turkana, l’altro distribuiva addirittura le armi. Ma la gente è stufa di guerra». Una Chiesa in transizione Monsignor Pante ci parla anche del cambiamento che sta avve- nendo nella Chiesa: la chiesa lo- cale cresce, non solo nel numero, ma soprattutto nella responsabi- lità. Per illustrarci quanto dice, ci parla dell’ospedale di Wamba: «Abbiamo iniziato dando tutto gratis. Adesso però non ci sono più bianchi e nemmeno le offerte dall’Europa. La gente si aspetta ancora di essere aiutata al 100 per cento, però adesso bisogna dirle: “Non ci sono più i bianchi e i soldi che arrivano dall’estero. Do- vete aiutare voi. Se venite all’o- spedale dovete pagare qualcosa, no?, altrimenti le medicine chi le compra, chi paga le infermiere?”. C’è questa crisi, non solo per l’o- spedale di Wamba. In generale cerchiamo di dire: “La Chiesa siete voi, i missionari hanno fatto il loro lavoro, sono vecchi decre- piti, non ce ne sono più, la chiesa è vostra”. Il clero c’è, vocazioni ce ne sono. Però, per la parte econo- mica, la gente oggi deve contri- buire. Io tra tre o quattro anni la- scerò perché arriverò ai 75. Il prossimo vescovo probabilmente sarà africano. Che non debba dire: “Ecco, il mio predecessore vi dava tutto gratis, adesso io sono in difficoltà, i missionari vi hanno educato male”. No. Non vogliamo questo. I preti africani hanno un altro approccio. Quando la gente vede un prete con la pelle nera, dice: “Beh, questo è come noi, dobbiamo aiutarlo. Non ha la benzina per andare a dire la messa, diamogli la benzina. Cosa mangia?”, allora vedi che all’of- fertorio portano farina, fagioli, galline. È bello. Questo con noi non succedeva. Si aspettavano che fossimo noi ad aiutare loro. Adesso la cosa cambia. C’è un cambiamento positivo. La Chiesa inizia a sostenersi da sola». Il carisma della Consolata La prossima estate mons. Pante ordinerà un nuovo sacerdote lo- cale. Più avanti, «se Dio vuole», altri tre. Anche la provenienza del clero locale è segno del cammino di riconciliazione nella diocesi di Maralal. Sono preti samburu, turkana, pokot, kikuyu. Ci sono giovani locali che diventano an- che missionari. Il vice superiore generale dei missionari della Con- solata, ad esempio, è un Sam- buru, padre James Lengarin. Parlando dei suoi confratelli mis- sionari, mons. Pante conclude con una riflessione sulla Conso- lata: «Il carisma della Consolata, la consolazione, è portare Gesù prima di tutto. Portare un Gesù che guariva le folle, che dava da mangiare. Noi lavoriamo ancora così. La Consolata è la fondatrice della diocesi di Marsabit da cui poi Maralal è stata staccata. Però adesso il nostro tempo finisce. Abbiamo solo quattro centri che presto saranno consegnati al clero diocesano. E noi andremo in un altro posto. Andremo ad aprire altre missioni, cominciando da zero altrove. Il nostro carisma è cominciare da zero, non stare lì sempre. È incominciare e poi an- dare, muoversi». Per finire mons. Pante torna al 1972, come per chiudere un cer- chio: «Agli esercizi spirituali del 1972 a Nyeri eravamo 80 sacer- doti: tutti bianchi. Adesso, vai a fare gli esercizi spirituali: sono tutti africani, eccetto cinque o sei vecchietti europei. Ecco come è cambiata la missione in qua- rant’anni. Ecco, i missionari della Consolata africani sono il nostro futuro. I primi saranno gli ultimi, gli ultimi primi». Luca Lorusso MC A Da sinistra in alto in senso orario : il franco- bollo raffigurante l’episodio dell’adozione dell’antilope da parte della leonessa. | Lo stemma dell’episcopato di mons. Pante. | Pastori armati. Politici locali hanno favorito la diffusione di armi leggere tra la gente della propria etnia. | Parrocchia di Morijo, villaggio di Ngorika, in occasione della ce- lebrazione delle cresime, 15 anni fa. | Mons. Pante insieme ai bambini in un vil- laggio samburu. | Marcia per la pace tra Samburu e Turkana a Parkati, luogo dove fu ucciso padre Luigi Graiff l’11/01/1981. | Una delle scuole-dormitorio della pace inaugurate da mons. Pante. #

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