Missioni Consolata - Marzo 2017

© Safin Hamed / AFP Durante la dominazione ottomana Come si è arrivati alla riduzione in schiavitù di donne e bambini, alla persecuzione sistematica e ai massacri del 2014 che gli Yazidi rivendicano ostina- tamente come un genocidio? Si tratta di una storia che parte da lontano. Anzi, a sentire quanto rac- contano i stessi membri di questa comunità, gli Ya- zidi avrebbero già subito addirittura 72 genocidi nel corso della loro storia. Si tratta forse di un’iperbole, diranno in molti, eppure è un’affermazione signifi- cativa almeno per capire due cose. In primis, che la questione yazida non è nata con i miliziani dell’Isis, ma ha radici assai più profonde e, per questa ra- gione, molto più difficili da estirpare. In secondo luogo che, esattamente come per gli armeni e gli ebrei, la memoria delle persecuzioni subite è ormai divenuta parte fondamentale della identità propria degli Yazidi, del loro modo di autorappresentarsi come gruppo. E in effetti si può ben dire che, fin dall’inizio, l’identità yazida sia stata forgiata anche dal sangue e dalla violenza subita nel corso di un millennio. Già fra XII e XV secolo, infatti, questa popolazione si trovò a subire continui attacchi da parte di chi non tollerava la sua fede e la sua identità. Le cose andarono peggiorando ulteriormente in epoca otto- mana. Nel 1892 - negli stessi anni in cui avvenivano i primi massacri degli armeni che sfociarono a ini- zio novecento in un vero e proprio progetto di geno- cidio - ebbe luogo una spedizione guidata dal gover- natore di Mossul che portò a numerose uccisioni e a conversioni forzate. All’inizio del nuovo secolo, poi, nel 1904, il sacro tempio di Lalish venne tra- sformato in moschea. Da Saddam al Daesh In epoca più recente, durante il regime di Saddam Hussein gli Yazidi si trovano di nuovo a essere, al pari dei curdi, bersaglio di persecuzioni e attacchi. Migliaia di loro in quegli anni lasciarono l’Iraq per cercare scampo e fortuna in Europa. Dopo la ca- duta di Saddam, nel vuoto di potere creatosi in se- guito all’invasione americana e all’incauto smantel- lamento delle forze di sicurezza ereditate dal pre- cedente regime, gli Yazidi si trovarono in una situa- zione, se possibile, ancora più difficile. Il 14 agosto del 2007, quattro attacchi suicidi coordinati fra loro colpirono gli Yazidi a Kahtaniya e Jazeera, nei pressi di Mossul. Sconvolgente il bilancio delle vit- time, come riportato dalla Mezzaluna Rossa ira- chena: almeno 500 morti e 1.500 feriti. Una maca- bra anticipazione di quanto sarebbe avvenuto, con numeri ancora maggiori, pochi anni dopo, quando, siamo nel 2014, un nuovo e temibile attore arriva a sconvolgere - a suon di vittorie repentine, massacri e propaganda - l’Iraq, la Siria e l’intero Medio Oriente. Ci riferiamo allo Stato islamico guidato da Abu Bakr al-Baghdadi. Il contesto da cui ha origine il genocidio degli Yazidi è delineato con precisione da Patrick Cockburn, giornalista del quotidiano Sotto : una donna yazida con un figlioletto nel campo profughi vicino a Duhok, nel Kurdistan iracheno (17 novembre 2016). Pagina seguente : Raphael Lemkin, il giurista polacco che coniò il termine «genocidio». D

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