Missioni Consolata - Maggio 2017

MAGGIO2017 MC 39 D NOI, DELLAPRIMAGENERAZIONE Alioune Djouf, Senegal Sopra: Fatima (centro foto) con alcune delle ragazze da lei seguite. Qui a fianco : Alioune Djouf a casa sua, dove ospita Mallam e Moussa. D D alla cucina arriva un profumo di curcuma che si mischia alle note intense della ci- polla e dell’aglio. I borbottii della casse- ruola sul fuoco annunciano un piatto dalla lunga cottura. Moussa, un 23enne originario del Mali, sta controllando che il riso non si attac- chi al fondo. A intervalli regolari dà una mesco- lata, poi posa il cucchiaio e si mette a pelare pa- tate e carote. Alle sue spalle Mallam, ghanese di 25 anni, lava le pentole. Poco più in là Alioune prepara la tavola per tutti. Qualche mese fa l’ap- parecchiava solo per sé. Siamo nella primavera del 2016 Mallam e Moussa sono in Italia da circa 5 anni. Prima di conoscere Alioune avevano vissuto tra grandi centri e case occupate. Nel 2015 hanno ottenuto la possibilità di partecipare al progetto « Rifugio diffuso », un’accoglienza in casa di privati che prevede un contributo alla famiglia ospitante di circa 400 euro per ogni richiedente asilo o titolare di protezione alloggiato. Ad aprire la porta ai due giovani c’era Alioune Djouf senegalese di 58 anni, residente in provincia di Cuneo e in Italia da più di metà della sua vita. «Questi ragazzi appena arrivati hanno bi- sogno di essere aiutati - commenta Alioune -. Noi, che siamo di prima generazione, dobbiamo essere in prima linea». L’ accoglienza in casa è ancora poco praticata in Italia. In Piemonte ha cominciato ad avere una parziale diffusione nel 2008 ed è stata rilanciata nel 2014 dal comune di Torino, in- sieme all’Ufficio pastorale migranti della diocesi e altre associazioni. Questo tipo di servizio per- mette alle persone ospitate di avere un imme- diato contatto con il territorio, facilitato dal con- duttore dell’alloggio che, in genere, è residente in loco da molti anni. E i risultati possono essere par- ticolarmente interessanti quando il rifugio viene offerto da uno straniero che vive in Italia da pa- recchio tempo. «Noi che siamo arrivati in Italia da anni, conosciamo la lingua, il sistema culturale e sociale italiano, ma abbiamo anche una grande conoscenza dei paesi di provenienza. Siamo dei ponti naturali e possiamo dare una mano con- creta a chi arriva ora», spiega Alioune che nel 2016 ha accompagnato i due ragazzi nel processo di iscrizione al centro per l’impiego, li ha messi in contatto con una ditta per svolgere un tirocinio e li ha sostenuti nella creazione di una piccola rete di amicizie e incontri sul territorio. A volte possono subentrare delle difficoltà di con- vivenza, come tra normali coinquilini, certo è che l’accoglienza in casa permette un processo di inte- grazione più rapido di quello che avviene nei grandi centri. «Quando i ragazzi arrivano, parliamo subito - rac- conta Alioune -. Non siamo più in Africa. Il sistema europeo è molto diverso da quello a cui sono abi- tuati, per cui diventa prioritario per loro provare a capire la gente, rispettare le regole e farsi cono- scere. In questo modo si riuscirà a fare un buon inserimento. E naturalmente è importante tro- vare un lavoro. Per questo faccio di tutto perché Mallam e Moussa abbiano un’opportunità di im- piego». Un proposito che si scontra con le preca- rietà ormai tipiche del sistema lavorativo italiano, ma che non ha scoraggiato i giovani. Marzo 2017: Mallam ha iniziato un tirocinio presso una mensa e si è trasferito più vicino alla sede di servizio, mentre Moussa ha cominciato il servizio civile e vive ancora a casa di Alioune. Simona Carnino

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