Missioni Consolata - Marzo 2017

Independent e testimone diretto fra i più autorevoli di questa guerra: «Nel corso dell’estate, lo Stato islamico aveva sconfitto con campagne fulminee prima l’esercito iracheno, poi quello siriano, i ribelli siriani e i peshmerga curdo-iracheni, creando un dominio che si estende da Baghdad ad Aleppo, e dal con- fine siriano con la Turchia al deserto dell’Iraq oc- cidentale. Gruppi etnici e religiosi di cui il mondo non aveva mai sentito parlare prima o di cui si sa- peva pochissimo, come gli Yazidi di Sinjar o i cri- stiani caldei di Mossul, sono caduti vittime della crudeltà e del fanatismo settario dell’Isis». Ma, anche stando a quanto afferma un’investiga- zione condotta dalle Nazioni Unite e pubblicata nel giugno 2016, si tratterebbe di più di semplici atti di crudeltà e fanatismo. Nel rapporto pubblicato con il titolo di «Sono venuti per distruggere: i crimini del- l’Isis contro gli Yazidi» ( They Came to Destroy: Isis Crimes against the Yazidis ), l’indagine condotta dall’Onu utilizza ben 97 volte in 40 pagine la parola genocidio. Un riconoscimento inequivocabile e si- gnificativo, dato anche che, per la prima volta, un riconoscimento viene fatto prima da un attore non- statale che da parte di un singolo paese. Ed ecco una breve descrizione di quanto avvenuto, per come la leggiamo nel rapporto dell’Onu: «Nelle prime ore del 3 agosto 2014, i combattenti del gruppo terroristico chiamato Stato Islamico dell’Iraq e al-Sham (Isis), si riversano fuori dalle loro basi in Siria e in Iraq, e si dirigono rapida- mente verso il Sinjar. La regione del Sinjar nel nord dell’Iraq è, nel suo punto più prossimo, a meno di 15 chilometri dal confine con la Siria. È la sede della maggioranza degli Yazidi nel mondo, una comunità religiosa distinta le cui credenze e pratiche risalgono a migliaia di anni, e i cui ade- renti l’Isis taccia pubblicamente di essere infe- deli. Pochi giorni dopo l’attacco, emergono i primi resoconti delle atrocità inimmaginabili com- messe dall’Isis contro la comunità yazida: uomini uccisi o costretti a convertirsi; donne e ragazze, alcune giovani fino a nove anni, vendute al mer- cato e tenute in uno stato di schiavitù sessuale dai combattenti dell’Isis; ragazzi strappati dalle loro famiglie e costretti ad andare in campi di ad- destramento dell’Isis. È stato da subito evidente che gli orrori commessi sugli Yazidi catturati si verificavano sistematicamente anche in tutti ter- ritori controllati dall’Isis in Siria e Iraq». Un altro testo, utile ad abbozzare il quadro dei cri- mini commessi, e soprattutto del piano genocidario messo in atto dai fondamentalisti, lo riprendiamo invece da un rapporto pubblicato dall’Ong Yazda e dalla Fondazione Free Yazidi, redatto in collabora- zione con le autorità del governo regionale del Kur- distan iracheno: «Rimuovendo l’intera popolazione yazida dalla loro patria, infliggendo il danno psicologico e fi- sico della violenza sessuale contro le donne e le ragazze, l’Isis si è assicurato che questi non sa- rebbero più stati in grado di tornare alle loro co- munità. Forzando i giovani maschi a cambiare la loro religione e a diventare combattenti nelle loro stesse fila, l’Isis ha cercato di annientare l’iden- tità religiosa, le tradizioni e l’esistenza stessa de- YAZIDI MARZO2017 MC 45 D Genocidio C hissà che cosa avrebbe pensato Raphael Lemkin, il giurista polacco che inventò e definì la parola «genocidio», se avesse potuto guardare avanti fino al nostro presente. La sua grande intuizione, che legava in modo indissolubile in un solo lemma il dramma degli armeni nel 1915 e quello della Shoah - di cui lui aveva ben colto, prima di ogni altro, le profonde analogie - guardava certo al passato e al presente insieme ma, in modo profetico, an- che al nostro oggi. Chissà cosa avrebbe pensato Lemkin, dunque, se avesse potuto vedere il ge- nocidio compiuto dai Khmer rossi in Cambogia, il Rwanda, Srebrenica, e ora anche il dramma in corso di cui sono vittime gli Yazidi. Come dimo- stra il suo acume nello scoprire e denunciare - oltre ai casi già menzionati dell’Olocausto degli armeni e degli ebrei - anche l’Holodomor degli anni Trenta, «la distruzione della nazione ucraina», come lui l’aveva definita, non abbiamo dubbi che nei nostri anni avrebbe trovato un en- nesimo, terribile riscontro alla sua intuizione, che ora è parte della coscienza e del vocabolario di tutti noi, e di ogni lingua del mondo. Il suo ter- mine, inventato perché neppure la parola «atro- cità» era più sufficiente per esprimere l’orrore di Auschwitz, e adottato dalla convenzione delle Nazioni Unite nel 1948, arriva così a investire nuovi contesti e aree geografiche assai vaste, e un’epoca diversa e lontana da quella in cui Lem- kin stesso si trovò ad operare. «Genocidio - ha scritto lo storico Boris Barth - è quando un gran numero di persone vengono uccise per motivi razziali, etnici o religiosi. Come re- gola generale, l’ese- cutore è uno stato che ha l’intenzione dichiarata di annien- tare alcuni gruppi et- nici o religiosi. Così viene anche definito nella Convenzione delle Nazioni Unite». Si.Zo.

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