Missioni Consolata - Aprile 2018

APRILE2018 MC 25 MC A vita, il regime concedeva ulteriori risorse a già facol- tose istituzioni parassitarie e faceva pagare loro i co- sti di una politica estera ambiziosa. Nei giorni di di- cembre queste novità correvano su tutte le bocche, alimentando una rabbia che già covava. Così è ba- stato poco per portare la gente in strada. La protesta si è fatta sentire, più che a Teheran, nelle provincie, dove più basso è il livello di vita e maggiori sono le dif- ficoltà economiche. I manifestanti, soprattutto gio- vani, hanno gridato la propria frustrazione contro il sistema, ma non in nome di qualcosa o qualcuno. Per quanto si è capito, si è trattato di manifestazioni spontanee, organizzate grazie al passaparola e ai so- cial network, non un movimento con chiari obiettivi e riferimenti politici. Ad esempio, a Izeh, nel Khuze- stan, i manifestanti hanno occupato stazioni di polizia e uffici governativi, ma poi li hanno evacuati, non sa- pendo che farne. Il discredito dei religiosi C’è da chiedersi: chi ha dato inizio alle proteste per fare un dispetto al presidente non ha capito che avrebbe così anche dato la stura a sentimenti che già ribollivano nella gente, rischiando di trasformare una lotta di potere interna al sistema in una rivolta contro il sistema stesso? Chi è al potere, soprattutto se da lungo tempo, acquisisce una straordinaria incapacità di capire la realtà, perfino nelle sue forme più ovvie. Ed è ovvio che la gente comune è sempre più lontana dai discorsi ufficiali, sempre meno disposta a credere agli esponenti di una classe politica e religiosa, le cui parole anno dopo anno sono state sbugiardate dai fatti. Glielo si legge negli occhi, sempre più foschi di frustrazione e ansia per il futuro. A quegli occhi la classe al potere è caduta in totale discredito, riformi- sti o radicali che siano. E i più discreditati di tutti sono i religiosi, ai quali piace caricare sulle spalle della gente pesi che essi, invece, non sono disposti a portare. Per fare solo un esempio, consigliano ai ma- lati di andare a impetrare guarigione al santuario del- l’Imam Reza. Se loro hanno problemi di salute, in- vece, intraprendono costosi soggiorni all’estero per cure mediche. Il predicatore del venerdì a Teheran, l’ayatollah Ka- zem Seddiqi, ha definito i protestatari «spazzatura». Altre personalità, tra cui la Guida suprema Ali Kha- menei, hanno gettato la responsabilità della rivolta sui nemici esterni: Israele, gli Usa, i paesi del Golfo. È vero che da parte di Rouhani e dei moderati si è pro- vato a dare una valutazione più realistica di ciò che è accaduto, ma quanto ciò corrisponda a sentimenti sinceri si capirà solo alla prova dei fatti. I pericoli C’è da augurarsi che i pallidi tentativi di cambia- mento cui si è accennato si rafforzino e portino a una seppur graduale ristrutturazione del sistema, altri- menti c’è il rischio che tra qualche tempo ci si trovi ad affrontare altre rivolte. Non c’è da augurarsi che ciò si risolva in reazioni violente. Gli iraniani temono che il loro paese, in cui convivono etnie e confessioni diverse, possa diventare teatro di sanguinose lotte in- testine, dove non sarebbe certo la gente comune a vincere. Un cattivo governo è sempre preferibile alla guerra civile e chi ha incitato gli iraniani alla rivolta, o è un irresponsabile, o, molto più probabilmente, persegue un proprio interesse. Maria Chiara Parenzo In alto : Sayyid Ebrahim Raisii, ultraconservatore, avver- sario del presidente Hassan Rouhani. Qui sopra: il san- tuario di Shazdeh Hosein nella città di Qazvin. Pagina precedente: il santuario dell’Imam Reza nella città di Mashhad, feudo di Ebrahim Raisii. © Andrea Moroni (2017) #

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